Processo "Mozart", richiesta l'assoluzione di Matacena
REGGIO CALABRIA Assoluzione per Amedeo Matacena e per tutti i coimputati. È questa la richiesta avanzata dal pg Alberto Cianfarini alla Corte d’appello presieduta da Rosalia Gaeta al termine della su…

REGGIO CALABRIA Assoluzione per Amedeo Matacena e per tutti i coimputati. È questa la richiesta avanzata dal pg Alberto Cianfarini alla Corte d’appello presieduta da Rosalia Gaeta al termine della sua requisitoria al processo d’appello “Mozart”. Il procedimento che, in primo grado, ha visto l’ex parlamentare di Forza Italia – oggi latitante a Dubai – condannato a quattro anni per corruzione in atti giudiziari perché riconosciuto colpevole di aver corrotto l’allora presidente del Tar di Reggio Calabria, Luigi Passanisi, pur di ottenere sentenze favorevoli alla “Ulisse shipping” e alla “Amedeus spa”, entrambe operanti nel settore del trasporto marittimo. Due società – affermano i giudici in sentenza – che l’ex politico di fatto governava, pur essendo formalmente amministrate rispettivamente all’avvocato Salvatore Rijili e da Giuseppe Praticò, anche lui oggi imputato e difeso dall’avvocato Aldo Labate.
Accuse che per il pg non hanno ragione d’essere. Per Cianfarini, infatti, il quadro probatorio emerso dagli atti del procedimento non sarebbe sufficiente a provare la colpevolezza di nessuno degli imputati coinvolti. Per questo, per la pubblica accusa, la Corte non può che assolvere dalle contestazioni a loro carico l’ex presidente del Tar Calabria Luigi Passanisi, la moglie Gabriella Barbagallo, lo storico collaboratore di Matacena, Martino Politi, come pure Cesare Giglio, definito dai giudici di primo grado «abile mediatore del pactum sceleris» perché su mandato di Matacena non solo avrebbe avvicinato Passanisi, ma avrebbe fatto anche da tramite fra quest’ultimo e Martino Politi, Giuseppe Praticò, formale amministratore di una delle società, ma anche Graziella Fedele e Giovanni Tedesco.
Per il Tribunale di primo grado, presieduto dal Tribunale Olga Tarzia, erano tutti a vario titolo coinvolti nella manovra con cui nel 2005, Amedeo Matacena – reale dominus della Ulisse Shipping e della Amedeus spa – avrebbe deciso di “ammorbidire” l’allora presidente del Tar Calabria, Luigi Passanisi, pur di risolvere in proprio favore quel contenzioso che la Amedeus fin dal 2000 aveva con l’Ufficio marittimo di Villa San Giovanni e le Ferrovie dello Stato. «Matacena – sottolineano i giudici nella sentenza di primo grado – era titolare di una posizione economica in capo alla quale sussisteva un forte interesse ad operare nel settore della navigazione marittima nello Stretto di Messina; interesse frustrato, tuttavia, dall’ostacolo frapposto dall’Ufficio marittimo di Villa San Giovanni, che nel 2000 aveva rigettato l’istanza della società Amadeus s.p.a. finalizzata a ottenere l’accosto nell’invasatura “0” del porto di Villa San Giovanni, utilizzata all’epoca esclusivamente dalle Ferrovie dello Stato e considerata assolutamente necessaria per lo svolgimento dell’attività di traghettamento nello Stretto di Messina, in quanto il porto di Villa San Giovanni costituiva l’unico approdo che consentiva il trasporto di merci e di persone tra la Calabria e la Sicilia in tempi concorrenziali».
LE INTERDITTIVE ANTIMAFIA Un’autorizzazione contro cui Matacena inizia una lunga battaglia in sede legale, ma che si allontana sempre più dall’orizzonte dell’armatore non solo a causa del “no” testardo dell’Ufficio marittimo, ma anche perché nel corso degli anni e delle schermaglie in tribunale, a complicare ulteriormente la situazione, nel 2004 arrivano due decreti della Prefettura di Roma che attestano un pericolo di condizionamento della società da parte della criminalità organizzata. Interdittive contro cui l’ex politico fa ricorso di fronte al Tar Calabria, all’epoca retto dal giudice Passanisi. «Può affermarsi – si legge nella sentenza di primo grado – che questo è il momento topico che vede intersecarsi le figure di di Matacena Amedeo e di Passanisi Luigi, in quanto in quell’epoca il presidente della sezione di Reggio Calabria del Tar Calabria era quest’ultimo e tutte le successive fasi della vicenda contenziosa relativa alla richiesta di approdo allo scivolo “0” da parte della Amadeus s.p.a. sono state scandite da numerose pronunce dell’Ufficio giudiziario diretto dal citato Passanisi Luigi». Un personaggio che Matacena avrebbe deciso di avvicinare per ottenere sentenze non solo favorevoli, ma soprattutto in grado di passare indenni anche al vaglio del Consiglio di Stato. Un piano che Matacena non avrebbe portato avanti da solo.
GLI “ABILI MEDIATORI” AL SERVIZIO DI MATACENA A condurre per l’ex deputato la trattativa sarebbe stato Martino Politi, ex dipendente della segreteria di Matacena nei suoi anni da parlamentare, formalmente dipendente della società Amedeus, ma per i giudici soprattutto un «fedelissimo» dell’ex politico, «lo shadow chief executive officer» (amministratore delegato ombra) in seno all’organizzazione dell’ente con il compito di curarne gli affari più importanti e di riferire tutto ciò che accadeva al suo manager effettivo, ossia Matacena. Ed è proprio ascoltando le conversazioni intercorse fra Politi e Matacena tra l’ottobre e il dicembre 2005, che gli investigatori riusciranno a ricostruire l’intera vicenda, così come a identificare i personaggi che avrebbero permesso all’ex parlamentare di “agganciare” il giudice, come Cesare Giglio. È tramite Giglio che Passanisi avrebbe fatto sapere non solo di essere disponibile a un aggiustamento, ma anche a farlo su misura. «Io – afferma il factotum riferendo le parole di Passanisi apprese da Giglio – dovrei emettere una sentenza per dire che non doveva essere chiesta la certificazione Antimafia per l’accosto però non voglio entrare nel merito… mi ha detto a me quella sera, me l’ha detto…”, dice… “…perché voglio che si vada al Consiglio di Stato … però se voi volete.. lui può entrare nel merito».
IL GARANTE ALBERTO SARRA Una disponibilità totale che forse – suggeriscono i giudici – si spiega anche in ragione del «ruolo determinante di intermediario» che nella vicenda avrebbe giocato l’attuale sottosegretario regionale Alberto Sarra, mai indagato, ma la cui posizione è – per decisione del Tribunale del primo grado – oggi al vaglio della Procura. Il sottosegretario vicino – per ammissione dello stesso giudice – a Passanisi, è in ottimi rapporti sia con Cesare Giglio – nel 2006 sosterrà con convinzione la candidatura del figlio Vincenzo alle provinciali – sia con Politi, che a lui ricorre come «garante» degli accordi presi. La presenza del politico – considerato insieme a Giglio dagli inquirenti «il tramite essenziale per far incontrare le volontà di Matacena Amedeo e di Passanisi Luigi – sarà determinante il 5 ottobre 2005, quando Matacena, concordate con Politi le modalità di pagamento del “disturbo del giudice”, avrebbe ordinato al suo factotum di riferire il tutto a Passanisi tramite Giglio, ma solo alla presenza del Sarra. «Senti, però tu glielo dici a lui, dopodiché questa cosa gliela devi ripetere di fronte ad Alberto, eh? – dice infatti Matacena a Politi, ascoltato dalle cimici – O meglio gliela dici direttamente di fronte ad Alberto». Tuttavia il giudice Passanisi, secondo l’accusa, dopo aver scoperto di essere intercettato, avrebbe fatto rapidamente marcia indietro mandando all’aria gli accordi presi. Una ritirata precipitosa, che comunque non lo salverà né dal procedimento penale – durante il quale si è sempre proclamato innocente – né dalla condanna a tre anni e sei mesi, nonché all’immediata risoluzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it