Scrive a Gratteri, latitante preso a Dakar
È finita la latitanza di Henry James Fitzsimons, l’ex contabile dell’Ira, legato ad ambienti del Sinn Feinn, passato – secondo la Dda di Reggio Calabria e Catanzaro – a libro paga di più ben remunera…

È finita la latitanza di Henry James Fitzsimons, l’ex contabile dell’Ira, legato ad ambienti del Sinn Feinn, passato – secondo la Dda di Reggio Calabria e Catanzaro – a libro paga di più ben remunerativi padroni. Pizzicato nell’operazione “Metropolis” della Dda di Reggio prima e in “Overseas” dei colleghi catanzaresi due settimane dopo, Fitzsimons dal 5 marzo scorso tentava di dribblare inquirenti e investigatori.
Ma ad aprile i segugi della Dda lo hanno individuato. Complice forse la missiva indirizzata al procuratore aggiunto Nicola Gratteri, in cui proclamava la sua innocenza e accusava la Dda di avergli «rovinato la reputazione», Fitzsimons è stato beccato a Dakar, in Senegal. È li che ha tentato di trovare riparo dalle due ordinanze di custodia cautelare, emesse nell’ambito delle operazioni “Metropolis” e “Overseas”, che lo vogliono socio in affari con le famiglie d’élite della `ndrangheta calabrese.
In entrambi i casi, l’ex terrorista, già condannato a otto anni dai tribunali iralandesi per un attentato dinamitardo e considerato – almeno prima che ne venisse allontanato per un sospetto caso di malversazione – l’uomo delegato dall’Ira a reinvestire i proventi dell’attività criminosa per l’autofinanziamento, è stato accusato di fare affari con i clan che hanno cementificato le coste calabresi con strutture turistiche di lusso e no. Tra Reggio Calabria e Siderno, con gli Aquino e i Morabito, nel Vibonese, con i potentissimi Mancuso.
A mettere in contatto l’ex terrorista con gli `ndranghetisti del mandamento jonico sarebbe stato un noto imprenditore campano, Antonio Velardo, anche lui finito in manette. Insieme sarebbero quindi entrati in quella che – a detta degli inquirenti – si configura come una vera e propria joint venture internazionale tra uomini delle `ndrine e imprenditori spagnoli, che ha dato vita a un articolato intreccio di società, italiane e straniere, finalizzato alla realizzazione di complessi immobiliari destinati al settore turistico-residenziale.
Una galassia con un chiaro centro decisionale, riferibile alle famiglie d’elite della `ndrangheta della zona ma che si avvaleva dell’insostituibile contributo dello studio legale Giambrone e Law – con sede a Palermo e Londra – per movimentare quelli che gli stessi Velardo e Fitzsimons definiscono nel corso di una conversazione intercettata «movimenti psicopatici di denaro».
Tutte accuse che il diretto interessato rispedisce al mittente, proclamandosi innocente e rivendicando – tramite il suo avvocato Dan Mc Guinnes – un «legittimo ruolo da agente immobiliare nel sud Italia».
E sono tanti gli ignari investitori britannici che sono caduti nella trappola di Fitzsimons che prometteva un piccolo paradiso mediterraneo di proprietà, pagabile in comode rate. Dal marzo scorso, in tanti hanno cercato di recuperare almeno in parte i fondi con cui speravano di aver comprato casa in riva al mare. Ma se per tanti dei complessi un tempo in mano ai clan sarà possibile garantire la conclusione dei lavori o una legale transazione di compravendita, molti – letteralmente costruiti sulla sabbia – dovranno essere necessariamente abbattuti. Con buona pace di chi sognava un buen retiro e si è ritrovato in mano alla `ndrangheta. (0050)