COSENZA «Un travaglio, giuro che è un travaglio». Stefania Covello percorre in lungo e in largo la sala del cinema San Nicola. Stringe mani, elargisce sorrisi ma in fondo sa che la strada per il Pd a Cosenza è tutt’altro che in discesa. Il sogno è sempre quello, si chiama Lucio Presta. La parlamentare non si sbilancia ma intanto manda in avanscoperta i suoi: Luigi Formoso, uno dei 17 firmatari che hanno determinato il defenestramento di Mario Occhiuto, ha già scelto e sarà in lista col manager dei vip amico di Matteo Renzi. Tra i dem, invece, sono ore di grandi trattative. L’assemblea provinciale, accompagnata da un carico di attese, si risolve in 50 minuti. Giusto il tempo di ascoltare le relazioni di Luigi Guglielmelli ed Ernesto Magorno. Finisce con l’approvazione all’unanimità (non senza polemiche, come quelle accese tra un militante che avrebbe voluto prendere la parola e Nicola Adamo) di un documento letto alla platea da Carlo Guccione in cui si decide di non decidere. C’è infatti il sì alle primarie il 6 marzo ma solo se entro il 20 febbraio non viene trovato un candidato capace di riscuotere il gradimento di tutta la coalizione. Ergo: se Morrone, Gentile e Mancini si mettono di traverso, per Paolini, Ambrogio e Rende addio sogni di gloria. La prima verifica, lunedì, quando i vertici del Pd incontreranno prima i rappresentanti dei partiti del centrosinistra classico e poi quelle forze politiche che hanno determinato il disarcionamento del sindaco forzista. L’obiettivo è quello di arrivare al varo di «un’alleanza civica» che metta dentro tutti. «Perché – spiega Guglielmelli – adesso che si è chiusa la pessima esperienza di Occhiuto, è il momento di aprire una nuova pagina per Cosenza».
(La “partecipatissima” votazione all’assemblea regionale del Pd a Cosenza)
La scelta di anestetizzare il confronto interno viene partorita sull’asse Magorno-Guccione-Adamo. E serve per evitare brutte sorprese in vista del rush finale. Dal Nazareno, infatti, sono arrivate indicazioni precise: lavorare fino all’ultimo istante per una soluzione unitaria che consenta di aggirare primarie, “pericolose” per la tenuta della coalizione e magari da ostacolo per l’allargamento dello schieramento.
Ambrogio e, soprattutto, Paolini (che al San Nicola non si è fatto proprio vedere) però non vogliono nemmeno sentirli certi discorsi e spingono avanti, convinti che alla fine il candidato verrà scelto dai militanti ai gazebo.
È una partita a scacchi, insomma. Che non impedisce a Magorno di assicurare che il Pd «è un partito unito e pulito». Mario Oliverio lo ascolta con attenzione ma non interviene. In sala più di uno mormora: «Come fa il presidente a negare il suo sostegno a Paolini dopo l’appoggio chiesto alle primarie contro Callipo?». È uno dei grandi dilemmi che alberga tra i dem cosentini. Guccione dispensa ottimismo: «Vedrete che alla fine ne usciremo anche stavolta».
Di certo c’è che il patto politico stipulato nell’estate 2014 tra Oliverio, Guccione e Paolini rischia di non essere rispettato. I primi due hanno raggiunto i loro obiettivi, il terzo rischia di rimanere (ancora un volta) con le pive nel sacco.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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