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Tesa riunione su Platì in Commissione antimafia

ROMA Nessun altro sindaco d’Italia, il giorno prima del suo insediamento ufficiale, è stato convocato dalla Commissione parlamentare antimafia. È toccato a Rosario Sergi. Perché Platì, il Comune ch…

Pubblicato il: 22/06/2016 – 16:17
Tesa riunione su Platì in Commissione antimafia

ROMA Nessun altro sindaco d’Italia, il giorno prima del suo insediamento ufficiale, è stato convocato dalla Commissione parlamentare antimafia. È toccato a Rosario Sergi. Perché Platì, il Comune che si avvia ad amministrare, è diventato un caso nazionale. E il suo faccia a faccia con la presidente della Commissione Rosy Bindi è stato, a tratti, acceso. Non si può trattare Platì come un comune normale. Non ancora.
«Il messaggio che lei può portare domani è questo – ha spiegato Bindi –: la Commissione Antimafia sarà al mio fianco ma il primo compito che ho a Platì è di combattere la ‘ndrangheta primo nemico di questa comunità: se lei fa questa affermazione avrà il nostro aiuto».
Da Sergi, nel corso dell’audizione, non sono arrivate parole di denuncia dell’aggressione mafiosa del territorio. Almeno all’esordio, ha descritto l’ultima tornata elettorale come «un bel ritorno della democrazia: da 14 anni non c’era un’affluenza così forte di cittadini alle urne». Non nega la particolarità del centro aspromontano, chiede all’Antimafia «delle linee guida. Spero di uscire da qui rafforzato, ci siamo messi in gioco per il bene dei cittadini, per dare la svolta necessaria». Sergi, che ha smentito alcun percorso politico con l’ex sindaco Mittiga – alle ultime elezioni comunali si è candidata a sindaco la figlia di Mittiga, Ilaria –, ha chiarito di aver chiesto all’ex commissario prefettizio di Platì, Luca Rotondi, di poter riconfermare tutto lo staff che questi aveva scelto per le aree tecniche, amministrative e finanziarie del Comune.
A Rosy Bindi serve di più: «Se non ammettete che c’è la ‘ndrangheta, come fate a combatterla? Ci saremmo sentiti più tranquilli se la sua candidatura non fosse stata sottoscritta da alcuni personaggi». «Lo Stato deve accompagnare Platì – ha poi detto Bindi – la prefettura le deve dare tutto il sostegno ma lei deve aiutare la sua comunità a non accusare lo Stato e assolvere così la mafia. Lo Stato va sollecitato, la Calabria ha gli stessi diritti del Trentino, i cittadini di Platì sono come tutti gli altri, ma se c’è questa situazione a Platì è in parte responsabilità di una politica che non ha mai posto al centro la questione meridionale e l’unità vera del Paese ma l’altra causa, che va rimossa, è che la ‘ndrangheta lavora per tenere quella terra in un ricatto. Per questo per fare il sindaco di Plati bisogna combattere la ndrangheta». Bindi ha invitato Sergi a smettere di «giocare sull’ambiguità, come avete fatto in occasione della manifestazione contro il sottosegretario Minniti per assolvere la presenza della ‘ndrangheta nella vostra comunità». 
«La patologia – ha aggiunto Bindi al neosindaco, che aveva criticato il ricorso al commissariamento come soluzione di ogni male – non è lo scioglimento, anche noi lo riteniamo un atto grave, ma la patologia sono le cause che portano allo scioglimento di un comune. E se non si rimuovono le cause, poi non si può parlare male dello Stato e del commissariamento. In questa sindacatura se lei vuole rimuovere le cause che tengono Platì sotto scacco deve combattere la ‘ndrangheta e poter usufruire di personale comunale competente e affidabile».

«LA ‘NDRANGHETA C’È MA IO CALPESTATO» «La ‘ndrangheta a Plati’ c’è come in molte altre parti d’Italia. La mia figura, comunque, è stata un po’ calpestata». Rosario Sergi ha risposto così alle sollecitazioni nette di Rosy Bindi. «La mia è stata una vittoria del popolo – ha detto Sergi – da 20 anni a Platì non votavano 2500 persone, o vuol dire che sono tutti criminali?. Non è un mio problema se la mia lista è stata sottoscritta da alcuni personaggi, le firme non le ho autenticate io. Sarà mia cura sviscerare l’attività di queste persone». Ai deputati Francesco D’Uva (M5S) e Celeste Costantino (Sel) che gli chiedevano lumi a proposito della condizione delle donne nella cittadina, il neosindaco ha risposto che «da 5 anni le donne organizzano Miss Platì, vi partecipano ragazze del luogo, come tante attività sociali vengono promosse dalle donne. A Platì non siamo come i musulmani, tante attività coinvolgono le donne sul territorio, innanzitutto mia moglie».

«NESSUN PAGA L’ACQUA» E, a proposito di patologia, un’altra audizione aiuta a comprendere a fondo l’anomalia di Platì. È quella di Anna Palombi, prefetto e già commissario straordinario del Comune: «Il Comune di Platì non raggiunge i 4 mila abitanti e sembra un “comunello” ma quando si va a gestire i problemi sono molti». Palombi ha parlato di «ente abbandonato in tanti settori» e di un’opera «difficile da affrontare. Abbiamo deciso di riprendere i settori piu’ importanti – ha riferito – e il dispiacere è non essere riusciti a fare alcune cose che sarebbe stato importante fare». «Ho trovato i lavori pubblici in una condizione di abbandono totale – ha detto – la gestione amministrativa complessiva era in stato di abbandono. In un’area del comune mancava il depuratore, nonostante un finanziamento di 800mila euro. Non si era mai provveduto a riscuotere il tributo dell’acqua, nessuno pagava. Alcuni, si erano poi allacciati abusivamente alle condutture e li abbiamo denunciati». «È stato difficile portare avanti una serie di opere – ha concluso – perché molte ditte avevano interdittive antimafia e c’erano personaggi che rallentavano volutamente l’iter dei lavori».

I BENI CONFISCATI FANNO PAURA Altro tasto dolente: la gestione dei beni confiscati. «Avevano redatto il nuovo regolamento per l’affidamento dei beni confiscati – ha detto Palombi – si era presentata una associazione che si occupava di protezione civile ma poi si è rifiutata di usufruire, in comodato d’uso e per 99 anni, di questo palazzo confiscato. Il provvedimento d’assegnazione era stato predisposto dall’Agenzia per i beni confiscati e custode era stato nominato il comune ma e’ andata così». Il prefetto ha parlato di «impossibilità di colloquiare con i cittadini, i quali perseguono un fine diverso dal rispetto delle norme, chiedono alcune cose ma hanno altri interessi». Palombi ha detto anche di aver avuto «occasioni per pensare che ci potessero essere infiltrazioni nel comune ma se ne avessi avuto la certezza, avrei segnalato la cosa alla Procura della Repubblica». «Negli anni 70 Platì e San Luca erano le basi per i sequestri di persona – ha concluso Palombi – e i proventi sono stati usati per riconvertirsi nell’ambito del traffico di droga e di armi».

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