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Dissesto, oltre 2 milioni di euro per fatture «illegittime»

LAMEZIA TERME Prima li abbiamo pagati, profumatamente. Poi, dopo un bel po’, ci siamo accorti che qualcosa non tornava, che forse stavano cercando di gabbarci. Quindi abbiamo cercato di recuperare …

Pubblicato il: 27/04/2015 – 15:13
Dissesto, oltre 2 milioni di euro per fatture «illegittime»

LAMEZIA TERME Prima li abbiamo pagati, profumatamente. Poi, dopo un bel po’, ci siamo accorti che qualcosa non tornava, che forse stavano cercando di gabbarci. Quindi abbiamo cercato di recuperare quelle somme per vie legali, ma (finora) non ci siamo riusciti. E come se non bastasse abbiamo continuato a versare altri soldi. Così, a conti fatti, la Regione Calabria ha sborsato una cifra che ruota attorno ai 2,5 milioni di euro per attività che, invece, sul mercato vengono offerte a 350mila euro. Si tratta dei soldi dati a Cgiam (Centro di Geomorfologia Integrata per l’Area del Mediterraneo) dall’Ufficio del commissario per la mitigazione del rischio idrogeologico tra il 2012 e il 2014.
La storia, ennesimo esempio di insensata gestione di soldi pubblici, comincia il 27 marzo 2012 con l’Accordo di programma quadro stipulato tra l’allora commissario ad acta (nominato dal governo Berlusconi nel 2011), Domenico Percolla, e Cgiam «al fine – recita l’articolo 1 – di migliorare la qualità della propria azione nonché per il raggiungimento dei propri obiettivi, realizzando così anche una diminuzione della spesa pubblica». Le azioni che sono al centro dell’Accordo prevedono tutta una serie di rilievi di dati tecnici sulla situazione del territorio calabrese e, in particolare, su 32 siti considerati a rischio sismico, idraulico, idrogeologico e di incendio. La particolare morfologia del territorio richiede dei rilievi topografici da effettuare con l’ausilio di mezzi aerei, e Cgiam è un organismo scientifico di diritto pubblico che sembra avere tutte le carte in regola per rispondere a queste esigenze.
A due anni esatti dalla firma di quell’Accordo, però, è lo stesso Percolla a rendersi conto che i conti non tornano. È il 21 marzo 2014, il commissario ad acta scrive all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro: «Occorre agire in giudizio, nelle forme e nei modi stabiliti dalla legge, per il recupero delle somme indebitamente corrisposte a Cgiam, tali da costituire per lo stesso un ingiustificato arricchimento, e anche per il risarcimento dei danni dallo stesso causati con l’illegittime condotta riscontrata». Insomma, andando oltre il lessico da carta bollata, Percolla, dopo aver liquidato fior di milioni a favore di Cgiam, avvisa l’Avvocatura: forse ci hanno fregato.
Ma come hanno fatto? «In fase di rendicontazione della spesa – argomenta l’ex commissario per il dissesto – sono insorti per l’Ufficio commissariale taluni problemi, a causa della tecnica redazionale adoperata da Cgiam per l’elaborazione delle fatture, laconica in alcuni punti, contraddittoria e, nel complesso, criptica. Difatti, ci si è avveduti che in tutte le fatture l’importo finale è ottenuto moltiplicando un coefficiente indicato quale compenso fisso per lo svolgimento di una specifica attività per il numero di Comuni ove la stessa sarebbe stata eseguita, indipendentemente dall’estensione o dalle verifiche svolte a terra nel territorio oggetto di intervento o, ancora, dalla durata o dalla reiterazione dell’attività medesima». Anche qui, uscendo dai tecnicismi, vale la pena isolare un paio di locuzioni come «ci si è avveduti» – riferito a una presunta illegittimità che ci ha già fatto sborsare un sacco di soldi – e, soprattutto, quel condizionale – «ove la stessa sarebbe stata eseguita» – che fa capire che l’Ufficio del commissario non avesse idea se e come quegli interventi, già abbondantemente pagati, fossero stati effettivamente portati a termine. Ma tant’è: a dispetto dei mitologici ritardi della pubblica amministrazione, in questo caso abbiamo prima pagato e poi accennato a qualche timido controllo.
L’Ufficio del commissario comincia a chiedere conto a Cgiam solo il 5 febbraio 2014: nessuna risposta, così, finalmente, vengono disposti degli approfondimenti. E qui emerge un’altra sorpresa: «Dalle informazioni così acquisite – si legge nella nota di Percolla all’Avvocatura – è emerso che i servizi resi e fatturati da Cgiam per il sopraindicato importo complessivo di euro 2.498.940 (il massimo previsto nel Piano esecutivo era di 2,5 milioni, ndr) vengono offerti sul mercato a un prezzo di gran lunga inferiore, che può attestarsi, secondo le valutazioni compiute dopo aver interpellato taluni operatori del settore, intorno ai 350.000 euro complessivi, al netto di Iva». Proprio così: Percolla non sembra affatto sfiorato dal dubbio che quei «taluni» operatori forse potevano essere consultati prima di liquidare a Cgiam tutti quei soldi «indebitamente percepiti».
Le stesse segnalazioni Percolla le raccoglie anche in un esposto inviato (sempre a marzo 2014) al Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro. Ma non è finita: come se tutte queste diffide non fossero mai esistite, uno dei successori di Percolla, Francesco Carmelo Vazzana, l’11 dicembre 2014 dispone il pagamento di un’altra fattura (relativa all’attività di assistenza tecnica) a Cgiam per l’importo di 484mila euro. Intanto la Calabria continua a franare.

 

Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it

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