La holding criminale della `ndrangheta
La `ndrangheta ha una sua struttura tendenzialmente unitaria con una sorta di «consiglio di amministrazione della holding criminale» che elegge, al vertice, il suo «presidente». È quanto emerge dalla…

La `ndrangheta ha una sua struttura tendenzialmente unitaria con una sorta di «consiglio di amministrazione della holding criminale» che elegge, al vertice, il suo «presidente». È quanto emerge dalla relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. «Questa impostazione – prosegue la Dna – dopo tante polemiche nelle più disparate sedi viene affermata in sede giudiziaria in modo sostanzialmente incontrastato. Non esiste pronuncia, cautelare o di merito, che dovendosi confrontare con tale impostazione, la neghi. E non poteva essere altrimenti. Una compiuta valutazione del fenomeno `ndrangheta non poteva, infatti, condurre a pensare che uomini per amministrare “bilanci” di centinaia di milioni di euro, per governare dinamiche economiche, lecite ed illecite, in decine di comparti diversi e che attraversano, non solo l`Italia, ma buona parte pianeta (dall`Australia al Sud America, dall`Europa al Nord America passando per tutti i possibili paradisi fiscali ) ci si potesse affidare allo spontaneismo anarcoide di locali, cosche e `ndine disseminate e slegate, come una sorta di piccole monadi auto-referenziali».
PENSARE LOCALE AGIRE GLOBALE Secondo la Direzione nazionale antimafia «viene confermata dai processi e dalle indagini più recenti la capacità della `ndrangheta di agire a livello nazionale ed internazionale, ma di mettere radici e consolidarsi in modo strutturato in realtà territoriali anche lontanissime, che, tuttavia, realtà che mantengono il più volte indicato cordone ombelicale con la casa madre». Parallelamente le indagini «hanno evidenziato, la presenza di veree proprie “locali” di `ndrangheta, oltre che in Italia e, segnatamente, in Lombardia, Piemonte e Liguria, anche all`estero in Svizzera, in Germania, in Canada e in Australia, e cioè proprio nei paesi e nei territori in cui, statisticamente, esistono consistenti comunità calabresi. E tuttavia, come si vede, non in tutti i territori
che hanno conosciuto l`emigrazione calabrese la `ndrangheta si è strutturata secondo gli schemi che le sono propri e che hanno il suo archetipo in Calabria». «A esempio, per rimanere in Italia – è detto ancora nella relazione – nella regione Lazio, in cui è fortissima la presenza di emigrati calabresi, seppure si sono individuate significative e rilevanti infiltrazioni `ndranghetiste nei tipici settori del riciclaggio, del traffico degli stupefacenti e della gestione di attività economiche illecite, dalle indagini non risulta accertata alcuna presenza “strutturata” della `ndrangheta».
L`IMPERO DELLA DROGA Le indagini svolte dalla Dda di Reggio Calabria hanno evidenziato «la perdurante posizione di assoluta primazia della `ndrangheta nel traffico internazionale di stupefacenti, traffico che ha generato, e continua a generare, imponenti flussi di guadagni in favore della criminalità organizzata calabrese che reinveste, specie nel settore immobiliare, i proventi di tale attività». «Le cosche calabresi, grazie alla presenza di qualificati broker in tutti i principali snodi del traffico della cocaina – spiega la relazione della Dna – mantengono rapporti privilegiati con i principali gruppi fornitori in Sud America e con gli emissari di questi ultimi in Olanda, Spagna e Germania. Il dato viene immediatamente dimostrato dal notevole numero di `ndranghetisti latitanti arrestati in Sud America e nei pressi delle più importanti città portuali europee, e, fra questi arresti, in particolare, spicca quello dei broker internazionali, come Roberto Pannunzi, recentemente arrestato in Colombia, Domenico Trimboli e Santo Scipione, localizzati nel Paese sudamericano dalle indagini “Overing” ed “Edera” ed arrestati dalla polizia locale. Si tratta di arresti che evidenziano plasticamente la peculiare funzione di collegamento assicurata in Sud America dalla `ndrangheta, coniugando la domanda con l`offerta di cocaina per conto delle cosche e sovrintendendo alle fasi più delicate delle importazioni: dall`imbarco nei porti sudamericani, allo sdoganamento in quelli europei (tedeschi, olandesi, belgi, francesi, spagnoli ed italiani), spesso attraverso quelli africani di transito». «Oltre alle ramificate proiezioni internazionali – afferma ancora la Dna – anche quelle del vibonese, dalle indagini di maggiore respiro emerge anche una particolare capacità di reinvestimento dei proventi del narcotraffico da parte dei sodalizi calabresi. Ciò si è realizzato attraverso sofisticate tecniche di trasferimento del denaro all`estero, seguite assai spesso dal rientro in Italia dei capitali attraverso l`utilizzo di società estere apparentemente pulite».
LA PROVINCIA DI CUTRO Gli assetti criminali nelle quattro province in cui si articola il distretto di Catanzaro, come emersi dalle più recenti indagini, sono caratterizzati da una «profonda evoluzione rispetto a quanto evidenziato dalle
analisi precedentemente elaborate sulla operatività, struttura e alleanze riferite alle organizzazioni mafiose che operano sul territorio». «Alla ricostruzione dei nuovi scenari criminali – sostiene la relazione – ha contribuito l`acquisizione di importanti collaborazioni che hanno consentito di approfondire i legami tra gli apparati criminali veri e propri e la “zona grigia” della `ndrangheta, con tale espressione intendendo riferirsi ai ceti produttivi, agli apparati professionali (tra i quali, in primo luogo, quelli operanti nel settore della giustizia e della finanza, quali avvocati, periti medico legali, commercialisti) in collegamento con tali sodalizi criminali. In generale può dirsi che recentissime acquisizioni investigative hanno evidenziato come le organizzazioni criminali del distretto di Catanzaro abbiano una organizzazione in qualche modo singolare rispetto a quella ricostruita nella nota “Operazione Crimine” della Dda di Reggio Calabria». «Risulta infatti, da alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia – aggiunge la Dna – essere stata costituita una “Provincia”, con radicamento a Cutro, che comprende i circondari di Cosenza, Paola, Castrovillari, Rossano, Catanzaro, Crotone e Lamezia Terme, con esclusione della sola Vibo Valentia che risponde, invece, direttamente a Reggio Calabria. Peraltro, dall`esito delle più recenti attività investigative, sembra emergere che l`importante famiglia vibonese dei Mancuso di Limbadi, sia stata estromessa dalla struttura unitaria della `ndrangheta reggina, anzi, risulta essere entrata in un cruento conflitto con i gruppi Anello, Fiumara, Vallelunga, Tassone, Mantella, Bonavota e dei Piscopisani – tutti operanti nella parte settentrionale del circondario – proprio a seguito del pericolo intravisto nell`avere tali sodalizi, insofferenti della sua egemonia, stretto rapporti con le cosche della parte meridionale della regione Calabria, in primo luogo quella dei Commisso di Siderno». Tale nuovo assetto ha «conseguentemente – evidenzia la Dna – determinato, a causa degli antichi rapporti esistenti tra i Mancuso e la cosca Iannazzo del lametino, la sottrazione delle più importanti organizzazioni mafiose esistenti sul litorale tirrenico alla costruzione verticistica realizzata nella Provincia di Reggio Calabria. Le investigazioni in atto confermano frequenti e stabili rapporti tra talune delle organizzazioni mafiose operanti nel distretto e quelle omologhe che hanno il loro tradizionale insediamento nel distretto di Reggio Calabria, inoltre risultano accertati collegamenti operativi con articolazioni operanti al di fuori del territorio regionale. Le attività investigative svolte dalla Direzione distrettuale antimafia ed i loro esiti sono state foriere di importanti risultati, non solo sotto il profilo numerico degli indagati colpiti da ordinanza di custodia cautelare (94 richieste di applicazione di misure cautelari per complessivi 713 indagati), ma anche sotto quello dell`approfondimento della comprensione dei fenomeni criminali sul territorio rientrante nel distretto di Catanzaro, per quanto attiene gli assetti criminali,i rapporti tra le varie cosche, i loro interessi economico-impren
ditoriali, i rapporti con la pubblica amministrazione». «Tali soddisfacenti esiti – conclude la relazione – sono stati raggiunti nonostante l`inadeguato numero di magistrati assegnati alla Direzione distrettuale antimafia, che, in un ottica di equilibrio dei rapporti numerici con la procura ordinaria, ha consigliato di mantenere il numero di 6 magistrati».
LA COLONIA LOMBARDA È stabile l`insediamento della `ndrangheta in Lombardia, organizzato in 15 “locali” (organizzazione che opera su base territoriale, composta da almeno 50 affiliati) per complessivi 500 affiliati circa. Lo evidenzia la Direzione nazionale antimafia nella sua relazione annuale. «Dunque – rileva la Dna – siamo a qualcosa di molto simile rispetto a quanto si riscontra in Calabria. I soggetti che hanno sviluppato le strutture in questione operano secondo tradizioni di `ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d`origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la `ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza». Nel territorio lombardo, prosegue la relazione, «è avvenuta una vera e propria “colonizzazione” da parte della criminalità di tipo organizzata calabrese nel tessuto socio – politico – economico della regione. L`associazione `ndranghetista localizzata in Lombardia non è semplicemente l`articolazione periferica della struttura criminale calabrese sorta e radicata nel territorio d`origine (come in Emilia Romagna, a esempio)
ma è invece un`associazione dotata di una sua autonomia operativa, benché fortemente collegata al Crimine reggino, che comunque, svolge un ruolo fondamentale in relazione alle scelte strategiche (compresi gli omicidi eccellenti e di rilievo) del sodalizio». Questa associazione, aggiunge, «è composta da soggetti ormai da almeno due generazioni presenti sul territorio lombardo, che commettono in Lombardia reati rientranti nel programma criminoso, che compiono delitti e atti intimidatori, il tutto nel contesto di un fenomeno criminale unitario». (0080)