CROTONE Troppe ombre si sono addensate in appena due anni sull’amministrazione provinciale di Crotone guidata da Stanislao Zurlo (Pdl). Sin da subito. Le denunce fatte all’indomani del ballottaggio dal diretto competitor di Zurlo, attuale capogruppo del Partito democratico in Provincia, Ubaldo Schifino sembrano oggi ancora più consistenti. I fatti di cronaca, poi, hanno tutt’altro che smentito quelle accuse. Dalla cena tra alcuni consiglieri pidiellini e il boss Fabrizio Arena di Isola di Capo Rizzuto in occasione dell’elezione del senatore Nicola Di Girolamo, alle intercettazioni dell’indagine voluta dalla Dda di Catanzaro denominata “Hydra” che hanno portato l’ex assessore provinciale Gianluca Marino alle dimissioni viste le ipotesi a suo carico di voto di scambio politico-mafioso con il cartello criminale dei Vrenna-Giampà-Bonaventura. Secondo gli inquirenti, Marino avrebbe avuto il sostegno di alcuni esponenti della cosca Vrenna in cambio di denaro. In base a quanto emerso dalle intercettazioni di alcuni indagati, tra i quali Antonio Vrenna, ritenuto l’attuale reggente della cosca dopo l’arresto del padre Pino, i Vrenna si sarebbero impegnati per sostenere la candidatura di Marino, che non fu eletto, ma che venne poi nominato assessore. La cosca avrebbe messo in atto brogli elettorali per far votare due volte i rappresentanti di lista a loro vicini. Lo scenario è tutt’altro che piacevole. Accade così che l`amministrazione provinciale registra la nomina di una Commissione d`accesso prefettizia per infiltrazioni mafiose. Il prefetto di Crotone, Vincenzo Panico, diventa così personaggio chiave nel momento stesso in cui lo Stato ha deciso di fare chiarezza su quanto eventualmente potrebbe essere accaduto. La sua analisi sul territorio provinciale di Crotone è lampante, il prefetto non ha dubbi sui condizionamenti che le consorterie criminali locali riescono ad esercitare e, sentito dal Corriere della Calabria ha dichiarato: «La presenza storica di consorterie criminali, radicate particolarmente in alcune aree, costituisce un connotato del territorio provinciale che è evidente ad ogni osservatore attento. Gli assetti criminali delle cosche operanti nella provincia di Crotone non hanno fatto registrare mutamenti di rilievo. Secondo le ultime inchieste e relative analisi, le dinamiche hanno dato luogo alla creazione di due macrogruppi con interessi criminali a Crotone, Isola di Capo Rizzuto e Cutro mentre nell’area di Cirò Marina permane l’influenza di una storica famiglia dedita al crimine organizzato». Una pervasività che travalica i confini regionali e che si impone dalla Calabria verso tutto il Paese. Secondo Panico ha trovato conferma «la capacità di proiezione sul territorio nazionale ed estero delle cosche calabresi e in particolare di quelle dell’area cirotana e di Isola di Capo Rizzuto. Ne sono testimonianza arresti in regioni del Nord di latitanti di origini crotonesi. Contro questi sodalizi crotonesi le più recenti significative attività repressive testimoniano l’impegno investigativo della magistratura e della polizia giudiziaria con operazioni che hanno dato luogo all’arresto di esponenti anche di vertice delle famiglie mafiose e con tangibili risultati anche in termini di aggressione patrimoniale estesa a soggetti operanti in altre regioni. Tale realtà non è dissimile, quanto al rischio di condizionamento, rispetto a tante aree del Paese, in specie del Meridione, afflitte da atavica presenza del crimine organizzato». Un rischio di condizionamento che qui sembra aver trovato terreno più che fertile. A Crotone e nei paesi della provincia ci si conosce tutti, è impensabile ignorare se i propri commensali o i propri sostenitori elettorali siano o meno contigui, vicini, intranei. Ma se queste sono le condizioni date, la reazione non può e non deve mancare mai «la lotta contro la criminalità organizzata – ha precisato il prefetto di Crotone – deve continuare a costituire un obiettivo prioritario soprattutto in realtà come la nostra, in cui i suoi tentativi di infiltrazione trovano più radicate e favorevoli condizioni ambientali. L’azione di contrasto, che inevitabilmente richiede attenzione e impegno adeguati, non può farsi condizionare dall’entità del fenomeno da combattere che anzi deve costituire uno stimolo ulteriore. La linea da seguire non può che essere quella di utilizzare con la maggiore perizia possibile gli strumenti offerti dall’ordinamento, resi sempre più incisivi dalle innovazioni normative in materia, e mantenere credibilità operando con imparzialità». E se come affermato dal giudice siciliano Paolo Borsellino, politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio e dunque o si fanno la guerra o si mettono d’accordo, secondo Panico, nella provincia di Crotone «non sono ininfluenti ataviche condizioni sociali e atteggiamenti mentali che non favoriscono il processo di isolamento e quindi di negazione del consenso, su cui continuano a confidare le consorterie criminali». Ed ecco perché «rispetto ad una situazione di particolare svantaggio è evidente che occorre il contributo di tutti, soprattutto di chi ha responsabilità istituzionali e politiche per consolidare i segnali di cambiamento che pure si registrano. Occorrono al riguardo scelte nette e chiare sui comportamenti e sulle conseguenti determinazioni da assumere nei rispettivi ruoli per la concreta affermazione della legalità, rimuovendo ogni atteggiamento che accrediti la permanenza di una “zona grigia”, da sempre considerato terreno fertile per il malaffare». Proprio durante le elezioni provinciali del 2009, anche l’arcivescovo di Crotone-Santa Severina, monsignor Domenico Graziani denunciò pubblicamente la pratica dell’acquisto dei voti proprio nelle famiglie maggiormente in difficoltà, dai 50 ai 100 euro. Questo è bastato per rinunciare ad una delle più importanti prerogative costituzionali. Su Crotone, oggi più di ieri, aleggia orrenda la sensazione che il voto non sia mai né libero, né democratico, né segreto.
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