«No, non mi dimetto. Sono andato da Cantone. Gli ho presentato un progetto anticorruzione. E lui mi ha incoraggiato ad andare avanti». In trasferta a Milano per la settimana calabrese dell’Expo, Mario Oliverio chiarisce ulteriormente le sue intenzioni in una breve intervista a Repubblica. Poche ma secche le domande di Conceto di Vecchio, altrettanto stringate le risposte del governatore. Tutto, ovviamente, incentrato sulla bufera Rimborsopoli e sul futuro prossimo del governo della Regione Calabria. «Sono fatti della passata legislatura», prova a tagliare corto il governatore, ma il cronista fa notare che tutta la giunta, a parte il presidente, è finita nel calderone degli indagati, accusati di aver distratto somme che erano destinate ad attività istituzionali dei gruppi consiliari a Palazzo Campanella. «Li ho scelti sula base di valutazioni politiche», spiega ancora Oliverio. «Mi auguro che tutti possano dimostrare la loro estraneità», aggiunge. E se il giornalista gli fa notare che forse, almeno su Nino De Gaetano, Maria Carmela Lanzetta aveva visto giusto, il presidente taglia corto: «Lo rifarei. Si parlava di un’altra vicenda, mai approdata a nulla sul piano penale, e che nulla ha a che vedere con questa, che comunque riguarda fatti passati».
Doveva essere il governo della svolta, fa notare il cronista, e Oliverio si trincera dietro «la gabbia» dello Statuto: «Mi poneva un sacco di vincoli. Ora finalmente potrò operare con le mani libere». Il televisore di Bilardi? «Ho visto il video. Dovrò operare una bonifica». E le bollette e il carburante di Ferdinando Aiello? «Era diventata una routine. Non c’erano regole chiare, purtroppo. Ora cambieremo tutto».
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