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Avrebbe aiutato i Molè, chiuse le indagini su Balestrieri

REGGIO CALABRIA Chiuse le indagini per il “comandante” Giorgio Hugo Balestrieri, controverso personaggio in bilico fra ‘ndrine, logge e servizi di intelligence nazionali e internazionali, arrestato c…

Pubblicato il: 19/06/2015 – 16:14
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Avrebbe aiutato i Molè, chiuse le indagini su Balestrieri

REGGIO CALABRIA Chiuse le indagini per il “comandante” Giorgio Hugo Balestrieri, controverso personaggio in bilico fra ‘ndrine, logge e servizi di intelligence nazionali e internazionali, arrestato circa un anno fa in Marocco dopo una lunga latitanza ed estradato in Italia. Dopo averlo braccato per anni, il pm Roberto Di Palma, finalmente ha potuto formalizzare le accuse a carico dell’uomo, accusato insieme ai soci, Angelo Boccardelli, segretario dell’ex ambasciatore di San Marino, e Giuseppe Fortebracci – il primo condannato a 7 anni e sei mesi prima che la Cassazione rimettesse tutto in discussione, l’altro morto prima della conclusione del processo – di aver aiutato il clan Molè a reinvestire larga parte dei profitti illeciti, provenienti dal contrabbando di merci contraffatte al porto di Gioia Tauro, nella gestione di una sontuosa struttura alberghiera di Monte Porzio Catone, in provincia di Frascati. Struttura in possesso di Balestrieri e altri tramite diverse società a loro riconducibili e messa a disposizione dell’imprenditore del clan Molè, Cosimo Virgiglio, testa di ponte del clan nell’affare.

 

CONFERMATA L’ACCUSA DI CONCORSO ESTERNO
Una “disponibilità” che per i magistrati della Dda vale una contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa, perché avrebbe offerto «un contributo concreto, specifico e determinante per il perseguimento delle finalità della ‘ndrina Molè – della quale pur tuttavia non facevano parte organicamente – con particolare riferimento alla acquisizione da parte della ‘ndrina medesima della struttura alberghiera Villavecchia di Frascati, nonché al controllo da parte della ‘ndrina medesima sulle attività economiche che si svolgevano nell’area portuale di Gioia Tauro, ivi comprese quelle connesse alle operazioni doganali e di trasporto delle merci oggetto di import-export soprattutto dalla Repubblica popolare di Cina». Un business che, per il pm Di Palma, Balestrieri e soci avrebbero portato avanti nonostante fossero «perfettamente consapevoli di chi è il Virgiglio e di cosa e di chi egli rappresenti ». Per l’accusa, Balestrieri e soci erano infatti «soggetti cui l’associazione per delinquere di stampo mafioso si era rivolta per risolvere il problema del reinvestimeno del denaro (e anche della sistemazione lavorativa della famiglia di Rocco Molè) ed essi, per quanto si coglie dalle emergenze indiziarie (delle intercettazioni in particolare), erano perfettamente consapevoli dell’apporto prestato all’associazione medesima».

 

IO, AGENTE IN MISSIONE
Accuse che il “comandante” negli anni ha respinto al mittente, facendo sapere da New York – tramite il suo legale – di essere un agente entrato in contatto con persone sospette solo perché impegnato in un’operazione di intelligence per conto di un organismo, mai meglio specificato. Una versione cui i pm non hanno mai creduto, ma che ha aggiunto ulteriori tasselli di ambiguità ad un personaggio dalle innumerevoli sfumature. Ufficiale della marina militare dal 1963 al 1981 – come lui stesso indica orgogliosamente nel suo profilo Linkedin – Balestrieri sarebbe uno degli affiliati alla loggia P2 di Licio Gelli, con tessera numero 907, smascherato dalla perquisizione del marzo 1981 a Castiglion Fibocchi. Stando a quanto avrebbe riferito il faccendiere Elio Ciolini – divenuto noto per il suo presunto coinvolgimento nelle indagini sulla strage di Bologna –, Balestrieri farebbe parte anche della loggia riservata “Montecarlo”, «un potentato economico – si legge nella relazione conclusiva della commissione – dominato dalle personalità di Andreotti, Agnelli, Calvi, Monti, Ortolani, Gelli e dal capo del gruppo editoriale Rizzoli e vari altri distinti fratelli fondatori, esecutivi e attivi».Per le diverse Procure che si sono ritrovate a indagare, il “comandante” per lungo tempo avrebbe lavorato come agente dei servizi segreti americani in Italia, o meglio in Calabria, nonostante dal 1981 fosse formalmente residente a New York, dove si occupa di tecnologie militari e di sicurezza ed è uomo in vista nella comunità, tanto da figurare da oltre vent’anni come vice presidente del Rotary club della città. Ma stando a quanto emerso dalle indagini, Balestrieri non avrebbe mai reciso i contatti né con l’Italia, né con la Calabria. E proprio qui, il pm Roberto Di Palma ne ha scovato le tracce braccando gli uomini del clan Molè finiti al centro dell’inchiesta Maestro, alcuni dei quali insieme a lui potrebbero tornare a processo.


LE MINACCE A VIRGIGLIO
Il pm Di Palma ha infatti chiuso le indagini sulle posizioni degli imputati per i quali la Corte d’appello reggina aveva chiesto alla Procura di riesaminare il quadro accusatorio a loro carico, includendo anche un’ipotesi di violenza privata aggravata dalle modalità mafiose ai danni di Cosimo Virgiglio, minacciato di pesantissime ritorsioni pur di costringerlo a versare una tangente di 4 milioni di euro relativa alla compravendita della struttura alberghiera “Villavecchia” di Monte Porzio Catone. Anche Antonio Albanese, Angelo Boccardelli, Pietro Francesco Calipa, Ernesto Madaffari, Antonio Molè cl. ’89, Antonio Molè cl. ’90, Giuseppe Speranza, Francesco Tripodi e Gesuele Zito, insieme a Balestrieri avranno venti giorni di tempo per presentare memorie difensive o per farsi ascoltare, quindi dopo quella che appare ormai come una scontata richiesta di rinvio a giudizio, la parola spetterà al gup.

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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