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Se il governatore alza (solo) un polverone

Fino ad oggi l`ossessivo ritornello di Scopelliti è stato letto come un tentativo, se volete anche strambo, di smarcamento dalle tensioni giudiziarie che lo circondano e da quelle politiche che han…

Pubblicato il: 14/04/2014 – 15:06
Se il governatore alza (solo) un polverone

Fino ad oggi l`ossessivo ritornello di Scopelliti è stato letto come un tentativo, se volete anche strambo, di smarcamento dalle tensioni giudiziarie che lo circondano e da quelle politiche che hanno seguito la condanna a sei anni di reclusione ed all`interdizione dai pubblici uffici, per avere falsificato e manomesso i bilanci comunali di Reggio negli anni 2008 e 2009.
Adesso, dopo l`ennesimo “incidente” occorso all`incontinente governatore che, intervistato dall`inviato a Reggio per il Corriere della Sera, Goffredo Buccini, prima dichiara e poi cerca di ritrattare, è possibile cogliere invece l`esatto obiettivo che Scopelliti cerca di raggiungere attraverso quell`ossessivo ritornello.
Dice che deve fare i nomi della borghesia mafiosa che ha cospirato contro di lui e contro il suo progetto politico. Dice che può produrre nomi e fatti e che intendeva farlo davanti alla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi. Dice anche che potrebbe farlo andando direttamente dai magistrati inquirenti ma lo farà «a tempo debito». Poi, però, richiama Buccini e chiede di cambiare quello che aveva appena detto.
Confessiamo che fino a ieri anche dal nostro osservatorio si era caduti in errore, insistendo perché le Procure interessate mettessero fine a questa farsa di denunce clamorose eternamente annunciate e mai concretizzate, convocando Scopelliti perché dica e riferisca quanto denuncia ospite di Porro su RaiDue, di Telese su Matrix, di Mulè a PanoramaItalia. E ancora nell`intervista ad un suo ex collaboratore che ora scrive per Il Tempo e persino con Lucio Musolino per il Fatto quotidiano.
In effetti oggi tutto appare più chiaro: Scopelliti alza un polverone proprio per spingere la Procura a convocarlo. Cosa che, evidentemente, i magistrati inquirenti non intendono fare, perché vogliono proseguire nel loro lavoro: l`inchiesta sugli “invisibili”, sui pupari che tirano le fila («mafiosi, politici, manager immacolati, spioni e massoni»). Gente che un candidato se lo inventa e lo porta alle stelle. Chiunque va bene, la tessera di partito non vale, serve solo che sia uno che capisce le regole della casa: deve solo firmare senza guardare; proclamare senza scegliere; distribuire incarichi agli “amici degli amici”; rilasciare licenze a chi dovrà riciclare e negarle agli imprenditori per bene. Non gli si chiederà mai un rapporto diretto, l`importante è che faccia le liste con i nomi giusti, nomini assessori le persone segnalate, metta negli uffici i sodali dei clan. Giocherelli pure con le “parate” antimafia, badando bene però a parlare della mafia altrove e ignorando quella che prospera dietro l`angolo.
Su tutto questo Federico Cafiero de Raho, per come dichiara all`inviato del Corriere, sta lavorando da mesi. In silenzio e con caparbietà. Comincia anche a vedere il giusto epilogo per il lavoro condotto dai suoi più stretti collaboratori. Giuseppe Lombardo su tutti, la cui arringa nel processo “Meta” grande allarme ha destato alle orecchie attente degli “invisibili”. E c`è preoccupazione in Procura per la bestia ferita, della cui rabbia si colgono i segnali inquietanti. Ma non c`è possibilità di arrestare il corso delle cose: «L`inchiesta è solida: in sei mesi si vedranno effetti giudiziari», conferma a Buccini il procuratore Cafiero de Raho.
Lui, a differenza di Scopelliti, non richiamerà l`inviato del Corriere per chiedergli: «Posso cambiare quello che le ho detto?».

Il reportage di Buccini

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