REGGIO CALABRIA Uno stesso “buco” riassume e raffigura l`intera parabola, l`ascesa e la caduta del politico calabrese più potente dell`ultimo decennio. Invincibile alle urne (anche per i demeriti e il masochismo del centrosinistra) ma messo ai margini della vita pubblica dalla sentenza di un Tribunale. La condanna del governatore Scopelliti è forse la chiusura di un cerchio, grande quanto il buco nelle casse del Comune di Reggio. Un pozzo da cui attingere senza sosta per costruire carriere, salire alla ribalta regionale e nazionale, mostrare l`artificio di una città dalle mille luci che illuminava un unico grande ideatore, il leader più genuino della destra storica, la personificazione politica di quel percorso – prima para-rivoluzionario poi sotterraneo – iniziato con i moti del 70. Il buco del Comune, non ancora quantificato, dapprima è stata una specie di feritoia, l`apertura in un diaframma che separa la Reggio grigia degli anni delle faide di mafia da quella rutilante e godereccia griffata Scopelliti.
Scialacqui, spese allegre, consulenze a go go: la cassaforte di Palazzo San Giorgio ha reso possibili cursus honorum straordinari per un`intera classe dirigente locale, transitata prima a Palazzo San Giorgio e poi più su, fino alle stanze dorate della Regione. Oggi paga solo Scopelliti, il campione di un establishment costruito sull`apparenza e sul debito, su allori fittizi, al di sopra delle reali possibilità di un ente oggi quasi decotto. Il buco alla fine ha inghiottito il governatore. Dalla gloria sotto l`arco di Palazzo Alemanni alla polvere di una sbarra in un`aula di giustizia.
L`ASCESA
Non ha mai sbagliato un colpo, Scopelliti, il ragazzo dall`ombra d`oro. Fin dall`inizio i suoi sono stati successi in sequenza, in un crescendo da bulldozer elettorale. È spiegabile: il futuro governatore parla alla pancia dei reggini; incarna gli ideali della destra sociale, fiuta i problemi e sa dargli parole che stuzzicano l`orgoglio di una città che ancora vive nel mito della sua rivolta tradita, dell`insurrezione contro lo Stato prevaricatore e diseguale. Il giovane Peppe è il tribuno del popolo che, passo dopo passo, assemblea dopo assemblea, comizio dopo comizio, fa grandi balzi sulle scale delle gerarchie politiche fino a prendere direttamente l`ascensore che si arrampica su, fino alle stanze dei bottoni.
Gavetta, tanta. Parte come consigliere circoscrizionale dell`Msi, è l`88. Nel `91 è segretario provinciale del Fronte della gioventù. Due anni dopo, a Rieti, ne diventa il segretario nazionale. Il vento è in poppa, i palcoscenici sempre più grandi. La Fiamma lo candida, con successo, a consigliere comunale di Reggio. Arriva anche un posto al sole “comunitario”, perché nel `94 Scopelliti risulta primo dei non eletti nel collegio meridionale alle elezioni europee (34mila preferenze). Un`altra impennata quando, a soli 29 anni, ottiene una messe di voti che gli consentono di assumere la presidenza del consiglio regionale. La cavalcata sembra inarrestabile. Rieletto nel 2000, il governatore Chiaravalloti lo porta con sé a Catanzaro e gli affida l`incarico di assessore al Lavoro e alla Formazione professionale. Infine, il traguardo più ambito: sindaco della sua città, nel 2002. Il “modello Reggio” è ancora in nuce.
I FASTI
La città cambia volto, esplode l`edonismo reggino. Grandi eventi, notti bianche, passerelle di vip o presunti tali. E ancora happening, vernissage di grido, rassegne sportive internazionali, la Reggina in Serie A, la Reggio by night, la Reggio da bere, il chilometro più bello d`Italia che ride e balla e gode. Le società miste – che un decennio dopo finiranno nella bufera – cominciano a riempirsi di “amici” e di “amici degli amici”; si progettano i grandi lavori destinati a mutare lo skyline della città e l`autocoscienza dei suoi abitanti: il Parco lineare Sud, il Psc, il Waterfront; la Reggio delle ore piccole si anima e ritrova un nuovo orizzonte esistenziale nelle danze sfrenate in riva allo Stretto, nei lidi del Lungomare. Gli indici di gradimento impazziscono: Peppe, il figlio del popolo sconfitto dei moti, diventa il sindaco più amato del Paese. Nel 2007 la riconferma, quasi plebiscitaria, a Palazzo San Giorgio. Accanto a Scopelliti c`è una «classe dirigente» fedele, che a ogni trionfo dal capo guadagna qualche pezzetto in più di fortuna e gratificazioni professionali. La città che aveva già vissuto la Primavera di Falcomatà è già rinata? Reggio è la nuova, piccola e amena, metropoli del Mediterraneo? Il sindaco crede di sì. E comunque l`apologia di un “modello” di città gli consente di arrivare ancora più in alto, fino a una poltrona chiamata Regione.
IL BUBBONE
Viene fuori lo scandalo Fallara, la dirigente del settore Finanze sceglie il suicidio. Scopelliti rinnega l`operato di quella che un tempo era la sua più stretta collaboratrice. L`opinione pubblica, intanto, scopre la voragine economica nella quale la città rischia di sprofondare. La vita politica va avanti, e Scopelliti ha sempre l`ultima parola. Per la successione al Comune sceglie il fidato Demi Arena. Il “suo” centrodestra vince ancora, mentre le ombre si addensano. Il caso Fallara non si sgonfia, anzi. La Procura lavora senza sosta. Così come la Dda, che illumina i rapporti poco chiari di alcuni consiglieri comunali, le infiltrazioni nelle società miste, la facilità con la quale la `ndrangheta viene accolta a Palazzo. Arriva la Commissione d`accesso, la sua relazione è impietosa: il Comune è in mano ai clan. Il governatore è nella tormenta e reagisce come un animale ferito. Attacca le «lobby», i «nemici della città», i «giornalisti cialtroni», paventa complotti e trame da carbonari alle spalle del suo “modello”. Non serve, perché il ministero manda tutti a casa e scioglie il Consiglio eletto. È il primo – vero, duro – contraccolpo in una carriera che come contrappunto aveva avuto solo le tante medaglie al petto.
LA CADUTA
La Procura che indaga sulle spese folli a Palazzo San Giorgio chiede e ottiene il rinvio a giudizio dell`ex sindaco. Scopelliti è imputato per falso in atto pubblico e abuso d`ufficio. La difesa ha come architrave il principio secondo cui è legittima l`ignoranza dell`organo politico riguardo all`operato dei dirigenti.
Il governatore, una laurea in Economia e commercio, dice: «Firmavo atti che non leggevo». Il Tribunale demolisce la tesi con un colpo di sentenza e di martello: il governatore è condannato, l`effetto domino destinato a partire. La legge Severino impone la sospensione dall`incarico di presidente della giunta, e la lunga parabola tocca il suo punto discendente.
Il ragazzo dall`ombra d`oro, diventato nel frattempo uomo capace di chiedere sempre di più al suo destino di politico, oggi è un capopopolo battuto, senz`armi. Scopelliti non è morto politicamente. Ma il “buco” sfruttato per raggiungere gli onori alla fine lo ha risucchiato. E si è chiuso sopra di lui. (0020)
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