Milano, call center divorato dalle ‘ndrine
ROSARNO T.V., ex titolare della Blue call, grande impresa milanese che gestiva call center per “le primarie aziende italiane”, sequestrata lo scorso novembre per l`infiltrazione della `ndrangheta, ha…

ROSARNO T.V., ex titolare della Blue call, grande impresa milanese che gestiva call center per “le primarie aziende italiane”, sequestrata lo scorso novembre per l`infiltrazione della `ndrangheta, ha patteggiato una pena di due anni, senza sospensione condizionale, e ha anche deciso di versare 2mila euro, come risarcimento, all`associazione “Libera” di don Luigi Ciotti, che da anni contrasta le mafie. Oggi, inoltre, davanti al gup di Milano, Andrea Salemme, altri sette imputati, accusati, a vario titolo, di intestazione e trasferimento fraudolento di beni (in relazione alle quote della società) ed estorsione (reati tutti aggravati dalla finalità mafiosa) sono stati condannati a pene che vanno da un anno e due mesi a otto anni e sei mesi di carcere.
Nata nel 2008 con 87 addetti, la Blue Call (sede a Cernusco sul Naviglio, Milano) nel 2010 aveva già 872 lavoratori. E proprio in quell`anno, stando alle indagini, quando il fatturato sfiorava i 14 milioni di euro, Umberto Bellocco, “giovane rampollo” di una delle più potenti famiglie della Piana di Gioia Tauro, decise di entrare coi suoi uomini nell`azienda, «senza mettere un euro», e in poco più di un anno, stando all`ordinanza d`arresto, ne assunse il controllo “divorando” l`azienda: nel giro di due anni 600 lavoratori vennero mandati a casa.
L`OPERAZIONE
Lo scorso 24 novembre erano state arrestate, su ordine del gip di Milano Giuseppe Gennari e su richiesta del procuratore aggiunto della Dda Ilda Boccassini e del pm Paolo Storari, una ventina di persone, tra cui anche Andrea Ruffino, anche lui all`epoca titolare della Blue Call. Secondo il gip che aveva firmato le misure cautelari, «l`infiltrazione» era stata «in qualche modo gradita in quanto i soci espressione della `ndrangheta assicurano protezione e difesa all`azienda da attacchi esterni provenienti da altri gruppi criminali». Ruffino, che ha subito anche pesanti minacce dagli uomini del clan e, in seguito, ha collaborato alle indagini, è stato condannato a due anni e otto mesi con la concessione delle attenuanti generiche. Michelangelo Belcastro, invece, una sorta di “testa di legno” del clan Bellocco, è stato condannato a tre anni e quattro mesi, mentre per Raffaele Rullo, accusato di intestazione fittizia e estorsione, sono arrivati otto anni e sei mesi di carcere. Per Umberto Bellocco e per altri imputati, invece, è in corso il processo con rito ordinario. Nel corso del procedimento, infine, molti imputati sono stati scarcerati e posti agli arresti domiciliari dal Riesame.