Omicidio per gelosia, il reggino Bruno sceglie l'abbreviato
REGGIO CALABRIA Sceglie di essere giudicato con il rito abbreviato Pietro Bruno, il trentaseienne reggino accusato di aver ucciso il cittadino polacco Marcin Krol, freddato il 19 agosto 2014 con cinq…

REGGIO CALABRIA Sceglie di essere giudicato con il rito abbreviato Pietro Bruno, il trentaseienne reggino accusato di aver ucciso il cittadino polacco Marcin Krol, freddato il 19 agosto 2014 con cinque colpi di pistola, sparati in pieno giorno in via Pio XI, a pochi passi dal centro cittadino. Insieme a lui si dovranno presentare il 12 ottobre di fronte al gup di Reggio anche quattro dei presunti favoreggiatori, Fortunato Chetri, Felice Condello, Demetrio Campolo e Antonino Crucitti (classe 1963).
Sono stati invece rinviati a giudizio gli altri cinque favoreggiatori che hanno scelto il rito ordinario – Tommaso Rodà, difeso da Francesco Floccari, Valentina Manto, Luana Domenica Manto, Francesco Bosurgi e Nicola Pompilio Chiarolla, quest’ultimi due difesi dal legale Massimo Leanza – allo stesso modo accusati di aver aiutato Bruno a sottrarsi alle ricerche nella prima fase di indagini.
Amante della moglie di Krol e socio della sala giochi e scommesse Passion 365, di fronte alla quale il 38enne polacco è stato ucciso, Bruno è stato fermato a meno di 48 ore del delitto dagli uomini della Mobile per ordine del procuratore aggiunto Nicola Gratteri e del pm Sara Amerio. Stando quanto ricostruito dagli investigatori, il 36enne reggino da tempo avrebbe avuto una relazione extraconiugale con la donna, della quale sarebbe stato morbosamente geloso. E proprio la gelosia lo avrebbe a puntare la pistola contro l’uomo che tutti conoscevano come Rafa Stojeck, ma che rispondeva in realtà – hanno scoperto successivamente gli investigatori – al nome di Marcin Krol, svuotandogli contro quasi l’intero caricatore, proprio di fronte alla sala scommesse di cui Bruno era socio.
Un luogo che fin da subito ha attirato l’attenzione degli investigatori. Le immagini registrate dalle telecamere dell’impianto di videosorveglianza – hanno ipotizzato gli uomini della Mobile nell’immediatezza del delitto – avrebbero potuto rivelare il volto del killer, per questo – dopo aver tentato invano di contattare il titolare – hanno ordinato ai vigili del fuoco di sfondare serranda e vetrata per acquisire il nastro nel più breve tempo possibile. Ma quel giorno le telecamere del Passion 365 sono risultate stranamente fuori servizio. Nessun fotogramma era rimasto salvato sui computer dell’esercizio commerciale. E soprattutto nessun hard disk avrebbe potuto farlo. Quell’indispensabile dispositivo per un impianto di sorveglianza non c’era o risultava rimosso. Un particolare che ha immediatamente insospettito inquirenti e investigatori, che proprio sulla sala scommesse e sul variegato popolo che la frequenta hanno deciso di concentrare gli sforzi, partendo proprio da quel socio – Pietro Bruno – che fin da subito è risultato irreperibile.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it