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Omicidio di Cocò, davanti al gup i presunti responsabili



CATANZARO Si svolgerà il prossimo 20 luglio, a Catanzaro, l’udienza preliminare per Cosimo Donato, 38 anni, detto “topo”, e Faustino Campilongo, di 39, detto “panzetta”. I due sono accusati dell’om…

Pubblicato il: 12/07/2016 – 9:57
Omicidio di Cocò, davanti al gup i presunti responsabili



CATANZARO Si svolgerà il prossimo 20 luglio, a Catanzaro, l’udienza preliminare per Cosimo Donato, 38 anni, detto “topo”, e Faustino Campilongo, di 39, detto “panzetta”. I due sono accusati dell’omicidio del piccolo Cocò Campolongo, il bambino di soli tre anni ucciso e bruciato in auto il 16 gennaio 2014, a Cassano allo Jonio, assieme al nonno Giuseppe Iannicelli (52) e alla compagna marocchina di questi Ibtissam Touss (27).
In particolare, secondo l’accusa contestata dalla Dda di Catanzaro, i due avrebbero attirato in una trappola Giuseppe Ianniccelli, per conto del quale spacciavano droga, perché divenuto un personaggio scomodo per la cosca di ‘ndrangheta degli Abbruzzese e anche per aumentare il proprio potere criminale. Cocò, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, era stato ucciso perché il nonno lo portava sempre con sé, come uno “scudo umano”, per dissuadere malintenzionati dal colpirlo.
Dopo il triplice omicidio, gli assassini bruciarono l’auto di Iannicelli con all’interno i tre corpi. I difensori di Donato e Campilongo, gli avvocati Vittorio Franco, Ettore Zagarese e Mauro Cordasco, avevano contestato alcune testimonianze raccolte durante le indagini dai carabinieri definendole «non credibili e tardive». Tesi contrastata dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto – tra i magistrati che hanno coordinato le indagini – che ha ribadito l’autenticita’ delle testimonianze definendo “granitico” l’impianto accusatorio. A Donato e Campilongo venne notificata l’ordinanza per l’omicidio di Cocò il 12 ottobre 2015, ma i due erano già detenuti dal dicembre 2014 per una tentata estorsione, al momento ancora detenuti.

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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