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OPERAZIONE DEUS | Le mire del clan sulla centrale di Rizziconi

REGGIO CALABRIA Lavori. Appalti. Costruzioni. Manutenzioni. Servizi. Il rosario degli interessi mafiosi all’interno delle amministrazioni comunali si ripete analogo di Comune in Comune, di città in…

Pubblicato il: 03/06/2014 – 22:00

REGGIO CALABRIA Lavori. Appalti. Costruzioni. Manutenzioni. Servizi. Il rosario degli interessi mafiosi all’interno delle amministrazioni comunali si ripete analogo di Comune in Comune, di città in città. Rizziconi non faceva eccezione. Secondo quanto svelato dall’inchiesta “Deus”, per il clan Crea, tutto ciò che ruotava attorno alla pubblica amministrazione era occasione di far quattrini e l’ascesa di un sindaco irreprensibile e inavvicinabile per i “padroni” del paese non era semplicemente un affronto. Ma soprattutto un attacco frontale ai bilanci del clan, che lì avevano sempre avuto la possibilità di scegliere tutto. Quali lavori e appalti gestire direttamente e quali affidare a ditte amiche. Quali rivendicare e quali potevano in fondo far gestire all’amministrazione comunale. Anche quando a capo del Comune di Rizziconi c’era il sindaco Bartuccio, i Crea non hanno smesso di provarci. È quanto successo ad esempio con l’appalto per la sicurezza della centrale elettrica della Rizziconi Energia, che già in passato – racconta il sindaco, riportando le parole del responsabile dell’impianto Musumeci – alcuni esponenti della precedente amministrazione avevano sperato di poter utilizzare per costruire le proprie clientele. Addirittura avrebbero anche predisposto un elenco di assunzioni che la sede centrale di Genova avrebbe serenamente ignorato. Ma i Crea non volevano solo qualche posto i lavoro per i loro “sodali” o “sudditi”. Quello a cui ambivano era l’appalto da 300mila euro l’anno per la gestione della sicurezza nella centrale, da affidare alla ditta amica degli imprenditori Lombardo, la Securpol.

Un obiettivo per il quale il clan non avrebbe esitato a mettere la faccia e la firma, spedendo uno dei suoi uomini più noti – Domenico Crea, “Scarpa Lucida” – direttamente dal sindaco, con messaggi ambigui ma dal cristallino contenuto intimidatorio. Secondo le indagini, ancor più esplicito, Mimmo Crea lo era stato con l’allora consigliere comunale Osvaldo Casella, cui aveva detto chiaramente che il figlio del boss, il latitante Giuseppe Crea, voleva che l’appalto per la sicurezza andasse alla Secupol. “La cosca – annotano gli inquirenti – si dimostrava, pertanto, determinata ad imporre, nel proprio territorio di riferimento, un’azienda, evidentemente, gradita e tale volontà doveva arrivare a conoscenza del primo cittadino e al responsabile della centrale elettrica”. E dopo le parole sono arrivati i proiettili. Contro la guardiola dei vigilantes della centrale a fine agosto prima e a fine novembre poi arriva una pioggia di proiettili. Immediatamente sentito dagli investigatori, il direttore della centrale Musumeci non ha dubbi: l’atto intimidatorio poteva essere collegato solo all’imminente scelta dell’istituto di vigilanza, dovuta alla scaduta del contratto per la Europol. E gli ulteriori elementi di conferma non tarderanno ad arrivare. Monitorando le utenze degli imprenditori Lombardo, gli investigatori a soli dieci giorni dal primo attentato intimidatorio, ascoltano il figlio dell’imprenditore di Villa, Giuseppe Lombardo, comunicare al responsabile della centrale elettrica che entro la settimana gli avrebbe fatto pervenire un preventivo, ma riescono a monitorare anche diversi contatti diretti – telefonici e non – fra “Scarpa Lucida” e Osvaldo Lombardo.
Ma questo non era l’unico appalto che i Crea rivendicavano per sé. Anche l’appalto di pulizia strade era nell’orbita dei Crea. O meglio, i Crea hanno fatto di tutto perché lo mantenesse la ditta Futura Società cooperativa di Domenico Cardaciotto, quando l’amministrazione comunale, alla scadenza del contratto, ha deciso di rendere più trasparente il capitolato di gara, allargando a tutte le imprese (e non alle sole cooperative) la possibilità di partecipare. Curiosamente però, nonostante il differente indirizzo politico, il nuovo bando prevedeva solo lievi modifiche cosmetiche, lasciandolo sostanzialmente invariato nella sostanza e per di più non era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dunque poteva essere soggetto ad impugnazione. Circostanze troppo curiose per il sindaco Bartuccio, che agli investigatori ha finito per raccontare anche del giro di mazzette che non solo in precedenza, ma anche nei mesi della sua amministrazione ruotava attorno all’appalto. A beneficiarne – stando a quanto riferito dal sindaco – sarebbe stato l’ex consigliere comunale Girolamo Cutrì, uomo considerato vicino ai Crea, che sarebbe arrivato ad interessare addirittura l’ex parlamentare Elio Belcastro. “I rappresentanti della cosca Crea – valutano gli inquirenti – cominciavano ad essere turbati dalle iniziative intraprese dal sindaco Bartuccio: questi, infatti, mantenendo un atteggiamento irreprensibile e volto al perseguimento dell’interesse pubblico, non sembrava curarsi delle conseguenze delle sue prese di posizione, che avrebbero potuto generare una nuova presa di coscienza nei concittadini, intaccando uno status quo ed una corruzione ambientale che, a Rizziconi, sembravano essere consuetudine. Tali prese di posizione, quindi, non potevano che infastidire ulteriormente i componenti della cosca Crea, di certo abituati al dominio incontrastato sul territorio di Rizziconi e allo stato di intimidazione esercitato sulla classe politica e sull’intera “società civile”. Un dominio che permetteva loro di accaparrarsi gli appalti e i lavori anche se formalmente assegnati ad altre ditte, come nel caso dell’appalto di somma urgenza assegnato dal Comune a Ciappina e Cutrì della contrada Cannavà per sanare una voragine che si era creata accanto ad un’abitazione, ma in realtà eseguiti dai mezzi e con autisti della ditta Ediltra srl, ovvero l’azienda gestita direttamente da Antonio Crea “u Malandrinu”, nonostante la confisca, oppure di bloccare a tempo indeterminato lavori sgraditi. È il caso degli alloggi che il Comune, grazie a un finanziamento regionale avrebbe potuto costruire fin dal ’98 su un terreno confiscato al clan, ma la cui realizzazione è stata procrastinata per inspiegabili problemi burocratici. “Determinante – argomentano gli inquirenti – deve essere stato l’influenza della cosca Crea sulle amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo a Rizziconi, tenuto conto che, proprio in merito alla destinazione d’uso dei beni confiscati, la cosca aveva fatto conoscere ben presto al sindaco Bartuccio i suoi desiderata: l’utilizzo del bene per fini sportivi e non realizzazione di alloggi popolari”. Un messaggio che la ‘ndrina aveva trasmesso al primo cittadino anche tramite l’allora assessore Domenico Rotolo, che a Bartuccio aveva riferito che il clan aveva interesse “al momento della definizione del Piano regolatore”. Un personaggio fondamentale, quello dell’ex assessore, che più volte – stando a quanto emerge dall’ordinanza – si sarebbe fatto latore dei desiderata dei Crea. Un ruolo analogo a quello dell’ex consigliere comunale Girolamo Cutrì, ex consigliere comunale, mentre il suo collega Vincenzo Alessi, è ritenuto “uomo nella totale disponibilità di Antonio Crea”. Tutti personaggi – si legge nell’ordinanza – “che gravitano nel mondo politico istituzionale rizzìconese ma che sono risultati a disposizione della famiglia Crea per il soddisfacimento dei loro interessi criminali”. (0050)

 

Alessia Candito

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