MISTERI DI STATO | Il fascicolo calabrese su “faccia di mostro”
Milano, piazza Wagner. Montauro, via Calalunga e contrada Botterio. Gli uomini della Digos di Roma si presentano tutti alla stessa ora alla porta di tre immobili, uno a Milano e due in Calabria. Hann…

Milano, piazza Wagner. Montauro, via Calalunga e contrada Botterio. Gli uomini della Digos di Roma si presentano tutti alla stessa ora alla porta di tre immobili, uno a Milano e due in Calabria. Hanno in mano un decreto di perquisizione firmato da tre Procure, ma un unico obiettivo: Giovanni Aiello, l’ex poliziotto meglio noto come “faccia di mostro”. Per ordine dei pm Onelio Dodero della Procura di Caltanissetta, Carmelo Zuccaro, Amedeo Bertone e Giovannella Scaminaci di Catania, e di Giuseppe Lombardo della Dda di Reggio Calabria, che ha firmato assieme al sostituto della Dna Francesco Curcio, gli agenti devono passare a pettine fitto tutti gli immobili riferibili ad Aiello e sequestrare tutto quello che può essere utile a ricostruire la vita di un uomo che da anni entra ed esce dalle indagini sulla trattativa Stato-mafia.
A REGGIO CALABRIA, CATANIA E CALTANISSETTA C`È UN FASCICOLO SU “FACCIA DI MOSTRO”
Ex poliziotto in servizio a Palermo, con il volto deturpato – dice chi lo ha visto – dalla lunga cicatrice che gli ha lasciato un colpo di fucile, Aiello ha dismesso ufficialmente la divisa nel `76. Da allora – ha sempre dichiarato – sarebbe tornato a fare il mestiere di pescatore in Calabria, nel Catanzarese che gli ha dato i natali, come il padre e il nonno prima di lui. Ma per i pm, che adesso lo hanno iscritto nel registro degli indagati di tre Procure differenti, non è così. Su di lui, grava il sospetto di essere uno dei tanti killer di Stato, che negli anni neri della Repubblica, per conto di ancor più oscuri pezzi delle istituzioni, si sono prestati a fare il lavoro sporco, necessario per coprire trattative imbarazzanti, nascondere verità eversive per il potere, uccidere – forse – chi a quelle verità si stava avvicinando.
Con queste accuse la Procura di Caltanissetta lo aveva iscritto nel registro degli indagati per poi chiederne ed ottenerne l’archiviazione nel dicembre del 2012. Adesso però gli inquirenti di tre uffici hanno deciso di andare fino in fondo. Per questo agli uomini della Digos hanno ordinato di passare al setaccio gli appartamenti che risultano intestati a suo nome, alla ricerca di tutti gli elementi utili e necessari a dissipare la nebbia dietro cui l’ex poliziotto ha nascosto gli ultimi quarant’anni di vita. E i riscontri sono arrivati. O meglio, gli elementi che dimostrerebbero che Giovanni Aiello ha mentito.
LE BUGIE DI AIELLO E QUEGLI APPUNTI MISTERIOSI
Lui, che ha sempre dichiarato di non aver messo più piede in Sicilia dal `76, neanche per andare a far visita al fratello, sull’isola ci è andato. E anche di recente. Lo dimostrano due biglietti della Caronte & Tourist – andata il 7 novembre 2011, ritorno 5 febbraio 2012 – che gli investigatori hanno trovato nella sua casa di contrada Botterio, a Montauro, nel Catanzarese. Cosa abbia fatto per oltre tre mesi in Sicilia non è dato sapere, ma di certo, in merito, più di un dettaglio pretenderanno di conoscerlo gli inquirenti che a partire dagli elementi sequestrati stanno cercando di ricostruire quegli anni della vita di Aiello, ancora, forse volutamente avvolti nel mistero.
Qualche particolare utile potrebbe di certo venire anche dalle numerose lettere, cartoline, appunti e fogli sequestrati nel corso della perquisizione. Non si tratta solo di corrispondenza. Scorrendo l’elenco del materiale sequestrato saltano agli occhi alcuni fogli su cui Aiello ha appuntato diligentemente “date e incontri di Gianni dal 1975 al 1978” o “scritta lettera 7.10.85”,o ancora “ricevute lettere 8.10.85” – come quelli sequestrati a Milano – ma anche quei post it – trovati nel cantiere nautico di via Calalunga a Montauro su cui l’ex poliziotto ha appuntato «02. 20014. È ricomparso il furgone rosso, targato Mi davanti al tabacchino. Cosa cavolo devono ascoltare? L’ho visto arrivare veloce da Montepaone Lido. Il cane abbaia sempre per niente, se io fossi qua lo ammazzerei». Allo stato, nessuno sa se qualcuno abbia suggerito ad Aiello la possibilità di essere stato messo sotto indagine o se l’identificazione di quel furgone sia stata dettata dal fine intuito dell`investigatore, tanto meno per quale arcana motivazione, con fervore quasi notarile, l’ex poliziotto abbia scrupolosamente annotato parte della sua corrispondenza. Di certo, i pm pretendono di sapere di più.
TROPPI SOLDI PER UN EX POLIZIOTTO
Così come pretenderanno di sapere come mai i familiari più stretti di un ex poliziotto congedato in anticipo – l’ex moglie Ivana Orlando e presumibilmente un parente, Guglielmo Orlando – sembrano avere un’enorme disponibilità di denaro convertito in titoli, di cui però è Aiello a conservare le ricevute. Nella casa di contrada Botterio, gli uomini della Digos di Roma hanno trovato – accuratamente conservati all’interno di una vetrinetta – quattro fogli spillati fra loro. Il primo – si legge nel verbale di sequestro – è un «foglio scritto a mano su entrambe le facciate recante la data 10 agosto 1994», il secondo, la ricevuta di un deposito titoli «a nome di Orlando Gugliemo e Orlando Ivana per l’importo di 45 milioni di lire e 555 milioni di lire», il terzo la «ricevuta di un libretto di deposito a risparmio nominativo», il quarto una seconda ricevuta di deposito titoli, sempre a nome di Orlando Ivana e Guglielmo, «per totali 600 milioni di vecchie lire». Tanti, troppi soldi per un poliziotto in pensione, come per un modesto pescatore. Soldi di cui gli inquirenti vorranno conoscere l’origine e che – stando ai documenti rinvenuti – sono nella disponibilità di Aiello almeno dall’inizio degli anni Novanta.
GLI INTERESSI PALERMITANI DI GIOVANNI AIELLO
E in questa storia le date sono importanti, molto importanti. Così come gli avvenimenti avvenuti in certe precise date e cristallizzati negli articoli apparsi su una serie di quotidiani e riviste accuratamente conservati nei tre immobili dell’ex poliziotto. Copie dell’Ora di Palermo che raccontano le operazioni di quella che era stata la sua squadra, ma soprattutto esemplari dei giornali nazionali datati 1984, 1985, 1993, 1996 che parlano della complicità o meglio dell’omertà di settori dello Stato nei confronti del terrorismo degli anni di piombo, dei colletti bianchi e dei politici su cui, nei primi anni Novanta, si addensavano i sospetti degli inquirenti palermitani che cercavano la verità sulla trattativa Stato-mafia e su quello che allora era il “mistero Provenzano”, il super boss latitante che sarebbe caduto nelle mani degli investigatori solo dieci anni dopo. Ma anche di quella che già negli anni Novanta si iniziava a conoscere come mafia spa, una holding criminale che – secondo le valutazioni dell’epoca – rischiava la crisi per eccesso di liquidità. Tutti articoli che sembrano mostrare un pervicace e pervasivo interesse di Aiello per i fatti palermitani, che stride con la sua più volte autoproclamata chiusura nei confronti dell’isola e dei suoi affari sporchi.
UN PESCATORE GLOBE-TROTTER
Così come stride l’immagine di modesto pescatore, quasi auto- esiliato nel suo dimenticato eremo calabro, con l’uomo dai mille rapporti e dai mille viaggi che video, cartoline e biglietti – anche questi datati ma accuratamente conservati nelle tre abitazioni – stanno raccontando agli investigatori. Nel corso degli anni Aiello è stato in Svizzera, nel `76, per due anni – nel 2003 e nel 2004, dicono dei video rinvenuti nell’abitazione di contrada Botterio – a San Diego, negli Stati Uniti, più volte a Venezia, a Brescia, almeno per due anni consecutivi a Torino, sempre nello stesso periodo, e Mantova. Tutti luoghi che – fatta eccezione per un soggiorno sull’Isola d’Elba – poco sembrano avere a che fare con la nautica e la pesca che – stando a quanto dichiara – sarebbero il suo unico interesse dal giorno in cui ha dismesso la divisa. Ma ci sono altri particolari che hanno incuriosito gli inquirenti che oggi stanno passa
ndo al vaglio quanto sequestrato nel corso della perquisizione, inclusi i video che potrebbero raccontare chi l’ex poliziotto ha frequentato nel corso degli ultimi anni.
ASSEGNI IN CASSAFORTE E UN ARSENALE IN CASA
Giovanni Aiello sembra un uomo meticoloso. Abituato a conservare accuratamente i documenti che ritiene importanti. Quello che i magistrati però adesso vogliono capire è per quale motivazione alcuni sembrino più importanti degli altri. È il caso del libretto del Banco posta, da cui mancano sei assegni di vari importi staccati dal 2003 al 2006, così come del libretto di risparmio della Banca di Credito Cooperativo di Montepaone, intestato ad Aiello Giovanni e Maria Teresa. Come mai questi documenti – a differenza degli altri, rinvenuti in una vetrinetta – venivano conservati in cassaforte insieme a gioielli e orologi presumibilmente preziosi? E come mai – nonostante sia stato rinvenuto un diniego all’istanza di porto di pistola emesso dalla Prefettura di Catanzaro – tanto nella casa di contrada Botterio, come nello stabile di via Calalunga è stato trovato un piccolo arsenale? Da chi presumeva di doversi difendere l’ex poliziotto? Domande a cui probabilmente sarà lo stesso Aiello a dover rispondere, ma che forse – auspicano gli inquirenti – potrebbero essere completate dagli elementi che oggi gli investigatori stanno tirando fuori dal computer sequestrato in Calabria, nella speranza che – come già accaduto in passato – dai segreti informatici degli indagati possano provenire significative svolte nelle indagini. (0020)