REGGIO CALABRIA «La sentenza del Consiglio di Stato che ha riguardato l’ospedale di Trebisacce e, prima ancora, quello di Praia a Mare, dimostra come la programmazione sanitaria sia stata in questi anni superficiale e dannosa per i calabresi». È quanto afferma Giuseppe Aieta, presidente della seconda commissione Bilancio, programmazione economica e attività produttive, Affari dell’Unione europea e relazioni con l’estero del consiglio regionale. «Questa sentenza – sostiene il consigliere del Pd – rafforza ancor di più la consapevolezza della politica a non trattare il tema scottante del diritto alla salute attraverso il filtro delle clientele che tanto danno hanno fatto alle comunità locali. Esprimo vicinanza al sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, per il successo ottenuto a difesa della propria città. Al tempo stesso, però, non si può non aprire una seria riflessione sulla nuova riorganizzazione della rete ospedaliera che, nonostante il cambio di direzione politica ed a causa del commissariamento, fa registrare la medesima superficialità con cui fino ad oggi si è proceduto».
«Il consiglio regionale della Calabria, unitamente alla Giunta ed al suo presidente – prosegue Aieta – devono poter contare sulle scelte future e rivisitare il decreto numero 9 con il quale si è riproposta la fotocopia della riorganizzazione dell’era Scopelliti. Nè la sanità può essere oggetto di scambio o di mediazione o, peggio ancora, di trattativa. È il tempo delle scelte da operare attraverso la logica sanitaria e non quella del compromesso o della mediazione. È necessario scegliere cosa è meglio per i cittadini e non cosa è meglio per chi continua ad avere una concezione clientelare della sanità. Adesso è il momento di dare esecuzione alle sentenze che sono in linea con il programma a suo tempo presentato agli elettori dal presidente Oliverio che, negli ospedali di confine, come Trebisacce e Praia a Mare, aveva individuato una sorta di “diga” alla migrazione sanitaria. Al contempo, urge che il commissario Scura visiti gli ospedali della provincia di Cosenza dove, allo stato, vige una sorta di precarietà che va a danno – conclude – della qualità dell’offerta sanitaria».
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