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Il focus/Intervista

Marino: «Rimodulazione del Pnrr? È uno scippo alla Calabria» – VIDEO

Il docente di Politica economica della “Mediterranea” spiega gli effetti del definanziamento: «Incrementerà la marginalità della regione»

Pubblicato il: 01/10/2023 – 18:36
di Roberto De Santo
Marino: «Rimodulazione del Pnrr? È uno scippo alla Calabria» – VIDEO

REGGIO CALABRIA Verranno meno servizi essenziali per far uscire i territori dalla marginalità, con molti dubbi sul rifinanziamento di progetti già avviati. È questa in sintesi l’analisi degli effetti della rimodulazione delle misure del Pnrr che traccia Domenico Marino, professore ordinario di Politica economica all’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria. Secondo il docente, quella scelta rappresenta «una ulteriore beffa ai danni della Calabria». A pagare il maggior costo di questa decisione saranno i comuni che, per Marino, «potrebbero essere costretti a indebitarsi maggiormente per portare a termine quei progetti programmati».

Professore, il Governo ha avviato la procedura per rivedere il Pnrr che prevede il definanziamento di misure importanti. Quale impatto avrà sulla Calabria quella scelta?
«Sono diversi i contraccolpi per la Calabria se dovesse passare così come è stata formulata la rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La decisione di definanziare soprattutto quelle sei misure comporterebbe ritardi nello sviluppo infrastrutturale legati ai progetti già finanziati come ricadute negative sul livello di occupazione e sulla rete delle imprese locali. Senza contare la riduzione dei servizi che quei progetti prevedevano di attivare e che rischiano di non vedere la luce, almeno nella tempistica programmata. Infine, ma non da ultimo, si potrebbe incrementare la percezione di marginalità della Calabria. Molte di quelle risorse sarebbero infatti dovute servire a migliorare le condizioni di vita dei territori. Ed ora sono messi in forse».

Domenico Marino, professore ordinario di Politica economica alla “Mediterranea” di Reggio Calabria

Ad essere penalizzati soprattutto i Comuni che vedono tagli ai fondi su progetti che in qualche modo erano stati già avviati. In Calabria questi enti sono già alle prese con precarie condizioni economico-finanziarie. Finiranno per soffrire ancor di più?
«La penalizzazione dei Comuni attraverso il taglio di fondi su progetti già avviati in Calabria potrebbe avere ripercussioni negative molto significative. Molti progetti già avviati potrebbero essere rallentati o interrotti a causa della mancanza di fondi, compromettendo gli investimenti già effettuati e causando inefficienze. Questo potrebbe costringere i Comuni a indebitarsi ulteriormente per cercare di completare progetti essenziali, aggravando la loro situazione finanziaria. A causa della riduzione del finanziamento, potrebbe esserci anche una riduzione o eliminazione di servizi essenziali offerti ai cittadini, come la manutenzione delle strade, i servizi socio-assistenziali e quelli educativi. Questa situazione potrebbe inoltre rendere difficile per i Comuni attrarre investimenti esterni, sia pubblici che privati, poiché un ente locale che non è in grado di portare a termine progetti potrebbe essere visto come un partner poco affidabile. I cittadini percepirebbero questo come un ulteriore segno di abbandono o di inefficienza da parte delle istituzioni, alimentando sfiducia e cinismo verso la classe dirigente. Infine, la competizione per risorse limitate potrebbe aumentare le tensioni tra Comuni vicini o tra Comuni e il governo regionale o centrale. La combinazione di fondi tagliati e la precaria situazione finanziaria di molti Comuni calabresi potrebbe creare una situazione particolarmente critica e potenzialmente esplosiva, tenuto conto che la maggior parte dei comuni calabresi, se non è già in disseto finanziario, cammina pericolosamente sul ciglio del burrone del dissesto».

Tra le misure tagliate ci sono alcune particolarmente importanti per rimettere in moto l’economia locale. Come quella sulla resilienza del territorio, le aree interne e la rigenerazione urbana. Non è la stessa cosa definanziare questi progetti in una regione particolarmente debole come la Calabria. Secondo lei perché questa scelta?
«Certamente questa scelta di definanziare queste misure può sembrare controintuitiva, data l’importanza dei progetti già programmati e finanziati con quelle risorse del Pnrr per la rinascita economica della regione. Potremmo definirlo come compiutamente un vero e proprio scippo della Calabria. Una delle ripercussioni principali potrebbe essere la stagnazione economica. La Calabria, come molte altre regioni svantaggiate, fa affidamento su finanziamenti esterni per avviare o sostenere iniziative che possono stimolare la crescita economica. Riducendo o eliminando questi fondi, si ostacola la capacità della regione di sviluppare nuovi settori economici o rafforzare quelli esistenti. Inoltre, questa decisione potrebbe ampliare ulteriormente il divario tra la Calabria e le regioni italiane più ricche. A seguito di questo taglio la regione rischia di rimanere ancor più indietro, aggravando le esistenti differenze economiche e sociali tra le diverse aree del paese. Un altro aspetto critico riguarda le infrastrutture. Progetti legati alla resilienza del territorio, alle aree interne e alla rigenerazione urbana, sono essenziali per mantenere e migliorare le infrastrutture locali. Senza finanziamenti adeguati, le infrastrutture esistenti potrebbero deteriorarsi, e le opportunità di sviluppare nuove strutture o servizi potrebbero essere limitate. Infine, la mancanza di opportunità potrebbe portare a una maggiore “fuga di cervelli”, con giovani talenti e professionisti che lasciano la regione alla ricerca di migliori opportunità altrove. E, altrettanto importante, coloro che avevano considerato l’idea di tornare in Calabria potrebbero decidere di rimanere lontani se vedono che gli sforzi di sviluppo e rigenerazione sono compromessi. Definanziare progetti cruciali in una regione vulnerabile come la Calabria appare come una scelta immotivata. La regione, che già affronta numerose sfide socio-economiche, necessita di investimenti mirati per stimolare la crescita e migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti. Quando si parla di aree come la Calabria, con un elevato potenziale in termini di risorse naturali, culturali e umane, sottrarre fondi essenziali sembra andare contro ogni logica di sviluppo sostenibile. La Calabria, come altre regioni in difficoltà, ha bisogno di sviluppo, innovazione e infrastrutture per competere a livello nazionale e internazionale. Ignorare tale necessità e procedere al definanziamento di progetti strategici, non solo compromette le prospettive future della regione, ma anche la coesione nazionale».

Il governo ha garantito che questi progetti saranno coperti da altre fonti di finanziamento e che dunque le misure non si perderanno. La ritiene possibile?
«La garanzia da parte del governo che questi progetti saranno coperti da altre fonti di finanziamento, potrebbe essere un segnale parzialmente positivo che denota per lo meno un impegno verso la realizzazione delle misure in questione o potrebbe costituire anche il corollario “cinico” di una ulteriore beffa ai danni della Calabria. La copertura dei progetti con altri fondi dipende da alcuni fattori: la credibilità del governo, la disponibilità di altre fonti di finanziamento, la priorità politicae lo scenario economico globale. Analizzando questi 4 aspetti nel quadro economico e politico attuale, non possiamo non notare evidenti segnali che portano ad un sostanziale scetticismo. Quanto alla credibilità, in passato il governo non ha mai mantenuto le promesse nel senso che i tagli sono stati fatti, ma gli interventi sostitutivi o non ci sono stati, o sono stati inferiori alle aspettative e alle necessità. Sulla disponibilità di altre fonti di finanziamento non si può che avanzare più di qualche dubbio. La prossima finanziaria dovrà essere “lacrime e sangue” e tenterà di strappare deficit aggiuntivo all’Unione Europea, ma con il rischio che i mercati attraverso lo spread puniscano l’Italia e si mangino, sotto la forma di interessi sul debito, i pochi soldi liberati dall’aumento del deficit. Quindi, chi parla di altre fonti di finanziamento disponibili con ogni probabilità sta barando. La priorità politica, oggi, diciamolo chiaramente ai calabresi e ai meridionali segna una direzione ben precisa che è quella delle regioni ricche del Nord. Il progetto di autonomia differenziata è la rappresentazione plastica dello scippo che si sta perpetrando nei confronti delle regioni del Mezzogiorno. Il messaggio del governo alla Calabria e al Sud è: «arrangiatevi!». Infine lo scenario economico non è dei più felici con un’elevata inflazione che porta i governi a generare misure recessive e la guerra in Ucraina che continua a danneggiare l’economia globale. In conclusione temo si possa pensare che i tagli sono reali, le risorse aggiuntive virtuali e con ogni probabilità tali resteranno».

Il governo intende rifinanziare i progetti del Pnrr “tagliati” con altri fondi comunitari

Tra le fonti di finanziamento che dovrebbero sostituire le risorse Pnrr tagliate ci sono quelli della Coesione e della programmazione comunitaria. Cosa comporterà questa indicazione per la Calabria?
«La regione Calabria affronta notevoli sfide nel portare a termine le iniziative che aveva pianificato. Queste difficoltà scaturiscono principalmente da un modello di programmazione obsoleto e superato, che si focalizza eccessivamente sulla creazione di bandi specifici per ogni singola condizione. Questo approccio, oltre a provocare un notevole rallentamento nella realizzazione e spesa dei progetti, risulta particolarmente inefficiente quando si guarda al programma da una prospettiva strategica complessiva. È essenziale ridisegnare questo modello evitando di disperdere le risorse in un vasto numero di progetti frammentati e territorialmente incoerenti. Questa frammentazione, infatti, disperde molte delle potenzialità intrinseche di tali investimenti, che potrebbero invece innescare processi di sviluppo significativi. Piuttosto, la priorità dovrebbe spostarsi verso la concentrazione delle risorse su progetti mirati, ma di rilevante impatto strategico. Un altro aspetto critico riguarda la notevole discrepanza tra l’offerta di incentivi proposta dalla regione e la richiesta effettiva di supporto da parte delle imprese locali. Tale disallineamento si manifesta sia in termini finanziari – dovuto al basso numero di domande avanzate dalle aziende per certi tipi di sostegno – sia in termini temporali. La distribuzione e fruizione degli incentivi ha infatti subito ritardi a causa della lentezza nell’attuazione del programma, portando gli enti preposti a rivedere e rimodellare il programma, con conseguente riallocazione delle risorse finanziarie tra diversi obiettivi. La situazione attuale della programmazione in Calabria può essere efficacemente riassunta con un’affermazione incisiva: “Calabria: una deprogrammazione infelice”. I fondi strutturali e la programmazione 2021-2027, a fronte del sostanziale fallimento della programmazione 2014-2020, sono in questa luce una opportunità straordinaria che per essere colta ha bisogno di un cambiamento a 360° sia nella strategia, sia nell’attuazione. Il poco e male fatto fino ad ora deve essere immediatamente corretto perché quella che abbiamo oggi è un’opportunità straordinaria per far crescere la Calabria. Se dopo il taglio dei Fondi del PNRR sprecassimo anche l’occasione dell’utilizzo efficiente dei fondi strutturali, non solo avremmo fatto un atto di puro masochismo, ma avremmo anche ottenuto il risultato di far perdere ogni credibilità alla regione. A fronte di questo fallimento difficilmente si troverebbe qualcuno disposto a dare un’ulteriore chance alla Calabria».

Anche sul Pnrr l’Italia dimostra di non saper gestire le risorse comunitarie

Dunque anche questa volta l’Italia ha dimostrato di non saper gestire i fondi che l’Europa assegna. E la Calabria è tra le aree che si trovano spesso a dover rincorrere formule nuove per non vedersi tagliare le risorse comunitarie. Cosa è possibile mettere in campo per utilizzare al meglio e tutte le somme utili a rilanciare l’economia regionale? 
«Se avesse una governance all’altezza della situazione, la Calabria possiederebbe tutte le risorse e le potenzialità per colmare rapidamente il divario che attualmente la distingue dalle altre regioni italiane. Tuttavia, per far ciò è necessaria una radicale trasformazione delle sue attuali politiche e un deciso orientamento verso il futuro. Non è più il momento per la Calabria di perseguire obiettivi di industrializzazione già superati. La chiave del suo successo risiede nel guardare avanti, spostando il focus verso la promozione della creatività, dell’innovazione e dell’adozione delle tecnologie emergenti. Non possiamo più permetterci di correre dietro a treni già partiti, come quello dell’industrializzazione tradizionale. L’orizzonte che dobbiamo puntare è la “Calabria 4.0”: un territorio dove la tecnologia avanzata e l’innovazione si fondono con la valorizzazione dei settori tradizionali, come l’agroalimentare e il turismo. Con “Calabria 4.0”, immaginiamo una regione che sfrutta al meglio le potenzialità logistiche del porto di Gioia Tauro, trasformandosi in un hub strategico per le connessioni tra Europa, Asia e Africa. Una regione in cui le aziende tecnologiche collaborano con le università locali per sviluppare soluzioni digitali rivolte a cittadini e imprese. E ancora, una Calabria che reinventa e potenzia il suo ricco patrimonio culturale, creando una sinergia tra beni storico-artistici e produzione locale, rendendo la cultura un autentico motore di crescita. In un mondo dove l’agilità decisionale e la velocità operativa è fondamentale, la Calabria deve affrontare e superare i suoi ritardi. La lentezza burocratica non può più essere tollerata, soprattutto quando si compete con realtà più snelle e dinamiche. Non è necessario un massiccio afflusso di capitali, ma piuttosto un investimento mirato in intelligenza, competenza e meritocrazia, elementi che, finora, sono stati tristemente assenti nelle decisioni regionali». (r.desanto@corrierecal.it)

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