È una lezione di deontologia professionale quella che riguarda le dimissioni dei primari dell’Ospedale Jazzolino di Vibo Valentia; un gesto dal potere “taumaturgo” che è riuscito a convogliare le acque per non lasciarle disperdere per i molti rivoli e osteggiare i desiderata di chi ha deciso la nomina del Commissario straordinario inviato in Calabria con l’obbiettivo di ridimensionare ad ogni costo la spesa sanitaria. Fortuna che siamo ancora nella fase delle proposte perché l’effetto ultimo appariva come quello di sconquassare le strutture esistenti rendendole ancora più precarie di quanto non fossero indebolendo anche quelle che sono un vanto e un punto di riferimento certo per la regione intera come la Neurologia di Vibo Valentia dotata di unità operative per la terapia trombolitica anti ictus da anni nella top ten nazionale.
Probabilmente la proverbiale bonomia dei calabresi, spesso interpretata come indolenza, rappresentava un appiglio con il quale si confidava di raggiungere il risultato con il minimo sforzo. La responsabilità di un manipolo di professionisti prima e la sensibilità dei cittadini non ha consentito che si giocasse l’ennesima partita truccata in una regione consegnata da tempo alla povertà e alla precarietà: su quella strada si sono posti i primari del Jazzolino che hanno scoperchiato la pentola ed hanno fatto apparire il “re nudo”. La colpa? la mancanza del suo senso di umanità, di autocertezza, di autoefficienza, di autostima. Atteggiamenti commessi con la consapevolezza di non rendere un servizio ai calabresi, ma di una offerta per una sanità abborracciata che avrebbe contribuito a far lievitare oltre misura i “viaggi della speranza” verso le strutture del Nord.
Per fortuna gli oppositori del “re” sono stati lesti a incassare i valori della forte scossa di ribellione che si era alzata da Vibo Valentia e, a loro volta, hanno fatto sentire la loro voce e il proprio sdegno. A Lamezia Terme, a Reggio Calabria piuttosto che a Cosenza e a Crotone sono scesi in piazza ed hanno manifestato in migliaia.
Tenue, quasi labile, la reazione del Capoluogo. Catanzaro ha dato l’impressione di aver assorbito il progetto nonostante lo stesso impoverisse l’Ospedale Pugliese. Ma era ed è una rassegnazione tutta politica. Si sa che i catanzaresi non sono d’accordo a cedere alcunché di quanto hanno conquistato in anni di battaglie. E adesso che sono arrivati i tempi della riscossa e della lotta, adesso che la folla ha dimostrato di non rinunciare ad essere folla e scopre la sua forza, adesso il “re” cerca di correre ai ripari e rinnova il gesto del confronto ritenendolo (adesso) un atto dovuto, che non può che far bene per evitare che il prezzo dell’errore possa diventare alto.
Così viene chiesto di affrontare i problemi insieme, con spirito di collaborazione, senza che sia più di ostacolo la rigidità che ha accompagnato il decreto sulla rete ospedaliera calabrese, ma che anzi la si mette in gioco dicendo di essere disposti ad apportare modifiche ma non a sospenderlo.
E cosa poteva dire, poveruomo? Anche quando si decide di abdicare si deve mantenere un certo contegno.
Il re è re!
Ma attenti ad approcciarsi a questa nuova fase con il giusto spirito di servizio; se del caso facendo anche l’analisi del sangue a chi si sederà al tavolo. Controllare che le loro intenzioni siano effettivamente la sintesi delle reali esigenze dei calabresi, o se, invece, si tenta la carta della furbizia secondo un cliché consolidato nella storia della nostra terra.
Sarà un obbligo morale verso la Calabria adempiere il mandato con onestà di intenti, con l’obiettivo di raggiungere la soluzione migliore per le cinque provincie. Sarà quel risultato il miglior modo per dimostrare al Paese che i tempi sono cambiati e che i problemi in Calabria si affrontano non già sotto la spinta emotiva dell’appartenenza territoriale, del provincialismo becero, dell’uno contro l’altro, ma in unità! Così facendo si dimostrerà la grande maturazione che siamo riusciti a realizzare, di cui il Paese dovrà prendere atto e di cui non si deve tornare indietro: che la Sanità è solo un moltiplicatore sociale per tutto ciò che storicamente ci è stato negato, e anche sottratto, e che non intendiamo più privarcene perché altri ne godano.
La democrazia quando è applicata a tutti è un valore irrinunciabile e rende liberi i popoli; alla politica si chiede solo efficienza; la moralità, considerate come vanno spesso le cose, la si lasci alla discrezionalità dei singoli. Di ciò si spera che siano carichi coloro che nei prossimi giorni decideranno sul futuro del diritto alla salute dei calabresi. In quel contesto sarebbe anche carino se si cercasse di confezionare un bell’abito su misura al “re”…
*giornalista
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