«Un maggior numero di carabinieri, di poliziotti, di uomini della Guardia di finanza. Solo questa è la pre-condizione per non cedere di un passo, anche in Calabria, nel contrasto alla criminalità organizzata». A rilevarlo, di fronte alla commissione parlamentare Antimafia, nientedimeno che il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti. In questo periodo il magistrato non è tanto preoccupato della ‘ndrangheta e dei suoi affari miliardari, quanto dalla “spending review” che non consentirebbe alle forze dell’ordine di svolgere pienamente il loro compito.
Se si taglia anche in sicurezza, chi si assume la responsabilità delle attività delle cosche? Il procuratore Roberti lo ha detto chiaramente ai commissari e alla presidente della stessa commissione Rosy Bindi. Si può considerare un appello vero e proprio, questo di Roberti, al Parlamento ed al governo perché, anziché tagliare sulle spese di mantenimento e di rafforzamento delle forze dell’ordine, si possa procedere al loro potenziamento. È una solfa questa di Roberti che hanno ripetuto i suoi predecessori e gli stessi magistrati, nel corso delle ventennali visite, con relative audizioni, sono state fatte in Calabria. Si arriva, giorni e giorni di discussioni, lunghi “cahier de doleance” ma poi? «Siamo qui – ha detto oltre dieci anni fa, l’attuale procuratore generale di Ancona Vincenzo Macrì – per avvisare le famiglie dei morti, contare i feriti e redigere i verbali». Un modo per dire che da sempre che le forze dell’ordine non sono numericamente sufficienti a controllare e a sperare di debellare il fenomeno criminale. E se poi si riuscisse a far venire in Calabria nelle Questure, alle Legioni dei carabinieri e della guardia di finanza, ogni tanto, uomini esperti e di provata esperienza, lo Stato ed i calabresi – se non tutto il Sud – avrebbe da guadagnare. «La tentazione di sforbiciare – sono parole di Roberti – tra gli uomini delle forze dell’ordine, deve essere accantonata per lasciare il posto al loro potenziamento».
La partita contro il malaffare – da anni ed anni lo ha sostenuto, il procuratore aggiunto della Dda reggina, Nicola Gratteri, che pure stava per essere nominato ministro della Giustizia (intanto non si sa allo scadere, prossimo, degli otto anni di applicazione alle direzione distrettuale, dove sarà destinato a Catanzaro?) – si può sperare di vincerla, se si presta la necessaria e dovuta attenzione alle condizioni in cui sono costretti a lavorare magistrati e investigatori. Se alle croniche mancanze di mezzi, si dovesse aggiungere anche la sottrazione di uomini il gioco – quello che rimasto – è fatto.
Ecco perché, l’appello di Roberti, non può e non deve cadere nel vuoto, perché la sicurezza è fondamentale.
Se ne è parlato in tutte le riunioni, in tutti i convegni di esperti, industriali, sindacati. Ma, per una ragione o per un’altra, al massimo si è pensato all’esercito, che non ha specifica competenza sul controllo del territorio, ma è di competenza delle forze di polizia. Roberti si è detto del parere che la lotta alla criminalità debba essere costante, con mezzi idonei ed un numero di investigatori che tenga conto della specificità del territorio calabrese, si può sperare se non di debellare la criminalità, ma quanto meno di attenuarne la presenza. E così far vivere città e soprattutto paesi liberi dal giogo dei criminali, e – quel che altrettanto conta – far rilanciare l’economia.
Al pari di quanto hanno sostenuto i Vescovi calabresi, il procuratore dell’Antimafia – prendendo a prestito le parole dei vescovi calabresi – ha detto: «Il Paese o si salverà tutto assieme a non si potrà salvare».
Questa della sicurezza, è una questione di assoluta priorità, se si vuol tenere conto che c’è una Regione, la Calabria, che deve poter tornare agli antichi splendori. Altrimenti quel che si fa rientra nell’ordinaria amministrazione, mente questa nostra Regione, ha bisogno urgente di interventi mirati e decisi dallo Stato.
*giornalista
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