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Il giorno nero del governatore: «Mi sento umiliato»

«Mi sento umiliato, rammaricato e mortificato da queste dichiarazioni. C’è la volontà di cacciarmi, è in atto una macchinazione che deve essere chiarita». Per Peppe Scopelliti è il giorno della verit…

Pubblicato il: 22/02/2012 – 21:13
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Il giorno nero del governatore: «Mi sento umiliato»

«Mi sento umiliato, rammaricato e mortificato da queste dichiarazioni. C’è la volontà di cacciarmi, è in atto una macchinazione che deve essere chiarita». Per Peppe Scopelliti è il giorno della verità, il momento di scrollarsi di dosso le accuse che provengono direttamente dal processo “Meta”, dove durante l’ultima udienza l’ex colonnello del Ros ha indicato l’ex sindaco e attuale governatore come persona vicina alla lobby politica-mafiosa che gestiva gli appalti del Comune di Reggio.
È teso Scopelliti, l’aria gioviale e sicura che ha contraddistinto la sua estetica del potere sembra lontana anni luce. Sembra invecchiato, stanco. Sarà per questo che l’aula “Levato” del consiglio regionale è occupata in ogni ordine di posto da supporter, familiari e politici amici. Presenti anche la moglie del governatore e il fratello Tino, anche lui nella bufera dopo le dichiarazioni di Valerio Giardina. «È necessario fare chiarezza su alcune questioni – ha detto Scopelliti – che riguardano me e la nostra città. Non sono indagato né faccio parte di alcun procedimento giudiziario. Ho convocato questa conferenza stampa per spiegare l’infondatezza di queste testimonianze».
Il governatore ha portato con sé parecchi documenti a supporto delle sue argomentazioni. Che in primo luogo riguardano la vicenda dell’immobile confiscato alla famiglia Condello e successivamente – stando alle ricostruzioni degli inquirenti – ristrutturato dal Comune quando era ancora abitato dai familiari del “Supremo”. Circostanza negata fermamente da Scopelliti, che aggiunge: «Lessi la notizia su un solo quotidiano, informazione poi riportata dallo stesso Giardina. Mi chiedo, fu il colonnello a riferire questa circostanza o il contrario?». Inoltre, «nella sua deposizione – ha ricordato Scopelliti – Giardina afferma che il suo ufficio predispose lo sgombero delle tre famiglie. In realtà quella fu una mia disposizione, avvenuta il 14 dicembre 2006, mentre la gara d’appalto per i lavori viene chiusa l’11 aprile 2007. O si tratta di una dichiarazione errata oppure ciò che è stato riportato è stato ricordato male sotto giuramento».
Scopelliti vorrebbe fermarsi qui, ma le domande dei giornalisti cominciano a incalzarlo. Su tutte, i motivi che spinsero l’allora sindaco di Reggio a partecipare all’anniversario di nozze dei coniugi Barbieri, genitori degli imprenditori in odore di mafia Vincenzo e Domenico. «Fu Vincenzo a telefonarmi, dicendomi che il padre sarebbe stato felice di avere il sindaco alla sua festa, essendo stato in passato un dipendente del Comune. Preciso che in quella data la Prefettura aveva rinnovato il certificato antimafia alla ditta Barbieri e che Vincenzo non è mai stato arrestato (a differenza del fratello condannato in primo grado per associazione mafiosa, ndr)».
Quando gli viene chiesto dei suoi legami con Giorgio De Stefano e Paolo Romeo, ritenuti dall’informativa del Ros le “menti” della lobby che controllava la vita politica e sociale dei Reggio, Scopelliti nega ogni addebito riprendendo le parole complottiste escogitate dal capogruppo Pdl in senato Maurizio Gasparri: «Forse ha ragione lui: bisogna capire se c’è una cabina di regia dietro questi accostamenti. Non ho mai preso parte al salotto di Romeo e ne sono contento». Poi Scopelliti getta ombre sul lavoro dell’ufficiale dell’Arma: «Tutto parte da un verbale che nasce da una deposizione trascritta da Giardina: il “Caso Reggio” parte con lui. Il successivo lavoro della Squadra mobile non poteva non intrecciarsi con quello del Ros e dei carabinieri. Il colonnello Giardina si è comportato come un oppositore politico, chissà che alle prossime elezioni non si candidi».  
Ma sono cinque i pentiti che, a vario titolo, parlano delle “frequentazioni” pericolose dell’ex sindaco: Giovanni Battista Fracapane, Roberto Moio, Nino Lo Giudice, Paolo Iannò e Antonino Fiume. Scopelliti, ancora una volta, respinge al mittente ogni accusa e prova a reagire con forza: «Iannò è stato arrestato nel 2000. Per undici anni non ha mai fatto il mio nome, qualche mese fa invece ha detto di aver sentito dire che mi veniva dato appoggio elettorale per la mia elezione a sindaco. Ma ho vinto le elezioni nel 2002, come faceva lui a sapere queste cose almeno due anni prima?».
Per quanto riguarda Nino Lo Giudice, Scopelliti ritiene infondate le sue accuse, perché «fu la mia amministrazione che ordinò l’abbattimento di una sua casa, per cui non penso avessero tutta questa voglia di sostenere la mia candidatura». Sulle dichiarazioni di Roberto Moio, rese al sostituto procuratore Giuseppe Lombardo, il governatore è invece convinto che il suo coinvolgimento sia arrivato «dopo molte insistenze». Ma durante l’ultima udienza “Meta” Giardina ha fatto riferimento al ruolo di Antonino Fiume come persona deputata dal clan De Stefano a «sovrintendere» l’azione del sindaco. Scopelliti ribatte prontamente: «Questo collaboratore ha riferito di avermi votato ma che io non gli avrei mai chiesto il voto. Come avrebbe potuto sovrintendere alla mia azione politica se è stato arrestato nel febbraio del 2002, mentre io fui eletto nel maggio di quell’anno?».
Non manca nell’arringa di Scopelliti anche la difesa incondizionata del fratello, tirato in ballo dalle intercettazioni tra Domenico Barbieri e Franco Labate. Nel dialogo tra i due imprenditori, si fanno riferimenti espliciti sul ruolo di Tino Scopelliti all’interno della lobby che controllava gli appalti in Comune. «Non è possibile svergognare una persona solo per la telefonata di un balordo (si riferisce a Labate, ndr). Andate a vedere chi sono le persone che si sono permesse di coinvolgere mio fratello. Su questa vicenda sono state costruite per mesi campagne di stampa inaccettabili. Spero che i giornalisti che hanno scritto queste cose paghino e che mio fratello diventi ricco grazie ai risarcimenti». 

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