«Esportare il modello Capo Colonna»
CROTONE «La notizia ufficiale da parte del ministero sullo smantellamento della coperta cementizia stesa sui resti del foro romano in area archeologica di Capo Colonna (un quarto sul totale dell…
CROTONE «La notizia ufficiale da parte del ministero sullo smantellamento della coperta cementizia stesa sui resti del foro romano in area archeologica di Capo Colonna (un quarto sul totale dell’area, ndr) e del possibile ripensamento sulla validità della tettoia metallica da collocare su due stanze dell’edificio termale, restituisce valore al patrimonio, al bene comune. Le associazioni culturali “Gettini di Vitalba” e “Sette soli” avevano per tempo, e cioè prima della gittata del magrone sulle straordinarie pertinenze dell’abitato romano venute alla luce durante lo scavo estensivo di settembre-dicembre 2014 previsto dal progetto in discussione, chiesto spiegazioni per ben due volte al ministro Franceschini». Così Linda Monte e Margerita Corrado, presidentesse, rispettivamente, delle associazioni Gettini di Vitalba e Sette soli.
«Ciò – proseguono le associazioni – anche in assenza di informazioni da parte dell’allora responsabile della soprintendenza Archeologica calabrese e Rup del progetto nonché dei progettisti, tanto meno da parte di chi è al governo cittadino. L’avere diretto l’attenzione sul Lacinio, ha origine nell’impegno ininterrotto delle associazioni per rendere la comunità cittadina consapevole di quale sia e quanto sia immenso il patrimonio culturale del territorio. Nel contempo la continua vigilanza per prevenire insulti verso il bene pubblico, soprattutto quando questi avvengono per mano di chi deve tutelarlo – organi periferici del ministero in concorso con gli attori istituzionali locali –, ha dimostrato che l’opera di presa di coscienza ostinatamente condotta dalle associazioni, pur senza riflettori mediatici, ha smosso e indignato la comunità civile».
«I fatti accaduti in questi mesi sul Lacinio – proseguono le interessate – le denunce verbali tramite i media e quelle scritte alla magistratura e alla procura contabile, il lavoro certosino di studio e lettura di documenti, cifre, incongruenze palesi ma che a tanti sfuggono, la continua corrispondenza (per lo più senza riscontro) con il ministero, hanno fortunatamente registrato, nel frattempo, l’interesse di parlamentari del Movimento 5 stelle, del Pd, di ex ministri, di eminenti figure di enti e studiosi del ramo. Fondamentale, anche senza tanto clamore mediatico, è stato il contributo del Fai, del suo presidente, presente e attivo fin dal primo giorno. L’epilogo di tutta questa tumultuosa vicenda dimostra anche che, pur con tutte le gravi mancanze riscontrate, lo Stato c’è, e il “modello Capo Colonna” deve valere per tutti, deve essere applicato alle tante, tantissime emergenze che ancora ci attendono e, ne siamo certe, nulla sarà più come prima. Il patrimonio culturale non è bene campanilistico o di parte, quindi va (ri)scoperto, fruito, tutelato per la gente di oggi e – concludono – per quella del futuro».