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Route 106, il boss Cataldo condannato a 15 anni

REGGIO CALABRIA È una sostanziale conferma delle richieste del pm la sentenza con cui il gup Minniti ha condannato a una pena cumulativa di 15 anni il boss Antonio Cataldo, comminata in continuazione…

Pubblicato il: 18/07/2013 – 20:30
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Route 106, il boss Cataldo condannato a 15 anni

REGGIO CALABRIA È una sostanziale conferma delle richieste del pm la sentenza con cui il gup Minniti ha condannato a una pena cumulativa di 15 anni il boss Antonio Cataldo, comminata in continuazione con quelle in precedenza rimediate, e ha assolto l’imprenditore Carlo Parasporo. Un’assoluzione chiesta anche dalla pubblica accusa per quella che fin dalle prime fasi di indagine era stata definita una figura border line, un «imprenditore “scaltro” – nelle parole del gip Barbara Bennato – perfettamente consapevole degli assetti e delle dinamiche sottese al settore di operatività, quale quello degli appalti pubblici, storicamente e ontologicamente inquinato da infiltrazioni mafiose. Un personaggio, per la verità, che da un lato non lesina apprezzamento e considerazione dei capi delle famiglie di `ndrangheta e che, proprio perché perfettamente consapevole della mafiosità di certi personaggi, è in grado di individuare “le persone che contano” e di proporre al loro cospetto l`immagine di imprenditore solido ed affidabile, dall`altro non cela il biasimo e la disapprovazione di un sistema estorsivo così imponente cui obtorto collo è costretto a soggiacere». Un profilo che anche il pm, Antonio De Bernardo ha seriamente valutato e indagato a fondo prima di chiedere e ottenere l’assoluzione.
Decisamente meno dubbi ha avuto invece il giudice nel valutare la figura di Antonio Cataldo, detto “Papuzzella”. Le dichiarazioni spontanee con cui ha tentato di convincere il gup Minniti di essere “perseguitato” dal pm De Bernardo, che da anni avrebbe mal interpretato ogni suo atto o dichiarazione, non sembrano aver sortito alcun effetto. Al boss è andata una condanna a 15 anni in continuazione con quelle già rimediate in altri procedimenti, che rappresenta un riconoscimento importante del percorso investigativo che più volte ha portato le strade del pm De Bernardo e del boss a incrociarsi in indagini e procedimenti. Processi che a Papuzzella fanno paura, come dimostra quella conversazione intercettata nel 2008 fra il boss detenuto e Francesco e Nicola Cataldo, all`epoca in visita, nel corso della quale si sente distintamente Antonio Cataldo affermare: «Questo fatto qua, gli ha chiesto il rito immediato è un rito immediato è un rito pericoloso perché non gli dà spazio alla difesa, lui adesso porta carte nuove, dice che da tre anni che sta facendo indagini».  Ed erano allora – e sono probabilmente anche oggi – gli “elementi nuovi” quelli che spaventano i clan, quelle nuove acquisizioni che restringono il margine della cortina fumogena che gli uomini delle `ndrine possono e devono alzare per occultare le proprie responsabilità.
Una manovra che – quanto meno per l’indagine Route 106 – non è riuscita ad Antonio Cataldo, pizzicato nel luglio scorso nell’ambito dell’operazione che ha fotografato  la realtà concreta delle relazioni economiche e commerciali fra cosche diverse – gli Alvaro-Licari di San Procopio (fascia tirrenica), i Bruzzese-Andrianò-Fuda di Grotteria e i Cordì di Locri –, ma che si trovano direttamente o indirettamente a intervenire nel medesimo contesto. Crocevia degli interessi dei tre clan e formale vittima delle angherie degli uomini del clan era infatti quel Carlo Parasporo oggi assolto, impegnato con l`omonima ditta, nella realizzazione dei lavori della nuova statale 106, appaltati dalla società “Astaldi spa” nel tratto Ardore-Marina di Gioiosa Ionica e in quello di manutenzione straordinaria e regimentazione acque, lungo la strada provinciale San Procopio-Castellace tratto bivio Buggè o anche in quelli per la realizzazione della nuova 106 nel tratto Locri/Siderno. Lavori per i quali Parasporo – nonostante sia parente acquisito dell’allora reggente del clan Cataldo a Locri – era costretto non solo a versare alla cosca Alvaro una “tassa di sicurezza” pari a seimila euro, ma anche a stipulare un contratto di nolo a freddo con l`impresa edile e di movimento terra “Musolino Roberto”, formalmente intestata a Musolino, ma di fatto in mano ai Fuda. (0090)

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