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Incandidabilità, tutti gli uomini del “modello Reggio”

REGGIO CALABRIA Non ci sono elementi nuovi, non vi si leggono rivelazioni sconcertanti, eppure la sentenza con cui il Tribunale civile di Reggio Calabria ha dichiarato incandidabili l’ex sindaco De…

Pubblicato il: 10/08/2013 – 1:03
Incandidabilità, tutti gli uomini del “modello Reggio”

REGGIO CALABRIA Non ci sono elementi nuovi, non vi si leggono rivelazioni sconcertanti, eppure la sentenza con cui il Tribunale civile di Reggio Calabria ha dichiarato incandidabili l’ex sindaco Demi Arena, oggi volato in Regione, l’ex assessore – dimissionario ancora prima della fine ingloriosa della consiliatura – Luigi Tuccio, i suoi colleghi rimasti in assessorato fino al sopravvenuto scioglimento, Pasquale Morisani (Lavori pubblici), Walter Curatola (Patrimonio edilizio) e Peppe Marturano (Protezione civile), l’ex presidente del consiglio comunale Sebastiano Vecchio e il consigliere Giuseppe Eraclini è destinata a tracciare un solco nella storia politica della città e della regione. Nero su bianco, pagina dopo pagina la scientifica disamina delle condotte di quelli che fino a ieri erano i più alti papaveri del centrodestra cittadino non si risolve semplicemente in un ingiustificabile catalogo delle vergogne, ma è soprattutto una colossale bocciatura di quel  Modello Reggio – oggi applicato in Regione –  di cui il governatore Scopelliti e il centrodestra tutto si sono sempre fatti lustro.
Ma è proprio all’ombra di quel metodo di governo – scrivono i giudici del Tribunale presieduto da Rodolfo Palermo – che sono maturate le condotte che sono state «causa efficiente, diretta o indiretta» dello scioglimento del Comune. E questo in un contesto in cui – ricordano i giudici – «sintomo forte di sviamento dell’agire amministrativo è il forte e radicato potere di condizionamento delle elezioni comunali, perpetrato dalle locali cosche sin dalle fasi iniziali relative alla scelta stessa dei candidati». E fra i politici dichiarati incandidabili – stando a atti e documenti depositati in altre inchieste e procedimenti –  più di uno dovrebbe ringraziare le `ndrine per le proprie fortune politiche.

“COMPARE PINO” UOMO DEI CARIDI È il caso – dice l’inchiesta San Giorgio, interamente richiamata nella sentenza emessa ieri – dell’ex assessore Pino Plutino, arrestato perché considerato il «referente politico del sodalizio cui forniva un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo». È per questo che la cosca Caridi, secondo i pm, lo aveva appoggiato, trasformandolo da semisconosciuto consigliere di periferia, transitato dall’Udc al Pdl, a campione delle preferenze, proiettato nell’Olimpo dei primi cinque eletti in città. A tutte le consultazioni elettorali cui ha partecipato, il clan aveva votato e fatto votare Giuseppe Plutino, facendo convergere su di lui non solo le preferenze degli affiliati, ma anche di quanti fossero sotto il loro controllo. Come la comunità rom, insediata da decenni in uno dei quartieri in mano alla cosca e sulla quale i Caridi-Borghetto–Zindato esercitano un ferreo controllo. E tanto impegno ha dato i suoi frutti. Plutino avrebbe saputo essere riconoscente, elargendo favori e attenzioni, procurando posti di lavoro e prebende, o semplicemente risolvendo problemi sollevati da esponenti della clan. «Dal canto suo il Plutino, come accertato negli atti versati in giudizio, si spende in più occasioni per gli interessi della consorteria criminale, rimuovendo la spazzatura sotto l`abitazione del parente di affiliato a cosca di `ndrangheta, provvedendo a far assumere soggetti cari alla cosca, fino a partecipare in prima persona a fatti estorsivi a danno dell`onorevole Nucera, a fronte del rifiuto opposto da quest’ultimo nell’adoperarsi per prorogare il contratto a Cuzzola Maria, soggetto attenzionato positivamente dalla cosca».

L`EX POLIZIOTTO SEBY VECCHIO AL FUNERALE DEL BOSS  Ma non meno grato – stando a quanto dichiarato da diversi collaboratori nell’ambito di più procedimenti – dovrebbe essere l’ex presidente del consiglio comunale Sebastiano Vecchio, per più di un pentito appoggiato dalla cosca Serraino. Una vicinanza che a parole il politico, con un passato da poliziotto, ha sempre smentito, ma i fatti – ricordati anche in sentenza – sembrano dimostrare. Come spiegare altrimenti la partecipazione dell’ex presidente dell’assemblea al funerale del boss Mico Serraino, nonostante un’apposita ordinanza del questore pro-tempore dell’epoca che ne vietava il trasporto della salma in forma pubblica e solenne? Una circostanza che i giudici stigmatizzano con particolare durezza sottolineando che «se pertanto il quisque de populo era stato diffidato, per mezzo dell’ordinanza del questore, dall’omaggiare nella detta forma la salma del boss, la partecipazione di un membro delle istituzioni, oltre a rivestire carattere di gravità in termini di valutazione assoluta, letta alla luce della menzionata ordinanza, invia un messaggio differente e certamente in contrasto con quanto previamente stabilito dall’istituzione pubblica». Per questo – affermano i giudici – «la condotta posta in essere dal Vecchio, pertanto, si deve leggere come solidale partecipazione alle esequie funebri del boss Serraino». Una circostanza che – si legge – insieme alle oltre seicento preferenze ramazzate dal politico proprio nella zona di cui il clan hanno il pieno controllo ha pesato non poco nella determinazione del Tribunale.

MORISANI, UOMO DEL BOSS CRUCITTI Ma l’ex assessore Plutino e l’ex presidente dell’assemblea Seby Vecchio non sono gli unici esponenti del consiglio comunale poi sciolto per contiguità mafiose ad aver dimostrato familiarità nei rapporti con i clan locali. Un’altra indagine della Dda di Reggio Calabria, l’operazione Sistema – si legge nelle carte – solo un mese prima dell’arresto di Plutino aveva svelato i rapporti fra la cosca Crucitti – dominus del quartiere di Condera-Pietrastorta, periferia nord della città – e l’ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Reggio, Pasquale Morisani, cui i pm dedicano un intero capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare, il cui titolo “i tentativi di infiltrazione della cosca Crucitti nell’attività politica” lascia spazio a ben pochi dubbi. Per i giudici, il politico, in occasione delle comunali del 2007, si sarebbe rivolto al boss Santo Crucitti. «Inequivocabili», scrivono i giudici, «sono le discussioni avvenute all’interno dell’ufficio in uso a Crucitti Santo a ridosso delle predette consultazioni, laddove emergeva l’impegno di quest’ultimo nel dirottare le preferenze elettorali di soggetti a lui vicini – quali, tra gli altri, Quattrone Sergio, Scaramozzino Francesco e Silva Massimo – a favore del succitato consigliere». Per questo i giudici non esitano ad affermare che «il Morisani è il soggetto sul quale la cosca (ed in particolare la cosca Crucitti) ha puntato, in occasione delle consultazioni amministrative del 2007, per introdursi all`interno dell`amministrazione comunale di Reggio Calabria. In particolare, è stato accertato che in considerazione dello stretto legame ora menzionato fra il consigliere comunale e la detta cosca, sono state avviate operazioni di coercizione e spartizione dei voti nell`ambito del quartiere Condera».
In fondo non una novità per Morisani. I suoi rapporti, almeno di conoscenza, con individui piuttosto loschi della medesima zona di influenza del clan Crucitti, erano stati certificati già nell’indagine “Pietrastorta” di qualche anno fa, quando Morisani venne pizzicato a parlare di voti con Giuseppe Romeo, poi condannato in primo grado per associazione mafiosa. Anche allora, a carico del politico, nulla di penalmente rilevante. Ma oggi, a diversi anni di distanza da quell’indagine, ancora una volta i magistrati non possono far a meno di sottolineare «il tentativo di condizionamento politico perpetrato dall’organizzazione attenzionata, concretizzatosi nel supporto garantito da Santo Crucitti e dai suoi accoliti a beneficio di Pasquale Morisani, candidato nelle consultazioni comunali del 2007 in una lista civica a sostegno dell’elezione del sindaco Scopelliti».

PARENTELE PESANTI PER L`EX ASSESSORE TUCCIO Avre
bbero voluto invece utilizzare la strada delle parentele – inequivocabilmente pesanti – gli uomini della cosca Imerti- Condello per arrivare tramite l’ex assessore Luigi Tuccio a incidere sull’amministrazione comunale. Una circostanza emersa già prima dello scioglimento del Comune e che ha costretto il politico a precipitose dimissioni, in seguito all’arresto di Giuseppa Santa Cotroneo, madre della compagna Giampiera Nocera, accusata di essere una delle fiancheggiatrici del boss all’epoca latitante Micu u Pacciu, al secolo Domenico Condello. E questo non è l’unico legame ingombrante che la famiglia Nocera potesse vantare con la cosca Condello: Bruna, sorella di Giampiera dunque cognata di Tuccio, è la moglie di Pasquale Condello (cugino omonimo del “Supremo”) detenuto da molti anni nel carcere di Voghera dove è rinchiuso anche suo cognato, il boss Nino Imerti conosciuto con il soprannome di “Nano Feroce”. Circostanze di cui l’ex assessore ha negato di essere a conoscenza quando – fra mille indignate dichiarazioni contro «l’ingiusta macchina del fango» che lo avrebbe colpito – ha rassegnato le dimissioni. Peccato che, solo pochi mesi, dopo il decreto con cui il ministero dell’Interno ha disposto il 41 bis per il boss Nino Imerti, detenuto a Voghera assieme al cognato di Tuccio, ha raccontato una storia diversa. A richiederla, il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo che ha dimostrato come il boss stesse tentando di coinvolgere soggetti esterni al circuito giudiziario per ottenere benefici detentivi. A sostegno della sua tesi, una serie di intercettazioni registrate in carcere, come quelle captate il 16 settembre 2010, quando a colloquio con il Nano Feroce ci sono Pasquale Condello junior, la moglie Bruna e la moglie dello stesso Imerti. Discutono della recente gravidanza di Giampiera, sorella di Bruna Francesca. È l’occasione che serve a Nino Imerti per chiedere alla cognata di «porgere i propri saluti a Luigi Tuccio», aggiungendo – scrive sempre il pm Lombardo – di fargli presente che conosceva suo padre «…che è stata una brava persona sempre… nei processi… no ma anche quando faceva i processi… se poteva aiutare…». E riferendosi al sostegno elettorale che la cosca avrebbe garantito al Pdl, Nino Imerti ha ricordato: «Sa pure.. però sa pure che gli date tutti… sa pure che i voti glieli date a… o non lo sa?». «Sa tut…», rispondeva la cognata, ascoltata dalle cimici dei Ros.
Intercettazioni pesanti, finite agli atti del procedimento per incandidabilità e che i giudici del Tribunale civile hanno voluto sottolineare, senza tralasciare però le “criticità” più strettamente legate alla giovane e neoabilitata compagna dell’assessore e al suo ruolo nell’avvocatura civica. A detta dei giudici, è infatti a dir poco curioso che la Nocera «iscritta all`ordine nel 2008 (20.10.2008), riceva, dopo poco più di due anni e mezzo, numerosi incarichi da parte del Comune, anche di particolare delicatezza e notevolissimo valore economico (oltre i tre milioni di Euro)».

LE AMICIZIE PERICOLOSE DEL CONSIGLIERE ERACLINI Non sono le parentele, ma le frequentazioni ad aver fatto inciampare l’ex consigliere Giuseppe Eraclini, considerato molto, troppo vicino a quel Francesco Cuzzocrea «soggetto attinto da precedenti penali ed inibito in perpetuo dall`avere rapporti con la pubblica amministrazione a seguito di condanna definitiva per il reato di cui all`art. 416 bis c.p». Rapporti ovviamente non disinteressati. «I predetti rapporti di frequentazione fra l`Eraclini ed il Cuzzocrea, registrati dalle forze dell`ordine, hanno permesso di accertare come la posizione politica del primo abbia fornito un apporto determinante conseguire indebiti vantaggi e fare pressione su terzi soggetti al fine di conseguire voti o consensi per sé, nonché per dirottare le scelte dell’amministrazione riguardanti appalti di lavori». Il gioco era semplice: Eraclini – riassumono i giudici, «potendo vantare un ottimo “rapporto” con altro indagato, tale geometra Malfitano Gaetano, sollecitava gli interventi dell`Aterp a favore dei soggetti occupanti gli alloggi, in tal modo – verosimilmente – ottenendo chiari vantaggi in termini di raccolta di “voti/consensi” nell`ambito della circoscrizione. A tal proposito, era solito recarsi spesso in ufficio, sollecitando i lavori, redigendo e firmando personalmente le istanze per conto degli inquilini e, poi, consegnandole al nominato architetto Fiumare Giuseppe, per il successivo invio al protocollo. Successivamente, quindi, il geometra Malfitano Gaetano “dirottava” la maggior parte dei lavori all`amico Cuzzocrea Francesco (detto Nicola), lavori eseguiti per la maggior parte attraverso la ditta individuale Sapone Nicoletta Anna, intestata a Sapone Nicoletta Anna, moglie del Cuzzocrea Francesco». Un gioco delle tre carte che avrebbe consentito al consigliere di ramazzare voti e all’amico di collezionare appalti, con buona pace delle aspirazioni ad un alloggio degno dei cittadini aventi diritto. L’ennesima fotografia impietosa di una classe politica oggi dichiarata – almeno per un turno- inadatta a rappresentare la propria città, la propria provincia e la propria regione. (0080)

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