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Roma ha deciso: a Reggio non si vota

Alla fine ogni resistenza è crollata e il Consiglio dei ministri è stato costretto a convocarsi d’urgenza per ratificare la proroga dello scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria per al…

Pubblicato il: 18/02/2014 – 13:03
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Roma ha deciso: a Reggio non si vota

Alla fine ogni resistenza è crollata e il Consiglio dei ministri è stato costretto a convocarsi d’urgenza per ratificare la proroga dello scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria per altri sei mesi. Nella città dello Stretto, dunque, per il momento non ci saranno elezioni.
Quello riguardante la proroga del commissariamento per infiltrazioni mafiose del Comune reggino era l`unico punto all`ordine del giorno della seduta odierna. Alla fine il premier uscente, Enrico Letta, ha preso atto della difficilissima situazione che si era venuta a creare e non ha potuto fare altro che convocare un Consiglio dei ministri straordinario.
Oggi scadeva il pass della triade che governa Reggio Calabria e senza un decreto ufficiale in riva allo Stretto si sarebbe materializzato uno spaventoso vuoto di potere. Chi avrebbe fatto camminare la macchina amministrativa? La domanda di una città importante come Reggio non poteva restare inevasa e Roma si è mossa nell’ultimo giorno utile.
Questo è il risultato della lunga pressione esercitata da Angelino Alfano su Letta nel tentativo di “salvare” Giuseppe Scopelliti. Un braccio di ferro istituzionale che ha impedito (fino ad oggi) di decidere e che ha visto da un lato il prefetto di Reggio e i tre commissari – i quali insistevano per una proroga del commissariamento – e dall’altra l’intero Nuovo centrodestra – Scopelliti e Gentile in Calabria, Alfano a Roma – che lavorava in favore di un ritorno alle urne.
Ritorno alle urne che avrebbe chiuso una pagina necessaria quanto vergognosa, quella della sospensione dei diritti democratici, ma che avrebbe impedito, secondo gli incaricati del Governo, di fare piena chiarezza su quanto accaduto al Comune di Reggio negli ultimi anni.
Nelle ultime settimane abbiamo assistito al trasferimento del prefetto Piscitelli, al braccio di ferro fra Commissione parlamentare Antimafia e Viminale – e chissà come sarebbe andata, senza il pressante impegno di Rosi Bindi – alla visita di Alfano a Reggio, che i sostenitori del governatore speravano diventasse l’apertura della campagna elettorale.
Ncd riteneva che quella del commissariamento fosse una stagione da chiudersi oggi. Tutto era pronto per le Comunali di maggio e gli Scopelliti-boys si preparavano a riconquistare la città. Come se niente fosse accaduto. Come se una intera classe dirigente – quella per la quale non è stato sancito l’allontanamento dai pubblici uffici – non fosse comunque sotto il fuoco incrociato della magistratura ordinaria e di quella contabile.
I tre commissari, invece, non la pensavano così. Ed avevano messo tutte le loro perplessità per iscritto. In una lunga e dettagliata relazione con la quale chiedevano che fosse ancora il Governo a tenere le chiavi di Palazzo San Giorgio. Il fatto è che c’è ancora un sacco di lavoro da fare, ora che i cassetti sono tutti aperti e i fascicoli sono tutti disponibili. C’è ancora da capire che fine ha fatto una montagna di denaro pubblico e per farlo i commissari hanno chiesto tempo.
Ancora una volta il destino di Reggio si è giocato sull’asse con Roma e la guerra di posizione ha inchiodato le parti in trincea per settimane. Ma non si poteva più aspettare. E di fronte all’ipotesi di un nuovo commissario ad acta, in una situazione di stallo istituzionale senza precedenti nella storia del Paese, Letta si è deciso a tagliare il nodo che non riusciva a sciogliere. A Reggio non si vota. Meglio fare chiarezza prima e una volta per tutte.

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