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Appalto per il nuovo Corecom Indagato il fratello di Arena

REGGIO CALABRIA Galeotto è stato il progetto di dare una nuova sede al Corecom, o meglio galeotti o quantomeno poco trasparenti e per questo da incriminare a vario titolo per turbata libertà degli …

Pubblicato il: 15/04/2014 – 19:38
Appalto per il nuovo Corecom Indagato il fratello di Arena

REGGIO CALABRIA Galeotto è stato il progetto di dare una nuova sede al Corecom, o meglio galeotti o quantomeno poco trasparenti e per questo da incriminare a vario titolo per turbata libertà degli incanti e abuso d’ufficio – sostiene il pm Sara Amerio, incaricata dell’indagine – sono stati quei funzionari regionali che ne avrebbero gestito – male – la relativa gara. Una nuova inchiesta fa tremare la Regione Calabria. Ma questa volta a tremare non sono i consiglieri, ma i dirigenti e funzionari preposti al funzionamento della macchina amministrativa. O meglio, almeno nel caso della gara per «l’affidamento, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, della progettazione esecutiva ed esecuzione chiavi in mano dei lavori per la realizzazione di un edificio da adibire a sede del Corecom e di altri organi politico-istituzionali del consiglio regionale della Calabria», al malfunzionamento, se è vero che a carico di diversi alti papaveri della Regione il pm Amerio ha ipotizzato i reati di turbata libertà degli incanti e abuso d’ufficio. Il motivo è semplice: ad aggiudicarsi quella gara sarebbe stata la ditta Aet, il cui direttore tecnico è stato anche il professionista incaricato dello studio di fattibilità del progetto, dunque incompatibile. Per questo il segretario generale e direttore generale del consiglio regionale Nicola Lopez, assieme ai commissari che con lui hanno gestito l’aggiudicazione di quell’appalto Giovanni Laganà, Biagio Cantisani, Salvatore Saccà, Natale Vazzana, come pure il Responsabile unico del procedimento Vincenzo Romeo, e il segretario generale Giulio Carpentieri sono finiti davanti al gup Antonio Laganà, che il prossimo 9 maggio dovrà decidere se spedirli tutti a giudizio. Assieme a loro – e causa e origine dei loro guai – c’è anche Giuseppe Arena, fratello del più noto Demi, ex sindaco del Comune di Reggio Calabria “sciolto” per mafia, per questo dichiarato incandidabile, ma nel frattempo transitato in Regione come assessore alle Attività produttive.
Il fratello dell’assessore è infatti non solo il direttore tecnico dell’Aet srl – la società che nell’agosto 2012 si è aggiudicata l’appalto – ma anche il professionista individuato dalla Regione, con determina del 22 marzo 2010, per redigere lo studio di fattibilità. A far scoppiare il bubbone è stato uno degli imprenditori che ha partecipato alla gara, il catanzarese Francesco Righini, che ha denunciato in sede amministrativa e penale l’esito della procedura. E gli innumerevoli esposti presentati alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, qualche risultato lo hanno portato. Anche per i pm reggini quella gara è stata viziata.
Il fratello dell’assessore, incaricato di redigere lo studio di fattibilità – «del tutto sovrapponibile al progetto definitivo» specifica il pm nella richiesta di rinvio a giudizio – sulla base del quale il responsabile unico del procedimento, Vincenzo Romeo, avrebbe poi predisposto il progetto preliminare posto a base di gara, non solo è direttore tecnico di Aet, la società vincitrice dell’appalto, ma anche socio – se non dominus, come in diverse sedi ha denunciato Righini – della Arena srl, presente nella compagine sociale di Aet. Di fatto dunque, un socio della ditta vincitrice dell’appalto avrebbe stabilito le “basi” per parteciparvi. Un caso di conflitto di interessi, in gergo tecnico di incompatibilità ai sensi dell’articolo 90 del decreto legislativo 163 dl 2006, da manuale. È per questo che all’ipotesi di turbativa d’asta, per Nicola Lopez, Giovanni, Biagio Cantisani, Salvatore Saccà, Natale Vazzana, Giulio Carpentieri e anche Giuseppe Arena, come “extraneus” che concorre nel reato proprio, il pm ha ipotizzato anche il reato di abuso d’ufficio perché «in violazione di legge, in particolare della normativa in tema di incompatibilità tra chi ha ricevuto l’incarico di progettazione e chi partecipa alla gara d’appalto, intenzionalmente procuravano all’ingegnere Arena Giuseppe e all’Aet un ingiusto vantaggio patrimoniale dato dall’aggiudicazione della gara d’appalto (per un importo complessivo di 4.438.000,00) a soggetto che avrebbe dovuto essere escluso ai sensi della citata norma in quanto la sua partecipazione violava il principio di par condicio fra concorrenti (in quanto lo studio di fattibilità risulta del tutto sovrapponibile al progetto definitivo), con conseguente danno ingiusto delle altre partecipanti non aggiudicatarie». Tutte ipotesi accusatorie che toccherà al gup Laganà verificare, ma che nel caso trovassero luce verde dimostrerebbero che non sempre paga vincere facile. Quanto meno penalmente. (0050)

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