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La battaglia post-moderna di Ernesto Orrico

COSENZA Il teschio shakespeariano diventa la testa inespressiva e bendata di un manichino. Ernesto Orrico ci ha abituati a giocare di rimando con l`armamentario classico del teatro. Che nel suo cas…

Pubblicato il: 05/04/2012 – 13:11
La battaglia post-moderna di Ernesto Orrico

COSENZA Il teschio shakespeariano diventa la testa inespressiva e bendata di un manichino. Ernesto Orrico ci ha abituati a giocare di rimando con l`armamentario classico del teatro. Che nel suo caso si fa performance, della parola prima che del corpo. Non può che rapire il suo nuovo monologo, “La superficie della lotta”, così poco compiacente nei confronti di un pubblico che viene messo brutalmente a nudo davanti allo specchio delle sue certezze, per una volta non piccolo-borghesi ma movimentiste: «La mia kefiah, la mia capigliatura, la mia voce rimanevano sulla superficie della lotta», incalza l`atipico guerrigliero tra un cartello e un altro come a delimitare le riprese di un incontro di boxe. La buia e minimale «stanza-cervello» risuona davvero, come da note di regia, di «rumori e clangori» e anche silenzio, ma sembra un rimbombo post-sbornia, quello in cui la lucida follia regala sprazzi di saggezza.
“Killing is the business”, “Drug and politics”. L`attore pugile si muove – nei costumi e con gli oggetti di scena scelti da Rita Zàngari – abbigliato in pelle, catene e un tocco di quel camouflage che riconduce all`ambito bellico anche le frasi “romantiche”: «Non senti che l`amore sta esalando l`ultimo respiro?». E poi citazioni dal mondo rock, insert audio, ma anche una omelia nei panni di inedita divinità moderna dall`alto copricapo papale rosso fuoco. Il teatro diventa «il teatro delle operazioni», formuletta che sentiamo nei reportage tv degli inviati (embedded) di guerra, ma in battaglia l`«essere umano depotenziato» può decidere di «scompaginare il mio stato italiano, il mio stare medio, il mio stare».
Orrico gioca con l`italiano e l`inglese senza dimenticare (come negli spettacoli precedenti) il dialetto, solidarizza con anarchici, ribelli palestinesi, vietcong, Ira, fratelli musulmani, hezbollah, «i miei fratelli». La rabbia ha spesso un motivo: «Ho conosciuto l`inferno disegnato dalle banche, ho conosciuto il purgatorio della rata mensile, il paradiso del capitale danzante. Ho conosciuto le famiglie e conoscevo le vittime». Combattere? Ne vale la pena. Per chi? Per cosa? La domanda resta inevasa, tocca al pubblico rispondere. «Tanto non sono di qui… cosa cazzo me ne frega».
Il “Concerto per guerriglieri abbandonati” (produzione Ernesto Orrico e Teatro della Ginestra; musiche e sound design Gianluca Licciardi/Anonima Italiana; collaborazione alla drammaturgia Vincenza Costantino) ha debuttato il 24 e 25 marzo allo Spazio Teatro di Reggio, poi le repliche al Teatro della Sirena di Castrovillari e, ieri sera, al Piccolo Teatro Unical all`interno della rassegna Last Minute. Rivedremo Orrico a Cosenza venerdì 20 aprile al “Morelli” (rassegna More) con “U tingiutu” di Scena Verticale, poi il 12 e 13 maggio all`Acquario con “La dolcezza del mandorlo”, operetta folk semiseria, in cui sarà sul palco con Viviana Raciti e i due musicisti Ettore Castagna e Mico Corapi.

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