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«Lascio una squadra mobile più forte»

CATANZARO C’è aria da ultimo giorno di scuola, con un clima un po’ informale e quel pizzico di commozione propria di chi sa che sta chiudendo un capitolo della propria vita professionale per aprirne…

Pubblicato il: 12/06/2015 – 11:15
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«Lascio una squadra mobile più forte»

CATANZARO C’è aria da ultimo giorno di scuola, con un clima un po’ informale e quel pizzico di commozione propria di chi sa che sta chiudendo un capitolo della propria vita professionale per aprirne un altro. Il commiato di Rodolfo Ruperti, fino ad oggi capo della Squadra mobile della Questura di Catanzaro, segna la chiusura di un ciclo per il reparto catanzarese, un ciclo costellato di operazioni importanti (quasi un centinaio quelle portate a termine) e molti arresti («Forse un migliaio», dirà lo stesso Ruperti in conferenza stampa). Un ciclo durato cinque anni in cui la Mobile ha visto incrementare il proprio organico (da 50 ad 80 elementi) e il proprio rango nello scacchiere gerarchico dei reparti regionali. Nuove responsabilità, certo, ma anche un ruolo di prestigio per la Questura di Catanzaro.
Così Ruperti, apparso quasi imbarazzato e non a suo agio rispetto alle occasioni formali in cui lo si è visto in questi anni, ha ripercorso le tappe di un lavoro certosino del quale si è detto soddisfatto: «Lascio sicuramente una Squadra mobile più forte – ha detto -, lascio un gruppo capace e preparato con cui ho lavorato con passione e di cui ho apprezzato l’impegno costante. Questi cinque anni mi hanno arricchito professionalmente e lascio questo incarico con la consapevolezza di lasciarmi alle spalle un buon lavoro su cui il mio successore potrà costruire il futuro. Al contempo sono davvero orgoglioso per il nuovo incarico che mi è stato assegnato».
A Ruperti è stato assegnato il ruolo di capo della Squadra mobile di Palermo, uno degli incarichi più prestigiosi per chi, come lui, ha sempre amato la polizia giudiziaria e si è formato avendo ad esempio proprio quegli uomini che a Palermo hanno fatto la storia delle operazioni contro la criminalità organizzata. E toccherà anche a lui, quindi, alla guida dei 320 elementi del reparto, prendere parte alle ricerche di Matteo Messina Denaro, forse l’ultimo grande boss della mafia siciliana latitante da decenni. A succedergli sarà Antonino De Santis, che Ruperti conosce perché ne è stato compagno di corso negli anni della formazione. Il passaggio delle consegne tra i due avverrà di fatto nella prossima settimana, visto che già giovedì Ruperti prenderà servizio in Sicilia mentre De Santis arriverà a Catanzaro.
A lui, Ruperti lascia in eredità le ultime operazione che tra Catanzaro e Lamezia hanno permesso di assestare colpi duri ai clan, soprattutto a quelli del lametino. Come l’operazione “Andromeda”, grazie alla quale, per Ruperti «a Lamezia si respira un’aria più pulita». O come l’operazione “Dirty Soccer” sull’ennesimo scandalo scommesse nel calcio, il cui respiro nazionale ha permesso di puntare i riflettori sul lavoro svolto dal reparto investigativo della mobile catanzarese. Ma nel palmarès delle operazioni condotte con successo, è giusto ricordare “Medea”, che portò all’arresto dei responsabili dell’omicidio Zagami a Lamezia Terme, “Medusa”, con cui finirono in carcere diversi esponenti del clan Giampà, “Pegaso”, con cui furono arrestati i responsabili dell’omicidio di Vincenzo Torcasio, e “Perseo”, con cui furono tratti in arresto i presunti responsabili degli omicidi di Bruno Cittadino e Giuseppe Torcasio.
Ma lascia anche una città che rischia di trovarsi al centro di una guerra per il controllo del territorio, soprattutto dopo l’omicidio di Domenico Bevilacqua, alias “Toro seduto”, e l’arresto di Cosimino Abbruzzese, “U tubu”, presunti personaggi di spicco della criminalità rom. E proprio sugli intrecci tra criminali rom e cosche di ‘ndrangheta, Ruperti offre uno spaccato preciso: «In questi anni abbiamo potuto appurare come i reati principe perpetrati dai criminali di etnia rom siano le estorsioni e soprattutto lo spaccio di sostanze stupefacenti, su cui hanno praticamente il monopolio. Però abbiamo anche visto come questa criminalità non disdegni di avere rapporti con le cosche, soprattutto quelle provenienti dal crotonese».
Proprio da qui, quindi, il nuovo capo della Squadra mobile dovrà ripartire per cercare di costruire una sempre più ferma percezione di sicurezza nella cittadinanza catanzarese, proprio ora che gli equilibri criminali sembrano essere saltati e l’attenzione criminale sul tessuto economico della città appare più alta.


Alessandro Tarantino
a.tarantino@corrierecal.it

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