«Le passeggiate e le confidenze con Falcone»
Le passeggiate, a volte senza scorta, in cui si scambiavano confidenze. È uno dei tanti ricordi che il generale Angiolo Pellegrini custodisce del giudice Giovanni Falcone, del quale oggi ricorre l`an…

Le passeggiate, a volte senza scorta, in cui si scambiavano confidenze. È uno dei tanti ricordi che il generale Angiolo Pellegrini custodisce del giudice Giovanni Falcone, del quale oggi ricorre l`anniversario della morte avvenuta a Capaci venti anni fa in seguito all`esplosione di cinquecento chili di tritolo sull`autostrada.
Dopo cinque anni e mezzo trascorsi assieme al magistrato antimafia, il generale è arrivato a Reggio Calabria a dirigere la neonata Direzione investigativa antimafia, diventando in poco tempo la bestia nera della `ndrangheta reggina. E oggi, quando sfoglia l`album dei ricordi ha solo l`imbarazzo della scelta nel raccontare i momenti trascorsi con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Ricordi ne ho tantissimi – dice –: abbiamo condotto numerose indagini, fatti molti viaggi». E racconta un episodio particolare quando, nel 1984, sono andati in Canada per indagare sui beni di Ciancimino: «Il presidente della Corte di Montreal fece indossare l`ermellino a Falcone – lì già conosciuto e apprezzato come magistrato antimafia – e gli consentì – cosa rarissima – di interrogare i testimoni». Ma sono i momenti più intimi quelli che il generale conserva gelosamente: «Quando interrogavamo Tommaso Buscetta arrivavamo a Roma con un aereo privato, dopo una giornata chiusi in una stanza, la scorta ci lasciava in albergo e noi da soli facevamo lunghissime passeggiate per le strade della Capitale. Era un tacito accordo tra noi due, impossibile da rispettare a Palermo dove conducevamo una vita blindata. Ci scambiavamo confidenze reciproche». L`investigatore ricorda anche un incontro in Calabria: «Era in occasione del funerale del giudice Scopelliti: eravamo a Campo Calabro e mi fece salire sulla sua macchina; io gli confidai “ormai è tutto finito” e lui mi rispose: “No, aspetta. Sto organizzando qualcosa”. Era l`intenzione di centralizzare le indagini».
Il generale ricorda ogni istante del giorno della strage di Capaci: «Quel giorno arrivai a Palermo in aeroporto, trovai l`autostrada chiusa e immediatamente ricevetti una telefonata che mi comunicava l`attentato a Falcone. Subito pensai che eravamo sempre in macchina insieme e se fossi arrivato con lo stesso aereo forse ci sarei stato anche io in quell`auto».
«Con Falcone – aggiunge il generale – stavamo tutti i giorni insieme: era una persona allegra, serena e tranquilla, riusciva a mantenere la calma anche di fronte alle difficoltà. Usavamo un codice per comunicare per evitare di essere intercettati, e quando dovevo dirgli qualcosa di importante andavo direttamente a casa sua».
Giornate e viaggi di lavoro anche con Paolo Borsellino: «Era un lavoratore instancabile. Posso dire di aver frequentato l`”università” della polizia giudiziaria negli anni in cui sono stato con loro a Palermo. Ricordo l`abbraccio con Borsellino subito dopo la morte di Falcone e il suo viso estremamente abbattuto». Ma conserva anche momenti piacevoli: «Quando eravamo in Brasile per interrogare Buscetta eravamo costantemente seguiti dalle telecamere e dai giornalisti. Una domenica volevamo andare al mercato di Ipanema e decidemmo di “scappare”: io conoscevo bene il Brasile e proposi di fare una strada che ci consentì di evitare i fotoreporter, ma lì ci beccò un fotografo e il giorno dopo ci ritrovammo pubblicati su O Globo con un titolo “A Rio i nemici della mafia”». Pellegrini conserva ancora quella foto: «Erano momenti di evasione che lontano da Palermo cercavamo di ritagliarci».