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Una ricetta per guarire la sanità calabrese

La sanità è divenuta (a ragione) la materia più di moda, tra le minacce di un’Ebola che spaventa e la scelta del governo di incidervi finanziariamente. La legge di stabilità se ne è occupata indirett…

Pubblicato il: 18/10/2014 – 12:57
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Una ricetta per guarire la sanità calabrese

La sanità è divenuta (a ragione) la materia più di moda, tra le minacce di un’Ebola che spaventa e la scelta del governo di incidervi finanziariamente. La legge di stabilità se ne è occupata indirettamente, ma in modo deciso, tanto da suscitare la rivolta (moderata) dei governatori regionali. La ribattezzata legge finanziaria – che sarà sotto esame dell’Unione eurooea sino al prossimo 29 ottobre – arriva infatti ad intervenire sul sistema della salute imponendo tagli alle Regioni per complessivi 4 mliardi di euro. Va da sé che le stesse dovranno ivi intervenire. Come? Rinsavendone l’apparato, ma non solo quello sanitario (in Calabria dovrebbe incidere per 65/70 milioni!).

Il problema è quello di capire se una tale mission sia o meno possibile. Io sono tra quelli che propendono per la tesi favorevole. In decenni di uno specifico interesse scientifico, ne ho visto di cotte e di crude, tanto da convincermi che le Regioni potranno benissimo essere adempienti alla cura dimagrante pretesa dal governo Renzi. Riusciranno a farlo, beninteso, sempreché siano disposte a mollare il loro attuale ruolo gestorio, costosissimo, ingombrante e produttivo degli sprechi finalizzati a creare eserciti di clienti.

È periodo di elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria. Sarà un esame per entrambe, ma anche una bella sfida. La prima è avvantaggiata rispetto alla seconda, perché con una sanità d’eccellenza. Quest’ultima deve essere brava a scrollarsi di dosso i più razionali vizi, le solite defaillance che ne hanno caratterizzato il percorso istituzionale e condizionato negativamente la perfomance che non trova di peggio nel Paese. Troppi i compromessi trasversali e gli innumerevoli consociativismi tra “guardie e ladri”. In proposito, molto bello l’articolo del sempre attento Pietro Bellantoni, pubblicato sul cartaceo di questa rivista dal titolo “Regione fuorilegge”. Un concentrato di verità.

Per la Calabria un bell’esame da superare da qui al 23 novembre prossimo. L’ultimo. L’elezione autunnale costituirà la prova generale di come i cittadini sapranno essere tali, meglio diventarlo viste le esperienze trascorse, ove non sono stati in grado di scegliere nel loro generale interesse.

Da qui, la necessità proporre qualche considerazione sulla realtà utile al percorso propositivo del candidato a governatore, così come di quelli che aspirano a divenire consiglieri regionali.  Un cittadino che si propone al giudizio degli elettori, specie in cariche così importanti, deve prioritariamente avere un grande rispetto dei suoi “esaminatori”. Con questo deve possedere argomenti progettuali seri e praticabili nonché renderli comprensibili, tanto da facilitare il confronto  costruttivo con chi sarà chiamato ad eleggere i propri rappresentati. Ciò che conta è, infatti, il voto consapevole per far sì che possano essere assunte, poi, le decisioni più utili alla collettività, possibili solo senza avere, a valle, chi rivendica corrispettivi affaristici, lobbistici e clientelari. I cittadini elettori dovranno quindi essere messi in condizioni di votare per chi programma nell’interesse generale e non per chi promette privatamente. Per chi conosce meglio gli argomenti e propone soluzioni percorribili. Per chi ama le istituzioni tanto da ritenere la sua presenza nelle istituzioni elettive come atto di servizio pubblico e a tempo determinato, ove dare il meglio. Per chi ha l’umiltà di imparare ciò che deve fare ma soprattutto ciò che serve alla collettività.

L’argomento principe la sanità e la sua uscita dal commissariamento. Una bestia nera per la Calabria. Maltrattata perché commissariata (il primo, per emergenza di protezione civile; l’ultimo quello di Scopelliti/Pezzi) e dunque sottratta (giustamente), per le colpe di taluni, alla gestione ordinaria. Perché da sempre senza una progettualità adeguata. Una sanità tutta in consegna assoluta alla politica che ne ha fatto una cosa propria da gestire attraverso manager, spesso incapaci, che – nonostante i buchi prodotti per anni nelle aziende assegnate loro – hanno continuato imperterriti a gestire nell’interesse dei loro patron. Di conseguenza, un sistema della salute che ha collezionato una filiera di “primari” e di dirigenti che non dovevano essere tali per la corretta regola che imporrebbe la meritocrazia reale.

Si è così andati avanti facendo finta di garantire una sanità che non c’era; omettendo per anni il debito che si accumulava nella totale incoscienza; vantando capacità salvifiche di risanamento, utilizzando esclusivamente le “leve” dell’indecenza, fatte di un blocco del turnover che ha naturalmente decrementato una spesa corrente di milioni di euro; consentendo pagamenti indebiti di extrabudget agli erogatori privati, ricorrendo persino a lodi arbitrali che davano torto a vere e proprie sentenze; offendendo la dignità di quei medici, che decimati all’osso, hanno consentito alle persone di non morire nei pronto soccorso (e non solo), altrimenti deserti; facilitando la vita alla c.d. medicina di famiglia, tanto corteggiata dai partiti per infoltire le loro liste e incrementare i loro eletti; favorendo la presenza delle cooperative che esercitano il più moderno caporalato che gestisce milioni di euro e sono funzionali per dribblare il blocco delle assunzioni e il ricorso alla concorsualità; consentendo per decenni il regime di prorogatio dei contratti (per esempio di pulizia e affine) che dovrebbero naturalmente essere oggetto di procedure agonistiche, sulle quali le autorità vigilanti, sia interne che esterne, si sono (forse) girate dall’altra parte e così via.

Questa volta sarà più dura, anche a causa della presenza guardiana dei grillini. Solo che si voglia  guadagnarsi uno scranno, al corretto candidato compete la critica e la proposta. Una proposta che sia dettagliatamente elaborata, sulla quale i cittadini hanno il dovere o meno di puntare la loro fiches, così come si fa alla roulette. Ciò nella consapevolezza che in gioco c’è la vita dei loro cari e l’investimento per i loro figli. Una logica trascurata sino ad oggi supponendo che l’ottenimento del favore privato sarebbe stato, illusoriamente, sufficiente per guadagnare una vita decorosa. Non è stato e non sarebbe così.     

*Docente Unical

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