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«Vi racconto i sogni falliti di Fiabeschi»

ROMA Il fisico allampanato. La giacca di pelle anni Settanta. E quella risata, un po` cinica, un po` sorniona, che ammicca direttamente al pubblico in sala. Enrico Fiabeschi, lo studente fuorisede …

Pubblicato il: 21/08/2013 – 13:48
«Vi racconto i sogni falliti di Fiabeschi»

ROMA Il fisico allampanato. La giacca di pelle anni Settanta. E quella risata, un po` cinica, un po` sorniona, che ammicca direttamente al pubblico in sala. Enrico Fiabeschi, lo studente fuorisede e irrimediabilmente scansafatiche nato dalla matita di Andrea Pazienza, torna al cinema. Anzi, “Fiabeschi torna a casa“, come il titolo del primo film da regista di Max Mazzotta (“C`e` chi dice no“, “Amore bugie e calcetto“), che riprende il personaggio già interpretato nel 2001 per Renato De Maria in “Paz!“, con una storia tutta nuova, scritta con Giulia Louise Steigerwalt, in uscita il 22 agosto.
Se allora Fiabeschi divideva la scena con il Pentotal di Claudio Santamaria e lo Zanardi di Flavio Pistilli, nella nuova avventura, distribuita da Whale Pictures e prodotta da 11 Marzo Film con Rai Cinema e con il sostegno del ministero dei beni Culturali come film di interesse nazionale, è protagonista assoluto. «Fiabeschi – spiega Mazzotta – è uno dei personaggi meno conosciuti fra quelli nati dalla matita di Andrea Pazienza. Appare in poche tavole, senza un passato, un background. Vive in un presente fatto di espedienti che puntualmente falliscono, il più delle volte causando disastri. L`immedesimazione, per chi leggeva il fumetto negli anni Settanta, era immediata, così come lo è stata al cinema con “Paz!”. È un personaggio universale, emblema di una generazione trasversale rimasta sempre fedele a se stessa. E dopo tanti anni avevo l`impressione che avesse ancora qualcosa da dire».
Ormai quarantenne, lasciato dalla ragazza e dagli amici, senza un lavoro né una laurea, nel film Fiabeschi si trova costretto a lasciare Bologna e a tornare a Cuculicchio (ricostruita a Cosenza), il suo paese natio in Calabria. Qui nulla sembra cambiato. Ad attenderlo a casa ci sono sempre il padre bidello (Ninetto Davoli), la mamma Maria (Rita Montes), la zia rintronata (Lunetta Savino) e un fratellino adottato a sua insaputa (Vittorio Loreto). E mentre il padre si affanna pur di trovare al figlio un impiego “sicuro“, Fiabeschi non tarda a cacciarsi nei guai, che sia per colpa degli spinelli, per la sfortuna di chiedere in prestito soldi a persone sbagliate, per la gelosia che monta nei confronti del rivale in amore (Paolo Calabresi) o del nuovo fratellino che sogna di uccidere, almeno in sogno. «Pur essendo sempre una catastrofe – aggiunge Mazzotta – oggi però Fiabeschi riflette sulla sua inadeguatezza». Forse per la prima volta innamorato, di una ragazza muta (Deniz Ozdogan), dice il regista, «è il simbolo di una generazione che ha fallito nel sogno di farsi una vita al nord. Il suo e` anche un ritorno metaforico a se stesso. Se è vero che “la casa siamo noi” (una delle tante massime che va ripetendo, ndr) allora è anche vero che, ovunque andremo, la nostra “dimora interiore” sarà con noi, come una voce di coscienza, come un luogo di verità. La casa è come la piazza del paese che ci ha visti nascere e crescere e alla quale bisogna tornare, di tanto in tanto, per capire qualcosa sul nostro esistere». (0020)

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