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Processo al clan Pelle, condanna confermata per Zappalà

REGGIO CALABRIA Il clan Pelle esiste e l’ex consigliere Santi Zappalà ai suoi uomini si è rivolto per ottenere «una straordinaria affermazione elettorale». È questo il significato della sentenza de…

Pubblicato il: 06/07/2015 – 15:22
Processo al clan Pelle, condanna confermata per Zappalà

REGGIO CALABRIA Il clan Pelle esiste e l’ex consigliere Santi Zappalà ai suoi uomini si è rivolto per ottenere «una straordinaria affermazione elettorale». È questo il significato della sentenza del secondo processo di secondo grado voluto dalla Cassazione per gli imputati del procedimento Reale 2, fra cui l’ex consigliere Santi Zappalà, che si vede confermata la condanna 2 anni e 8 mesi per corruzione elettorale aggravata.

Secondo i quali agli atti dell’inchiesta non ci sarebbero stati gli elementi necessari per provare l’esistenza di un clan Pelle. Bisognerà attendere le motivazioni per conoscere i dettagli, ma stando alle solo parziali modifiche delle condanne già incassate da tutti gli imputati, per i giudici della Corte d’appello, quegli elementi ci sono tutti.

Fatta eccezione per le due assoluzioni chieste e ottenute dal pg Francesco Adornato per Antonio Pelle (classe 86) e Sebastiano Carbone, i giudici hanno confermato le accuse di mafia a carico degli imputati e ritoccato solo parzialmente le condanne inflitte nei precedenti gradi di giudizio agli uomini del clan Pelle, come ai politici che a loro si sono rivolti. Come per Zappalà, sorpreso a chiedere appoggi e voti direttamente al boss e che per questo si vede confermata la condanna a 2 anni e 8 mesi, identica rimane la pena inflitta a Francesco Iaria, punito con 2 anni e 6 mesi. Strappa invece una riduzione Giuseppe Antonio Mesiani Mazzacuva, considerato il referente del clan Pelle per i contatti con la politica e condannato a 2 anni e 6 mesi in luogo dei 4 anni e 11 mesi in precedenza rimediati, perchè assolto dal reato associativo.

 

LE ALTRE POSIZIONI Arriva solo qualche mese di riduzione il boss Peppe Pelle, che passa da 11 anni e 9 mesi a 11 anni e 4 mesi, mentre più sostanziale è la riforma ottenuta dal boss Giovanni Ficara, in precedenza punito con 12 anni e 6 mesi, ma condannato oggi a 10 anni e 4 mesi. Passa da 12 anni e 8 mesi a 11 anni e 4 mesi Antonino Latella, mentre è di 8 anni e 10 mesi la pena inflitta a Rocco Morabito, in precedenza condannato a 10 anni e 8 mesi.

Strappano un anno tondo di riduzione Sebastiano Pelle, in passato condannato a 5 anni e 8 mesi e oggi a 4 anni e 8 mesi, e Domenico Pelle, oggi condannato a 7 anni e in precedenza punito con 8 anni di carcere, mentre dovrà scontare solo sei mesi in meno di quanto in precedenza incassato Antonio Pelle (classe 87), condannato a 5 anni e 2 mesi in luogo dei 5 anni e 8 mesi rimediati in precedenza.

 

L’ACCUSA REGGE Passa dunque l’impianto accusatorio costruito dalla Dda nel procedimento Reale 2 e confermato dall’inchiesta Reale 6, che qualche mese fa ha nuovamente portato dietro le sbarre Zappalà e gli uomini del clan Pelle da lui contattati per assicurarsi voti e consensi, la cui ordinanza di custodia è finita anche agli atti del nuovo procedimento d’appello.

Un elemento importante per i giudici di Piazza Castello, che hanno potuto contare anche sulle considerazioni del gip Cinzia Barillà per valutare la sussistenza o meno del clan Pelle, messa in discussione dalla Cassazione. Un’interpretazione errata secondo il gip a partire dal ruolo attribuibile proprio a Pelle, che stando quanto emerge dai procedimenti in cui è stato coinvolto non può essere «una monade, un atollo di ‘ndrangheta isolato con capacità decisionali “apicali” da maggiorente».

Al contrario, tale ruolo, spiega il giudice solo si spiega attraverso il prisma della caratura criminale del clan di cui è espressione. La ‘ndrangheta, aggiunge Barillà, «non conosce cursus honorum diverso dalla commissione di azioni criminali, in proprio e attraverso i propri subordinati, che consentono al personaggio apicale di accrescere la propria “autorevolezza” al punto da essere “consultato” anche in consessi più ampi e di maggior spessore da quello proprio locale».

Ma a testimoniare il ruolo di Giuseppe Pelle e del clan che dirige, aggiunge ancora il gip, è anche la vicenda che ha portato a un nuovo arresto l’ex consigliere regionale Santi Zappalà, protagonista di una straordinaria affermazione elettorale non solo a Bovalino, paese di residenza dei Pelle, ma in tutto il comprensorio jonico «di cui la famiglia Pelle costituisce un’autorevole componente, raggiunta, come si vedrà dallo Zappalà, con conseguente e remunerativa “pioggia” sulla mafia reggina di una somma capitale». Un dato che dimostra inequivocabilmente – conclude il gip – che i Pelle «per le dimensioni extraregionali; extramandamentali e sicuramente extracomunali del loro “potere” possono contare su un bacino elettorale che trascende l’analisi dei voti del solo paesino di San Luca o di Bovalino». Argomentazioni che sembrano aver convinto anche i giudici della Corte d’appello reggina.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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