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MAFIA CAPITALE | Gli affari di Buzzi al Cara di Cropani

VIBO VALENTIA Il legame nasce da un favore, una richiesta di protezione per poter “lavorare” in Calabria. Da una parte c’è Mafia capitale, l’associazione guidata Massimo Carminati, dall’altra una d…

Pubblicato il: 11/12/2014 – 12:20
MAFIA CAPITALE | Gli affari di Buzzi al Cara di Cropani

VIBO VALENTIA Il legame nasce da un favore, una richiesta di protezione per poter “lavorare” in Calabria. Da una parte c’è Mafia capitale, l’associazione guidata Massimo Carminati, dall’altra una delle cosche più potenti della Calabria. Proprio per questo fin dal 2008 nessuno aveva «toccato» Salvatore Buzzi, braccio destro dell’ex Nar, che con la sua cooperativa faceva affari anche a queste latitudini. Il business, prolifico, è quello della gestione dei migranti e dei richiedenti asilo: la “29 giugno” di Buzzi ha gestito il C.a.r.a. di Cropani Marina, istituito dal Viminale in un villaggio turistico per sopperire al sovraffollamento del C.p.t. di Crotone. Per l’appalto lo stanziamento complessivo era di circa 1,3 milioni di euro, soldi destinati all’accoglienza di 240 immigrati, per i quali venivano corrisposti dal ministero dell’Interno circa 35 euro l’uno al giorno. All’epoca – è lui stesso a spiegarlo in un’intercettazione datata luglio 2014 – l’imprenditore finito in manette si muoveva su più fronti, dallo Stato all’antistato: «Allora io te dico, quando io stavo a Cropani io… (inc).. poteva venì giù tutti giorni un bambino… scendevo er pomeriggio, salivo su la mattina e ripartivo er pomeriggio.. parlavo con il Prefetto, parlavo con tutti, parlavo con la ‘ndrangheta.. parlavo con tutti. E poi risalivo su».
Furono proprio Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, arrestati oggi dal Ros, a prendere contatti con le ‘ndrine, per conto dell’organizzazione criminale romana, per far lavorare Buzzi in tranquillità. Dapprima i due – ricostruisce l’ordinanza firmata dal gip di Roma Flavia Costantini –, essendo entrambi di Gioia Tauro, si rivolsero ai Piromalli, con cui Ruggiero aveva anche un legame di parentela. Con la mediazione dello storico clan della Piana sarebbero quindi arrivati ai Mancuso, che in cambio della “cortesia” inserirono un imprenditore di Nicotera, di loro fiducia ma «pulito nella legge», nella rete di Mafia capitale.

Buzzi, infatti, racconta a Ruggiero: «Quando siamo andati giù (unitamente a Campennì, ndr) … (parlando in terza persona:) “lui è paesano mio… l’amico mio e via dicendo…” e dico, perchè è paesano mio, “siamo andati” … ma “c’hanno mandato”…. Rocco, lui, è il nipote di Peppe Piromalli … siamo andati.. così funziona dai Mancusi (intende Mancuso, ndr), il perno centrale che comanda.. capito… dice “alt compari, un attimo, parliamo”.. ci siamo messi a parlare “noi siamo .. in questo periodo.. bersagliati.. sappiamo tutto ciò che è successo a Vibo.. noi siamo bersagliati dai Giudici, dai cosi… però chiamiamo un ragazzo… che è pulito nella legge e quindi nello… ok..” ci siamo dati appuntamento e ci ha presentato questo “gingillo” diciamo.. capisci?».
Il «gingillo» è Giovanni Campennì, che così avrebbe curato gli investimenti romani della potente cosca del Vibonese. Come, per esempio, l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino, gestito attraverso la cooperativa Santo Stefano e affidatogli con il diretto consenso di Carminati. È lo stesso Rotolo a ribadire come Campennì fosse diretta espressione dei Mancuso e come avesse ottenuto l’investimento su Roma solo in quanto prestanome di quella cosca: «…È per i Mancuso a iddu u canoscisti…». «È logico.. siccome lui non c’ha niente con la legge.. loro so guardati dalla legge.. e hanno mandato a lui!».

Da un colloquio di Buzzi con Paolo Di Ninno e Guido Colantuono, poi, emerge come la cooperativa Santo Stefano fosse vista – scrive il gip – come uno «scudo per attività illecite». Colantuono, infatti, è preoccupato dall’eventualità di doverne diventare il presidente. Buzzi propone: «Allora… Colantuo’… (fonetico, ndr) dato che tu sarai il presidente de questa cooperativa de ‘ndranghetisti… poi naa chiamiamo più così perché…». Ma l’interlocutore risponde: «… ho qualche problema… come amministratore unico della Santo Stefano ho qualche problema…. sarebbe meglio Salvatò, nun ma sento co’ loro, perché già ho visto alcune cose…». E ancora: «E poi io non gliaa faccio a gestì loro capito? Un conto c’ho operai, so io che comando, ma con loro chi comanda?».
Tra i soci della cooperativa sorsero anche delle incomprensioni – a gestirla erano Buzzi, Rotolo, Ruggiero, Campennì e Vito Marchetto –, tensioni percepite da Rotolo come potenzialmente in grado di creare dei problemi ben più gravi, tanto da ritenere di dover «andare giù da lui (Campennì, ndr)… prima che va a finire a schifìo…eeee..” e parlare con i Mancuso della situazione: «… devo far intervenire i parenti suoi..». Anche la figura di Rotolo emerge in maniera eloquente dalle parole di Buzzi rivolte a Colantuono: «Quello è un ‘ndrangheta.. affiliato.. se tu gli dici sei un mio soldato… lui il generale l’ha… il generale non cè l’ha qui a Roma.. se offende.. non so se me capisci… […] se tu ci hai dei problemi con questo…tu me chiami a me e ci parlo io.. […] loro sanno come devono fa, quali so i limiti, non si devono allargà…però pure te devi sta attento a come ce parli!…». Lo stesso Buzzi portava come esempio l’atteggiamento di Carminati nei confronti di Rotolo: «…gli parli con i dovuti modi hai visto pure massimo che è Massimo…gli parli tranquillo..!».
L’uomo finito in manette, annota il gip di Roma, ha diversi precedenti penali e, inoltre, il 25 gennaio 2002 è stato arrestato con il fratello Giovanni, alias “Panedda”, e altri 32 soggetti appartenenti ai clan Bellocco Gallico, Mazzagatti, Nasone e Piromalli. L’altro arrestato, Ruggiero, vicino ai Molè, risulta condannato nel 1990 per omicidio doloso e porto abusivo d’armi e sarebbe coinvolto in un’indagine della Dda di Catanzaro in concorso con Antonio Mancuso.

 

«SCAMBIO RECIPROCO»

«Con la ‘ndrangheta c’è stato un reciproco scambio: pezzi di mafia romana e di ‘ndrangheta si sono vicendevolmente riconosciuti e rispettati» fin dal 2008. Così il procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino, ascoltato in commissione Antimafia. «Nel 2008 – ha detto Prestipino – Carminati fa accreditare due uomini suoi, che formalmente sono dipendenti della cooperativa 29 giugno di Buzzi, presso i Mancuso. La finalità è il centro Cara che è ubicato nel villaggio turistico Alenia, di Crotani Marina, una struttura alberghiera dove vengono spostati degli immigrati, in provincia di Catanzaro. Il “favore” viene restituito 5 anni dopo, nel 2013 perché sono i Mancuso a mandare un uomo legato alla cosca Mancuso a Roma, sotto l’ombrello protettivo di Carminati e Buzzi, e cedono a questo soggetto, che è un imprenditore, una parte dei lavori del mercato Esquilino, lavori di pulizia, manutenzione. Noi cogliamo in diretta la questione del 2013, loro raccontano anche il pregresso, la reciprocità».

 

Sergio Pelaia

s.pelaia@corrierecal.it