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Processo Raccordo-Sistema, parlano i pentiti

REGGIO CALABRIA Non è un boss senza storia Santo Crucitti. Al contrario, su di lui le dichiarazioni dei pentiti sono concordi: all’ombra del defunto padrino di San Giovannello, Mario Audino, Crucitti…

Pubblicato il: 19/07/2013 – 17:39
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Processo Raccordo-Sistema, parlano i pentiti

REGGIO CALABRIA Non è un boss senza storia Santo Crucitti. Al contrario, su di lui le dichiarazioni dei pentiti sono concordi: all’ombra del defunto padrino di San Giovannello, Mario Audino, Crucitti  dal suo feudo di Condera-Pietrastorta si è conquistato un posto di rilievo nella `ndrangheta reggina. Una verità che tre storici collaboratori – Roberto Moio, Umbertò Munaò e Giovanni Battista Fracapane – sono stati chiamati a raccontare in aula dal pm Stefano Musolino, titolare della pubblica accusa nel procedimento Raccordo-Sistema che vede alla sbarra non solo il “padrone” di Condera, ma anche il suo braccio destro, Mario Chilà, come lui condannato proprio ieri in appello a cinque anni e quattro mesi nel processo “Pietrastorta”.
«Crucitti era a capo di una cosca – dice senza esitazione Moio –. Non erano i Tegano, non erano i Condello, ma comunque c’era. Operavano nella zona di Pietrastorta, Reggio Campi, poi hanno dovuto cedere parte del loro territorio ai Libri. Non erano forti come i Tegano, ma avevano comunque il loro ruolo». Un ruolo che Moio conosce fin dai tempi della seconda guerra di `ndrangheta, quando i Crucitti – dice – «salivano dai Tegano. Li ho visti più volte venire lì ad Archi», e che si è mantenuto invariato quando Santo Crucitti ha ereditato dal fratello – ucciso nell’89 – il bastone del comando. Ma i ricordi di Moio non si limitano ai tempi della guerra di `ndrangheta. «Mi è capitato spesso di vedere Crucitti con tale Chilà – afferma il collaboratore, rispondendo alle domande dell’avvocato Francesco Calabrese che insiste perché specifichi i suoi ricordi più recenti – un tipo che aveva una finanziaria. Ero andato lì non ricordo per quale motivo e ho incontrato casualmente Chilà». A rivelargli che Chilà, braccio destro del boss Crucitti, sarebbe stato il reale proprietario della Fin.Reggio – rivela Moio, incalzato dall’avvocato Vincenzina Leone – sarebbe stato un altro nome noto nella galassia dei Tegano, Alberto Rito. «A lui – specifica il pentito – lo avevano detto due giovanotti della cosca Crucitti, tali Festa. L’informazione risale al 2006-2007».
Maggiori dettagli avrebbe – forse – potuto dare sull’attività imprenditoriale e criminale di Crucitti, il collaboratore Umberto Munaò, ma la sua memoria – a oltre dieci anni dall’inizio del percorso di collaborazione – inizia a impallidire. Di Crucitti ricorda solo che «all’epoca della guerra era indicato come il capo locale di Pietrastorta». Quasi infastidito o irritato dalle domande del pm, il pentito si limita a confermare quanto messo a verbale anni e anni fa, quando di fronte al pm Mario Andrigo, ha raccontato dei contrasti che proprio lui avrebbe avuto con Crucitti, che per i “suoi” imprenditori reclamava un trattamento di favore nel pagamento del pizzo.
Anche a Giovanbattista Fracapane, feroce killer degli arcoti e uomo di fiducia del boss Pasquale Tegano, la memoria non è molto di aiuto. Ha conosciuto da vicino ed è in grado di riferire dei rapporti privilegiati che Mario Audino, ha sempre avuto con i Tegano, così come «l’irritazione» del clan, quando – dopo la guerra – il boss di San Giovannello ha progressivamente iniziato ad avvicinarsi ai De Stefano e soprattutto all’ambizioso e carismatico secondogenito di don Paolino, Giuseppe De Stefano. «I Tegano – ricorda Fracapane – non gradivano questa vicinanza». Una vicinanza che ad Audino – ucciso secondo le ricostruzioni investigative proprio dai Tegano nel 2003 – sarebbe stata fatale. A far saltare i nervi agli arcoti sarebbe stato soprattutto l’affare Parco Caserta – il maggiore centro sportivo cittadino sorto proprio nella zona di competenza del boss di s. Giovannello – che Audino avrebbe gestito insieme a Giuseppe De Stefano. “Paolo Rosario Caponera ci disse che lo stava gestendo Peppe De Stefano. Sapevamo che lì aveva interessi Mario Audino ma i soldi li prendeva De Stefano».  Un affare – ricorda Fracapane, sollecitato sul punto dal pm Stefano Musolino – in cui anche il boss Crucitti sarebbe riuscito a entrare. Sul punto, in aula, il pentito non è in grado di dare maggiori dettagli, ma si limita a confermare quanto messo a verbale anni prima di fronte al pm Francesco Mollace, al quale aveva spiegato che Santo Crucitti «è una persona che è inserita nell`edilizia forse. E ora vi dico un`altra cosa che questa persona che mi sto ricordando ora veramente, deve essere pure vicino all`impresa che ha fatto il Parco Ca… con le piscine diciamo, si chiama come qualcosa Caserta, e questa persona gli ha portato, vedete ora come mi sto ricordando, la mazzetta a Giuseppe De Stefano del lavoro. Glieli portava venti milioni diciamo ogni due tre mesi». Un affare importante, in cui – stanno svelando oggi altre indagini e altri procedimenti – anche l’ex talpa dei servizi, passata al soldo dei clan, Giovanni Zumbo avrebbe giocato un ruolo. (0090)

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