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Dimissioni? Prima la Lanzetta

In ordine alla singolare sortita del ministro Lanzetta, coraggiosamente disponibile a sacrificarsi a fare il ministro, transitando direttamente dalla farmacia di Monasterace a Palazzo Chigi senza l…

Pubblicato il: 09/07/2014 – 15:05

In ordine alla singolare sortita del ministro Lanzetta, coraggiosamente disponibile a sacrificarsi a fare il ministro, transitando direttamente dalla farmacia di Monasterace a Palazzo Chigi senza la mediazione elettorale il cui contenuto è stato già autorevolemente stigmatizzato sul versante mediatico, soccorre l’eloquente brocardo: medice cura te ipsum. Infatti l’ex sindaco di Monasterace, improvvisatasi vestale di una logica democraticamente autoritaria, impartisce urbi et orbi il perentorio appello a cinquanta consiglieri regionali condannati al disprezzo, all’insulto e alla gogna ma pur sempre espressi dall’urna e non da chiamate ad personam a mettersi da parte, poiché il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti è stato sospeso dalla carica per fatti – sub judice – comunque rigorosamente estranei alla regione e ben perimetrati al Comune di Reggio Calabria.

Deragliando impietosamente sul terreno di una improponibile egemonia culturale-legalitaria, cannoneggiando fantomatici effetti collaterali sul consiglio regionale che continua a operare con il conforto della normativa statale, regionale sia di natura statutaria che regolamentare. In questo contesto il ministro, più briosa farmacista che politica, agita il grimaldello giustizialista, tentando di far saltare l’antagonista (anche intramoenia) che non si riesce diversamente a battere ricorrendo in ottima compagnia (Magorno) al coro di indiscriminato biasimo anche in vista delle diverse scadenze elettorali che attendono la Regione Calabria nella cui cornice si disegnano perfide strategie volte a sterilizzare prioritariamente eventuali endemici concorrenti alla presidenza dell’esecutivo calabrese. Ma le rivoluzioni non si fanno ammazzando la gente così come ebbero a dire gli eredi di Casalegno trucidato dalle Brigate rosse. Ne deriva che il ministro Lanzetta che infoltisce la già folta schiera di orfani, vedove, prefetti discussi e discutibili, magistrati omologabili (nella cui ottica però Nicola Gratteri è stato prudentemente tenuto alla larga perché vertebrato) dovrebbe lodevolmente fornire il buon esempio, rassegnando immediatamente le dimissioni per riscattare dignitosamente l’assordante silenzio che l’ha contraddistinta nella soppressione della sezione reggina del Tar Calabria, frettolosamente decretata dal governo del quale fa parte assieme ad altri fin qui defilati reggini, l’indifferenza registrata nell’ottica del più volte ventilato trasferimento dell’Agenzia dei beni confiscati, Scuola superiore della pubblica amministrazione, confermando la pressoché inutile presenza della sacerdotessa ionica all’interno di un governo che umilia le più ispirate esperienze colonizzatrici borboniche o piemontesi abbandonando due servitori della Repubblica essendo ormai innegabile che i nostri marò siano stati “adottati” dal sempre più intransigente Stato indiano.

Tuttavia, il ministro Lanzetta non è la sola ad abbeverarsi alla fonte dell’intransigente furore islamico, visto che il segretario del Pd Magorno, con sospetta sincronia austro-ungarica, converge sul nervo scoperto delle dimissioni dal consiglio regionale e quale integerrimo apostolo “anti-inciucio”, con populismo linguistico che ricorda quello degli esordi di Umberto Bossi, evocando intrighi e quant’altro, scaglia l’anatema disinquinante ai consiglieri tramanti (?) del gruppo Pd. Dimenticando che egli stesso è stato colpito da una forma incurabile di afasia che lo ha “costretto” al mutismo totale di fronte alle conclamate incursioni di esponenti del centrodestra nelle recenti primarie del Pd reggino, alle vicende della “De Rose corporation”, che ha offeso e diffamato la Calabria intera per via di talune capricciose rotative, all’incredibile omesso recupero di oltre trenta milioni di euro da parte della Regione Calabria nei confronti di imprenditori inadempienti, De Rose incluso, oggetto di un’opportuna interrogazione parlamentare pentastellata e al totale disinteresse per le vicende del Tar reggino, Agenzie dei beni confiscati, Scuola superiore di pubblica amministrazione. Mentre sicuramente gli incontri conviviali e (non) da sindaco di Diamante con altissimi esponenti del centrodestra calabrese erano finalizzati esclusivamente alla gestione della res pubblica della cittadina tirrenica e no, come malignamente si sussurra, a pianificare approdi (rientrati) dello stesso alle falange del centrodestra. Aveva proprio ragione Aristotele, quando sosteneva che “la virtù più grande di un uomo è il senso del proprio limite”. Il binomio Lanzetta-Magorno in questa circostanza non ha dimostrato alcun senso del limite.

 

*Presidente della Commissione speciale di vigilanza

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