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Montepaschi, per Mussari tre anni e sei mesi di carcere

Tutti condannati a Siena al primo processo Mps per ostacolo alla vigilanza: tre anni e sei mesi ciascuno per l’ex presidente del Montepaschi, il catanzarese Giuseppe Mussari (difeso da Fabio Pisillo…

Pubblicato il: 31/10/2014 – 17:56
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Montepaschi, per Mussari tre anni e sei mesi di carcere
Tutti condannati a Siena al primo processo Mps per ostacolo alla vigilanza: tre anni e sei mesi ciascuno per l’ex presidente del Montepaschi, il catanzarese Giuseppe Mussari (difeso da Fabio Pisillo e Tullio Padovani), per l’ex direttore generale, Antonio Vigni (assistito da Franco Coppi, Roberto Borgogno e Enrico De Martino) e per l’ex capo dell’area finanza, Gianluca Baldassarri (difeso da Filippo Dinacci e Stefano Cipriani). I pm avevano chiesto per Mussari 7 anni e 6 anni a testa per Vigni e Baldassarri. I difensori – che si sono detti molto sorpresi della sentenza – hanno annunciato che faranno appello, e per questo le condanne non saranno eseguibili. I tre imputati sono stati condannati anche a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e a risarcire i danni alla Banca d’Italia, unica parte civile ammessa nel processo. Si è concluso così, dopo un camera di consiglio durata circa 4 oredel tribunale presieduto da Leonardo Grassi, il processo con rito immediato contro gli ex vertici dell’istituto senese, usciti dalla banca tra la fine del 2011 (Vigni e poi Baldassarri) e l’aprile del 2012 (Mussari).
Cuore del processo – cominciato il 26 settembre 2013 – era il presunto occultamento di un contratto, il cosiddetto “mandate agreement”, che sarebbe stato fondamentale per capire il senso finanziario di una operazione, colossale per entità e molto complessa per struttura, realizzata nel 2009 con la banca giapponese Nomura: la famosa ristrutturazione del derivato Alexandria attraverso l’acquisto di 3 miliardi di Btp servita per spalmare 220 milioni di perdita di quell’anno nei successivi 25 anni. Tra maggiori interessi e costi occulti, per Mps il costo dell’operazione è stato di oltre 300 milioni. Secondo l’accusa dei pm senesi Aldo Natalini, Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso l’operazione venne realizzata in ostacolo alla Vigilanza della Banca d’Italia perché quel contratto quadro, se fosse stato presentato agli ispettori, avrebbe consentito di leggere in maniera differente le varie parti dell’operazione e ne avrebbe imposto un’altra contabilizzazione a bilancio. Proprio per questo a febbraio 2013 i nuovi vertici di Mps, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, hanno corretto il bilancio con una ulteriore perdita di 700 milioni causata da Alexandria e da Santorini, un’operazione gemella che era stata realizzata con Deutsche Bank. Mps è costretta anche per questo a chiedere 500 milioni in più di aiuti di Stato nel giugno del 2012, portando a 4,07 miliardi il totale dei Monti bond. Quel mandate era custodito nella cassaforte di Antonio Vigni, l’ex direttore generale. Non era mai stato esibito alla Banca d’Italia. Pur essendo protocollato e citato in vari documenti, anche Viola ne ebbe contezza solo il 20 settembre, e l’originale firmato fu trovato solo il 10 ottobre. Solo a novembre di quell’anno poi Viola seppe da una mail di Nomura che la perdita effettiva era di 220 milioni.
Secondo l’accusa, ristrutturare Alexandria consentì a Mps di chiudere in utile e pagare la cedola di 1 centesimo ai soli azionisti di risparmio e quindi anche ai bond, a cominciare dal Fresh, il finanziamento da 1 miliardo realizzato da Jp Morgan. Sia le modalità del Fresh sia tutta l’operazione finanziaria per comprare Antonveneta per 9 miliardi in contanti dal Santander sono finiti alla procura di Milano, competente per l’aggiotaggio.
Secondo il pm Grosso, “mussari è stato il regista di un film drammatico”, con attori Vigni e Baldassarri, che «ha lasciato un’eredità pesante tale da minare non solo il Monte dei Paschi ma anche per la credibilità dell’intero sistema bancario italiano». Il riferimento del magistrato è alle attuali traversie di Mps, che in borsa oggi ha perso un altro 10% dopo la bocciatura agli stress test della Bce. Da lunedì ha perso oltre il 40% e oggi vale circa 3,1 miliardi di euro. Anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha detto oggi che la situazione di Mps sia legata alla “malagestio” della precedente gestione.
Sia Mussari sia Vigni hanno sempre smentito la ricostruzione dell’accusa e ricollegano l’operazione al periodo di crisi post-Lehman Brothers. «Alexandria non era in perdita», ha ripetuto più volte Vigni, ma «c’era un rischio potenziale. Se fosse andato in default il danno economico sarebbe stato di 400 milioni, quello reputazionale, inimmaginabile». E Mussari: «Se venivi colpito dalla peste dei titoli tossici sul mercato si sarebbe pensato che potevi averne ancora».
Ma era così difficile capire di che tipo di operazione si trattasse, visto che era una «operazione che non esiste in natura», come ha spiegato in aula l’ex ispettore della Banca d’Italia, Giampaolo Scardone? L’ex ispettore ha riconosciuto in aula che il collegamento tra le due parti del contratto (la ristrutturazione di Alexandria e l’acquisto di 3 miliardi di Btp a scadenza nel 2034 finanziati da Nomura con un «long term repo», cioè un pronti-contro-termine a 30 anni) era evidente nei fatti ed era l’unica ipotesi che spiegasse la ragione economica di due operazioni avvenute lo stesso giorno, con le stesse controparti, in cui in una era Nomura a perdere, nell’altra invece Mps. Ma nonostante il collegamento emergesse anche da alcuni documenti interni di Mps «mancava la prova provata del collegamento». Bankitalia aveva avviato tra il 2011 e il 2012 una ispezione sui rischi di liquidità, visto che l’esposizione in Btp aveva messo a rischio la «sopravvivenza» della stessa banca.
Un punto della sentenza che oggi i legali hanno fatto notare è che la corte ha spostato il capo di imputazione dal comma 1 al comma 2 dell’articolo 2638 del codice civile sul l’ostacolo alla vigilanza: non avrebbe cioè considerato il pericolo è la condotta ingannatoria ma l’evento concreto, cioè l’ostacolo. Dal canto loro i magistrati sono soddisfatti perché l’ostacolo alla Vigilanza è stato provato. 
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