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Impresentabili, la mappa delle anomalie in Calabria

LAMEZIA TERME «Il rischio è che in alcuni Comuni le cosche governino grazie a un reticolo di parentele e affinità». Le dichiarazioni di Claudio Fava, vicepresidente della Commissione antimafia, non…

Pubblicato il: 31/05/2016 – 16:02
Impresentabili, la mappa delle anomalie in Calabria

LAMEZIA TERME «Il rischio è che in alcuni Comuni le cosche governino grazie a un reticolo di parentele e affinità». Le dichiarazioni di Claudio Fava, vicepresidente della Commissione antimafia, non virano certo verso l’ottimismo. Arrivano dopo lo screening di migliaia di candidature per le comunali del prossimo 5 giugno. Un’analisi che vede Platì come caso simbolico: «Nessun candidato viola il Codice di autoregolamentazione ma decine di candidati hanno comprovati rapporti di amicizia con le cosche che gestiscono il territorio e che rendono concreto il pericolo che questo comune continui a essere una democrazia sospesa». Non c’è soltanto Platì tra le situazioni prese in esame dalla Commissione. La Calabria è ricca di amministrazioni che torneranno al voto dopo essere state sciolte per ingerenze mafiose. Le schede recapitate all’Antimafia le analizzano una per una.



SCALEA Solo nel caso di Scalea salta fuori un’incandidabilità. È quella di Carmelo Bagnato, condannato a due anni per il reato di bancarotta fraudolenta. Non ci sono casi di ineleggibilità ai sensi della legge Severino né condizioni ostative in base al codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione antimafia nella seduta del 23 settembre 2014. Per restare in scia alle parole di Claudio Fava, invece, «risultano rapporti di parentela e/o affinità o frequentazione di alcuni candidati delle varie liste con persone destinatarie di ordinanza di custodia cautelare o imputate o, in qualche caso condannate con sentenza di primo grado, nel procedimento Plinius per reati di criminalità organizzata in relazione alla ‘ndrina Valente-Stummo». È lo stesso procedimento che ha provocato lo scioglimento del vecchio consiglio comunale, quello per cui il Tribunale di Paola ha condannato l’ex sindaco Basile a 15 anni di reclusione in primo grado.

SAN SOSTENE Anche San Sostene arriva al voto dopo un accesso antimafia. L’operazione “Hybris” ha messo in rilievo i legami tra politica e criminalità ma lo scioglimento del consiglio comunale non è arrivato nonostante la richiesta del prefetto. Il sindaco uscente, Patrizia Linda Cecaro, non è in lizza ma si (ri)presenta agli elettori suo marito Luigi Aloisio, già primo cittadino per due consiliare, con la lista “Insieme per San Sostene”. Nell’altra lista civica, “Legalità e libertà”, con candidato sindaco Domenico Fera, i commissari segnalano l’anomalia di Alessandro Codispoti, condannato in Appello a 4 anni di reclusione e 30mila euro di multa per detenzione di stupefacenti al fine di cessione a terzi, con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. La condizione di questo candidato potrebbe rientrare, in caso di elezione, nell’ipotesi di sospensione e decadenza di diritto prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera a) della legge Severino.



JOPPOLO A Joppolo, secondo quanto si legge nella relazione, il contesto territoriale «soffre della citata presenza di soggetti riconducibili all’associazione Mancuso di Limbadi. Inoltre si sono anche registrati, secondo le indagini prefettizie, numerosi rapporti (intesi come parentele, frequentazioni, incontri o meri contatti) tra gli appartenenti all’amministrazione comunale e soggetti, direttamente o indirettamente, riconducibili alla cosca, alcuni dei quali tratti in arresto nella citata operazione “Black Money” del 2013». Ad esempio, nella lista dell’ex sindaco Giuseppe Dato era presente un candidato al consiglio comunale «cugino di un soggetto poi arrestato per il delitto di partecipazione all’associazione mafiosa nell’operazione “Black money”, a sua volta genero di uno dei Mancuso colpito dalla medesima ordinanza e per il medesimo delitto». Problemi di contesto, soprattutto. Per quanto riguarda il sindaco uscente, invece, «non risulta sia stata ancora esercitata l’azione penale» nel procedimento che lo riguarda (“Pharmabluff”, ndr)». Nella sua lista, però, «è presente un soggetto che, pur candidabile, ha riportato sette condanne definitive per reati comuni tra il 1993 e il 2002. Tale candidato, già dichiarato fallito, ha riportato ben quattro condanne per furto aggravato (ma per pene di pochi giorni o di pochi mesi di reclusione)».



BADOLATO Badolato, tra il 2008 e il 2013 «è risultato gravemente infiltrato dalla criminalità organizzata». Il controllo della cosca Gallace-Gallelli – capace di espandersi anche nel Lazio e in Lombardia – si è esteso anche alla politica. Gli investigatori della Dda di Catanzaro hanno puntato i riflettori sul presunto sostegno offerto dal clan all’ex sindaco Giuseppe Nicola Parretta: «Significative – recita la relazione – isultavano le affermazioni di Maurizio Gallelli, che durante la campagna elettorale aveva sostenuto che pur di determinare l’elezione del Parretta a sindaco si era deciso di fare “guerra comune” in modo tale da amministrare l’ente “tutti insieme”». Anche per questo – e per i documenti analizzati dalla Commissione d’accesso antimafia – Badolato figura tra i comuni messi sotto la lente di Rosy Bindi e degli altri commissari. Dallo screening, però, non risultano casi di incandidabilità. Solo una nota, che riguarda il candidato sindaco Gerardo Mannello: «Agli atti acquisiti da questa Commissione risulta peraltro che Mannello è stato responsabile dell’area amministrativa del comune di Badolato (fino al 30 giugno 2013) durante la consiliatura Parretta, sottoposta ad accesso e poi sciolta».

PLATÌ Nel profondo Aspromonte, a Platì, la sfida tra Rosario Sergi e Ilaria Mitiga (qui ne parliamo diffusamente) diventa un caso di scuola per il rischio di inquinamento dovuto non tanto a palesi incandidabilità a ma relazioni pericolose tra i candidati e gli uomini delle cosche. 



RICADI Sulla Costa degli Dei, a Ricadi, gli occhi della Commissione parlamentare antimafia cadono sul rischio del controllo esercitato dalla famiglia Mancuso, «che esercita in modo anche indiretto la propria egemonia avvalendosi di ‘ndrine satellite, sue dirette referenti (così la cosca La Rosa), attraverso le quali gestisce gli affari legati anche alle estorsioni e al traffico di sostanze stupefacenti». L’epicentro giudiziario del terremoto politico è l’inchiesta “Black Money”, con i legami sospetti tra il sindaco Giuseppe Giuliano e i “padroni” del Vibonese. La richiesta di scioglimento del Comune è accompagnata da segnalazioni sull’assunzione di professionisti esterni legati al contesto criminale, sul rilascio di concessioni edilizie a personaggi vicini alla cosca egemone, sui «ripetuti abusi e favoritismi» come l’erogazione di contributi a un’associazione della quale fanno parte soggetti vicini agli amministratori. Nonostante tutto, però, la conclusione è un “nulla da segnalare” sul piano della forma. Anche se, nella sostanza, «risultano, con riferimento ad alcuni candidati, frequentazioni con soggetti gravati da precedenti penali e di polizia, nonché più specificatamente con personaggi riconducibili alla storica famiglia di ‘ndrangheta dei Mancuso».

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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