ROMA Si opponeva all`apertura di una cosiddetta “locale” della `ndrangheta a Roma, Vincenzo Femia, il boss collegato alla cosca di San Luca ucciso lo scorso gennaio con undici colpi di pistola nella Capitale mentre si trovava nella sua autovettura a Trigoria.
Gli agenti della squadra mobile della Capitale, diretti da Renato Cortese, hanno individuato uno dei killer, Gianni Cretarola, di 31 anni, mentre sono ancora al lavoro per individuare il secondo assassino. La vittima è stata infatti colpita da proiettili calibro 9 e di un revolver esplosi da punti diversi. Secondo gli investigatori, Femia – da decenni trapiantato a Roma – si era opposto all`apertura di una nuova cellula della `ndrangheta nella Capitale e per questo sarebbe stato ucciso probabilmente su ordine di altri clan.
«Tutto lascia ipotizzare che ci sia una forte e radicata presenza della `ndrangheta sul territorio». È l`ipotesi del capo della Squadra Mobile di Roma, Renato Cortese, che ha così commentato con i giornalisti l`arresto di Cretarola.
IL PRESUNTO KILLER
Cretarola, 31 anni, originario di Sanremo e domiciliato a Roma, di origini calabrese da parte di nonno materno, secondo gli investigatori è legato fortemente alla terra d`origine, nonostante la sua famiglia si fosse trasferita in Liguria da molto tempo. Il suo curriculum criminale si può riassumere in due singole azioni criminose: all`età di 19 anni viene stato arrestato per aver assassinato, con un coltello a serramanico, un coetaneo per futili motivi (condanna passata in giudicato); nel 2006, all`interno della casa circondariale di Alessandria, ha aggredito un detenuto straniero insieme ad altri due detenuti. E` proprio questa circostanza che con ogni probabilità fa fare il salto di qualità al giovane che proprio all`interno della struttura carceraria, come spesso avviene, conosce le persone “giuste“ che lo introducono, o più realisticamente, lo arruolano nella `ndrangheta. E` stato accertato nel corso delle indagini infatti che Cretarola, all`interno del carcere di Alessandria, divide la cella con due personaggi di primissimo piano della `ndrangheta: l`uno affiliato alla potente cosca degli Alvaro-Violi-Macrì di Sinopoli che negli anni `90 è stata l`ago della bilancia della cosiddetta guerra di mafia combattuta sul territorio reggino e che ha mietuto diverse centinaia di morti, decretando, per il tramite di Domenico Alvaro, alias Micu u`scagghiuni, la pax mafiosa che ha messo fine alla faida; l`altro, ritenuto il vertice del Locale di `ndrangheta di Rivoli, rappresentando quindi uno dei massimi esponenti dell`infiltrazione ndranghetista nel nord Italia e in particolare in Piemonte. (0020)
x
x