LAMEZIA TERME Il consigliere regionale Mario Magno (Pdl), prima di lasciare l`assemblea dei dipendenti dell`Arssa ed essere contestato sonoramente per questa “fuga”, «una verità» che poteva piacere ai lavoratori l`aveva detta. «Per come è messa l`agenzia che si occupa dello sviluppo dei servizi in agricoltura – aveva detto nel suo intervento il presidente della commissione Riforme – la colpa non è di chi ci lavora ma della politica». Autoaccusa generica per sedare la protesta avviata da mesi che, però, non è bastato al centinaio di “indignati” convenuti nella sala congressi di un hotel lametino e convocati, per decidere come «proseguire la mobilitazione», dal “Comitato dei dipendenti pubblici dell`Arssa”. Magno, l`unico politico che ha accettato l`invito declinato pure dall`assessore Michele Trematerra, è stato il quarto a parlare ed ha lasciato la sala subito dopo, suscitando le reazioni stizzite della platea. «Non ne possiamo più di politici che parlano e non ascoltano» ha sintetizzato al microfono uno dei sindacalisti invitati all`assemblea, Alfredo Iorno, segretario regionale della Cgil Funzione pubblica. Prima di andarsene, il consigliere regionale vicino al sottosegretario Pino Galati aveva potuto ascoltare il grido d`allarme che da mesi questi dipendenti pubblici vanno ripetendo, perfino inscenando manifestazioni di protesta davanti al consiglio regionale. «Siamo riusciti a fermare un primo intento destabilizzante – ha spiegato il coordinatore del Comitato e sindacalista della Cgil, Davide Colace – perché la giunta voleva trattare con una unica proposta di legge la trasformazione di ben tre soggetti in una volta: Arssa, Afor e comunità montane». Un escamotage giuridico preparato dal sottosegretario regionale Alberto Sarra che, successivamente alle valutazioni negative filtrate da Roma, è stato di recente ritirato – prima ancora di trasformarsi da bozza in proposta di legge vera e propria – e spacchettato. Per cui ora la Regione sta procedendo con un disegno di legge, già approvato dalla giunta, per la nascita di un`Azienda per la montagna (che fra le proteste declassa i dipendenti statali delle Comunità in dipendenti di un`Azienda), e un documento che riguarda solo l`Arssa, che ora il Comitato sta discutendo con l`assessore e sta contestando. «Nella bozza che ci riguarda – ha continuato Colace – permane un vuoto di indicazioni gravissimo perché la trasformazione del nostro ente pubblico da Agenzia ad Azienda apre la porta alla trasformazione del nostro contratto da pubblico a privato». Nella sala gradualmente riempitasi, dove come è chiaro c`erano pure lavoratori che alle ultime regionali hanno votato centrodestra – la qualcosa non ha impedito loro di subissare di applausi gli intervenuti che hanno attaccato la Regione –, è stata evidente la preoccupazione di «una riforma che parte col penalizzare i lavoratori». Fabio Petrillo, cofondatore del Comitato, sebbene ci abbia tenuto a precisare che è anche un sindacalista della Uil, è andato al cuore del “paradosso riformista” emerso in questi giorni. «La Regione – ha attaccato – ha reso pubblico un ente come la Fondazione Campanella (settore Sanità, ndr) che invece era privato. Con noi fa al contrario: siamo dipendenti pubblici e ci vuol trasformare in dipendenti di un`azienda privatistica, che con un semplice atto aziendale potrebbe mandare al macero diritti acquisiti dai lavoratori e assumere come meglio crede, con chiamata diretta e annullando la contrattazione sindacale». Il punto non è di poco conto, perché questa variante privatistica della filosofia riformista della Regione sta animando l`attività della politica anche in altri settori, come quello dell`Ambiente. «Annullano la natura pubblica dell`Arssa e di altri enti – ha incalzato Iorno, dicendosi rammaricato di non aver potuto far ascoltare a Magno le sue proposte – perché devono bandire la tavola della politica e far sedere gli uomini dei comitati elettorali nei tavoli dei tanti consigli di amministrazione che stanno creando: vogliono mani libere». Anche sulle ragioni della fin qui mancata liquidazione dell`Agenzia, prevista sin dal 2007, il Comitato ha le idee chiare. «Se si è deciso che l`Arssa va trasformata – ha proseguito Colace – bene: ma non possono pensare che si risanano le casse espellendo dal lavoro chi è un dipendente pubblico, qualificato e indispensabile sebbene non sia mai stato messo nelle condizioni di produrre servizi per l`agricoltura, se non in minima parte visto che l`anomalia principale dello stato attuale è che il bilancio dell`ente è quasi esclusivamente assorbito per servizi impropri». Dei 952 lavoratori che risultano nell`organico, “solo” 268 hanno un contratto del pubblico impiego e aderiscono al Comitato. Il resto è inquadrato in altri comparti, quelli agricoli in primis. «Ci stanno impiegando per le pratiche relative al Piano di sviluppo rurale – ha concluso Colace – ma si guardano bene dal proporre, come sarebbe giusto, di farci transitare definitivamente nell`organico del dipartimento Agricoltura». Magno, prima di essere contestato, aveva detto salomonicamente: «Non dovete avere paura della privatizzazione, nessuno verrà penalizzato». Frase sibillina che ha mandato su tutte le furie la platea. I tempi delle vacche grasse sono finiti per tutti, ma i lavoratori non ci stanno a rimanere col cerino in mano.
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