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La furia rottamatrice del M5S

COSENZA «Io capisco cosa avete votato anche solo guardandovi negli occhi. Io una volta ho votato Veltroni, ma oggi sono un uomo nuovo». Alessandro Di Battista in versione “profeta” ruba di gran lunga…

Pubblicato il: 29/05/2016 – 17:57
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La furia rottamatrice del M5S

COSENZA «Io capisco cosa avete votato anche solo guardandovi negli occhi. Io una volta ho votato Veltroni, ma oggi sono un uomo nuovo». Alessandro Di Battista in versione “profeta” ruba di gran lunga la scena a uno sbiadito Gustavo Coscarelli, candidato sindaco dei 5 Stelle che per ora non ha brillato per presenze e incisività. Infatti quello con Di Battista è il primo comizio organizzato dal Movimento, il cui candidato ha probabilmente preferito tessere una campagna elettorale sottotraccia. Ma pure per i grillini è venuto il momento per un piccolo bagno di folla, con alcune centinaia di militanti osannanti attorno al piccolo palco, sul quale Nicola Morra faceva da padrone di casa.
I temi classici del Movimento, l’onestà e il bene comune, sono la traccia sulla quale si sviluppano gli interventi. Quello di Morra, che anticipa tutti e attacca la stampa locale, accusandola di essere stata spesso asservita al potere, fin qui rappresentato da Occhiuto, al quale non risparmia un colpo durissimo, quando gli ricorda il reato per il quale fu arrestato e che poi andò prescritto, mentre lui dice di essere stato assolto mentendo. Poi le critiche si rivolgono ai Gentile e ai Morrone che si declinano al plurale «perché sono dei clan, delle famiglie di potere», ai transfughi come Giacomo Mancini, «che passa dalla sinistra alla destra, per approdare a Verdini», a Paolini, «prima con Sel e oggi con Gentile» e al portaborse miracolato dal concorsone, cioè Guccione. Morra risparmia solo Formisani, forse perché lo considera (sbagliando) più simile a loro, o forse perché se lo è dimenticato.
Coscarelli invece esordisce spiegando di «essere uno di voi», e di avere attorno a sé candidati che hanno superato le “graticole”, vale a dire le dure selezioni eseguite dalla base del Movimento, cosa che per la verità non si può dire dello stesso candidato sindaco, imposto invece d’autorità da Morra. Pochi cenni sul programma, «costruito nel corso di incontri avvenuti con i cittadini» e la promessa di svelare i modi di realizzarlo solo nel corso dell’ultimo giorno di campagna elettorale, «perché gli altri ci hanno già rubato delle idee».
È Di Battista il vero mattatore, al punto di prendersi la briga di sistemare meglio la gente sotto il palco, a suo parere troppo accalcata su un lato. Con esercitata disinvoltura interrompe il suo intervento per interloquire con una signora affacciata al primo piano, per poi riprendere il flusso del discorso, pregno dei contentini propriamente grillini, quali la diversità dagli altri politici, la restituzione del denaro pubblico, l’onestà e l’impegno ei due mandati, dopo i quali tornare a casa. Nel suo intervento mette tutto, passando disinvoltamente dalla mafia a trivellopoli, da Renzi a Carminati, per poi arrivare finalmente alle elezioni cosentine. Freudianamente svela di essere consapevole delle forze in campo, quando dice ai cittadini che «dobbiamo mandare al Comune qualcuno che controlli quello che faranno», ritagliando quindi per i candidati del Movimento un ruolo di opposizione. Un dettaglio cui la folla osannante nella piazza non fa nemmeno caso, troppo presa nell’applaudire con convinzione.

Michele Giacomantonio
redazione@corrierecal.it

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