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«Volevo solo dare una lezione a mio fratello»

REGGIO CALABRIA Angela Arcudi non era il vero obiettivo del killer, ma è morta per un tragico errore: questa è la versione che Antonino Canale, il settantaquattrenne che sabato sera ha sparato contro…

Pubblicato il: 22/07/2013 – 22:28
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«Volevo solo dare una lezione a mio fratello»

REGGIO CALABRIA Angela Arcudi non era il vero obiettivo del killer, ma è morta per un tragico errore: questa è la versione che Antonino Canale, il settantaquattrenne che sabato sera ha sparato contro la cognata, provocandone la morte, ha fornito oggi pomeriggio al magistrato Annalisa Arena. Accompagnato dal suo legale, Michele Priolo, il killer ha deciso di rispondere alle domande del sostituto, dicendosi pentito e disperato per il folle gesto. “Con mia cognata c’era un rapporto normale, non c’era nessun motivo specifico di rancore”, tenta di giustificarsi l’uomo di fronte al pm. Il vero bersaglio, stando a quanto l’uomo racconta, non sarebbe stata lei, ma il fratello Salvatore. “Ma non intendevo ucciderlo – tenta di giustificarsi – solo ferirlo per vendicarmi”.
Una sete di rivalsa che  affonda le radici in vecchi rancori, accumulati e coltivati nel corso degli anni di convivenza nella medesima palazzina. Antonio Canale non gradiva che i nipoti parcheggiassero di fronte alle sue finestre. Una «fissazione» – dice chi lo conosceva – che tante volte era stato motivo di screzio fra le due famiglie. Anche quel pomeriggio, il settantaquattrenne – stando a quanto ha raccontato al magistrato – avrebbe discusso con il fratello – incontrato casualmente in cortile, in compagnia di moglie e figli – per lo stesso motivo: le auto dei figli non dovevano essere parcheggiate sotto la sua finestra, soprattutto in seguito all’incendio che ne aveva praticamente distrutta una. Richieste che avrebbero acceso la conversazione, tanto da trasformarla in una vera e propria lite furibonda fra i due fratelli, durante la quale Salvatore – sostiene Canale, mostrando al magistrato i presunti segni dell’aggressione – gli avrebbe sferrato un calcio tanto violento da lasciarlo senza fiato, ma sufficiente ad accendere la sua furia omicida.
Ad Antonino Canale non è servita più di una manciata di minuti per rientrare in casa, cercare e trovare uno dei suoi fucili da caccia – un semiautomatico – e iniziare a fare fuoco. A disarmarlo – racconta, fornendo una versione leggermente differente da quella ricostruita dagli investigatori – non sarebbe stato il figlio, ma uno dei suoi inquilini. Poi, nella mente di Antonino Canale è sceso il buio. “Ho perso la testa” dice ai magistrati, spiegando di non ricordare più nulla. Nella sua mente – sostiene – non è rimasto nulla di quei momenti in cui è rientrato in casa, ha afferrato un secondo fucile e ha iniziato a sparare all’impazzata contro la famiglia del fratello. “Io – tenta di giustificarsi – volevo solo dare una lezione a mio fratello Salvatore, ferirlo lievemente, magari alle gambe”. Una reazione dettata – dice – da quell’inaspettata aggressione avvenuta solo pochi minuti prima e che gli avrebbe fatto perdere la testa.
Quali che fossero le intenzioni dell’uomo, il suo folle gesto si è trasformato in una tragedia. La cognata, Angela Arcudi – nei cui confronti il settantaquattrenne sostiene di non aver mai avuto particolare motivo di astio – è stata colpita in pieno dalla rosa dei pallini del fucile da caccia con cui Canale ha sparato e nonostante l’immediato trasferimento in ospedale, per lei non c’è stato nulla da fare. Ma Antonino Canale non sa, non ricorda. O almeno questo dice. Non avrebbe neanche visto la donna –sostiene – che pochi minuti dopo in quella traversa avrebbe trovato la morte.
Una versione che adesso toccherà a inquirenti e investigatori confrontare non solo con le numerose testimonianze – inclusa quella del figlio dell’uomo, ascoltato a lungo dagli agenti immediatamente dopo la tragedia – ma anche con i risultati degli esami balistici e con quanto emergerà dall’autopsia e dalle perizie sulle lesioni riportate dal fratello Salvatore, e dai nipoti Natale e Demetrio. Esami probabilmente determinanti per ricostruire quei dieci minuti di follia che hanno insanguinato il quartiere di Arangea. (0020)

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