Il ritorno di Fubini nella città dei Tre Colli
CATANZARO Due anni e mezzo fa, Catanzaro era nel pieno dell’ennesima campagna elettorale: da una parte Sergio Abramo e dall’altra Salvatore Scalzo. Federico Fubini aveva visto in quel trentenne candi…

CATANZARO Due anni e mezzo fa, Catanzaro era nel pieno dell’ennesima campagna elettorale: da una parte Sergio Abramo e dall’altra Salvatore Scalzo. Federico Fubini aveva visto in quel trentenne candidato dal centrosinistra lo stesso spirito che aveva animato, pochi mesi prima, la primavera araba e i venti di rinnovamento in mezza Europa e così aveva scelto di seguire da vicino lo scontro tra un candidato che politicamente appariva come Davide contro il Golia dell’imprenditoria e della politica catanzarese. Allora, Federico Fubini, giornalista che in quel periodo scriveva di economia per il “Corriere della Sera” mentre oggi scrive per “La Repubblica”, scoprì non solo tutto ciò che rappresentava il progetto di Scalzo, ma conobbe anche una realtà economico-politica complessa: la città di Catanzaro rappresentava uno specchio che amplificava le storture di un sistema di potere e cointeressenza tra politica e imprenditoria e queste furono al centro dell’analisi del suo ebook edito da Mondadori “La Cina siamo noi”, in cui coniava l’appellativo di “Bangalore d’Italia” per descrivere Catanzaro e i suoi call center.
Dal 2012 ad oggi, però, Federico Fubini ha continuato a seguire il caso Catanzaro. Con l’occhio da economista a cui ha affiancato la capacità di osservare i fenomeni sociali grazie alla sensibilità umana di cui è dotato, Fubini ha mantenuto i contatti con la città dei Tre Colli grazie alle persone conosciute durante l’esperienza elettorale. Tra questi, Maurizio Caligiuri, da anni impegnato a lavorare all’integrazione dei cittadini di etnia rom a Catanzaro. Nasce così un’intera parte del nuovo libro di Fubini, “La via di fuga”, dedicata a Catanzaro. Dal focus su viale Isonzo, numero 222, il terreno in cui alcuni politici costruiscono il loro consenso elettorale grazie ai voti dei rom, fino al lavoro di Gerardo Dominijanni, il procuratore catanzarese che con le sue inchieste aveva sollevato il velo sul mercato dei voti in città, passando per le relazioni tra Floriano Noto e Domenico Tallini, tra imprenditoria e politica. Il capitolo, intitolato “Geometra nel ghetto”, inizia con una citazione dell’economista Friedrich Von Hayek: “Quando il potere economico è centralizzato, in quanto strumento di potere politico crea un livello di dipendenza difficilmente distinguibile dalla schiavitù”. Fubini, nel primo spaccato su Catanzaro, racconta la storia di Gianpietro, metà zingaro, metà italiano, geometra diplomato. Un “mezzosangue” le cui difficoltà di emancipazione dal contesto sociale di viale Isonzo, 222 sono molteplici. L’espediente narrativo, rigorosamente “non fiction”, ci tiene a sottolineare Fubini parlandone, è funzionale al racconto di una Catanzaro di mezzi toni, in cui il consenso elettorale si ottiene anche con metodi poco leciti e con promesse elettorali al sapore amaro di voto di scambio. Ed è funzionale a spiegare il rapporto tra creazione del debito, del bisogno e consenso elettorale.“Nei giorni scorsi – ha spiegato Fubini durante la presentazione del libro al Museo delle arti di Catanzaro al fianco di Salvatore Scalzo, Maurizio Caligiuri e Armando Vitale, presidente dell’associazione “Gutenberg” – è stata pubblicata la classifica della qualità della vita nelle città italiane. Ho voluto fare un confronto tra qualità della vita, reddito procapite e affluenza alle elezioni: è venuto fuori un quadro a mio avviso chiaro di come il consenso politico, nelle città che affollano la parte bassa della classifica, sia raccolto con metodi quantomeno controversi”.
I dati, infatti, sono emblematici: in media, l’affluenza alle elezioni politiche nelle ultime città della classifica (tra cui i cinque capoluoghi di provincia calabresi) è più bassa di 20-25 punti percentuali rispetto a quella delle elezioni comunali, mentre nelle città di testa il dato è praticamente invertito.
Lo scostamento è un segnale chiaro e Fubini incalza: “A Catanzaro ci sono 15.000 voti in più alle comunali rispetto alle politiche: con questi numeri, si vincono le elezioni…”. Ma nel libro non c’è spazio solo per la Catanzaro del malaffare, dell’accordo sottobanco, dell’intreccio tra colletti bianchi, politici e zone d’ombra. Un intero capitolo è dedicato a chi ha fatto nascere e sviluppato una sua idea imprenditoriale proprio a Catanzaro e ora, quell’idea, è una delle più importanti aziende del settore informatico non solo nel panorama italiano: il caso (ma forse non è affatto un caso…) ha voluto che quel fiore, ideato da Diego Fasano e chiamato “Connexxa”, nascesse proprio nel cuore del quartiere simbolo del malaffare catanzarese.
Alessandro Tarantino