Stop violenza, sfila (anche) il disincanto
REGGIO CALABRIA Massime cariche istituzionali schierate, scolaresche arrivate dalla città, dalla provincia e perfino da Catanzaro, parole durissime contro la violenza sulle donne, e tanto disincanto…

REGGIO CALABRIA Massime cariche istituzionali schierate, scolaresche arrivate dalla città, dalla provincia e perfino da Catanzaro, parole durissime contro la violenza sulle donne, e tanto disincanto. I ragazzi sfilano, disordinati, sorridenti, guardano con ammirazione e forse un po’ di invidia quelli chiamati sul palco a cantare o parlare di fronte a ministri e alte cariche istituzionali. Si concentrano tutti a piazza Indipendenza, dietro striscioni che portano il nome delle scuole, in una mattinata di tardo ottobre che profuma d’estate. In mano qualche palloncino rosso, fornito dalla Cgil, pochi cartelli, nessun megafono, nessun volantino. Quando è ora, si mettono in marcia sul lungomare inondato di sole.
LA SFILATA DEL DISINCANTO Ma fra loro c’è tanto disincanto. E sono in tanti a pensare che domani torneranno tra i banchi di classi troppo affollate perché per i professori siano più di un numero in elenco, a schizzare fra ore di lezioni e di progetti, fin troppo sature perché esista un dialogo vero. «Dicono tutti cose vere, giuste», dicono due studentesse del Vallauri, «ma domani non sarà cambiato niente». Sfilano e sperano che a loro non tocchi mai, le studentesse di Bova Marina, timide e ritrose di fronte alle domande, ma che infine ammettono: «Sì, anche una ragazza che conosciamo ha avuto problemi di violenza, ma non ha voluto parlarne con nessuno». E voi? «Noi no, per fortuna. Ma ci dovrebbe essere più dialogo, a scuola, a casa. È importante. Questa manifestazione magari può dare coraggio a chi non ne ha, ma non si può fermare qui». Altre ragazze no, sono convinte. Marciano fiere, orgogliose di una battaglia che sentono propria: «Finalmente si comincia a parlare, a dimostrare concretamente che qualcosa si vuole fare. Ma dobbiamo essere noi per prime a non farci mettere i piedi in testa». «Ogni giorno se ne sente una, donne uccise, sfregiate, maltrattate. È ora di dire basta e tocca a noi», affermano.
NOI ASSISTENTI SOCIALI CHE NON ESISTIAMO Vicino a loro, camminano sorreggendo uno striscione che è quasi una dichiarazione di esistenza e resistenza, gli assistenti sociali calabresi. «Abbiamo bisogno di servizi, abbiamo bisogno di strumenti per poter fare il nostro lavoro, abbiamo bisogno di essere di più perché con una presenza capillare possiamo far emergere subito le situazioni di disagio. Ma per molte amministrazioni siamo solo un costo, in pochi ci considerano un servizio essenziale».
IL MESSAGGIO DI ANGELA Per un po’ a seguire il corteo c’è anche Angela Battaglia, venticinquenne di Bianco, sopravvissuta a stento alle 17 coltellate che le ha inflitto il suo ex, dopo essere stato lasciato. Assistita da quel che resta della Commissione pari opportunità della provincia, Angela sta seguendo un percorso psicologico e terapeutico per far rimarginare le ferite e ha intrapreso una battaglia legale per veder punito il suo carnefice. In tribunale, accanto a lei ci sono il Comune di Bianco e la Provincia. La Regione invece no. Non si è mai costituita parte civile. «Le ragazze devono essere forti e devono stare attente sempre», dice con la poca voce che le rimane dopo che una coltellata le ha reciso le corde vocali. «Se hanno problemi devono parlarne subito, almeno in famiglia», dice guardando passare il corteo.
PRESENTI Sfilano il ministro Boschi, le presidenti Boldrini e Bindi, un paio di deputati e senatori, il governatore Mario Oliverio insieme ad alcuni dei suoi consiglieri e assessori, molto Consiglio comunale, qualche ex della Provincia, molti sindaci dei Comuni limitrofi, tanto sottobosco istituzionale di vario livello. Sfilano i rappresentanti della magistratura, i vertici delle forze dell’ordine, i sindacati, le associazioni, i responsabili dei centri antiviolenza. La città no. Qualcuno interrompe la passeggiata mattutina per fermarsi a guardare, qualcun altro chiede, si informa e segue il corteo per un po’. Ma la partecipazione spontanea è scarsa.
E LE SCUOLE DI REGGIO? Lo dice a mezza bocca la preside di una scuola della Piana di Gioia Tauro, che – quasi indispettita – quando Falcomatà afferma che «la città è unita» esplode: «Qui di Reggio non c’è nessuno, al massimo due scuole, è venuta più gente da Catanzaro che da qui. Ci siamo noi della Piana, quelli della jonica e Catanzaro. Basta». E non ci sono – ma per scelta – le femministe che a Reggio Calabria hanno sempre fatto lavoro di base, perché – scrivono in un comunicato – «rifiutiamo la logica dell’evento calato dall’alto, che non tiene conto dei bisogni di un territorio e delle realtà che vi operano e dell’ennesima inutile «sfilata» sulla pelle di una ragazzina violata in primis e anche sulla nostra».
LABORATORIO DI DIRITTI Chi c’è, vuole però leggerci speranza. «Questa manifestazione è un segnale importantissimo – dice il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho – perché è una manifestazione di consapevolezza di diritti. Formarsi ed educarsi nella legalità e nell’insieme di valori che la nostra Costituzione riconosce ed avere un momento pubblico, cui partecipano i ragazzi che sono la forza e la speranza per la nostra società, è creare una barriera contro tutte le violenze. Quello che è importantissimo è far capire ai ragazzi che noi istituzioni siamo con loro, siamo tutti uniti». Un messaggio che tutte le autorità presenti hanno ripetuto fino allo sfinimento. «Lo Stato c’è, lo Stato vuole essere presente a Reggio Calabria». Bindi e Boschi ci hanno tenuto a sottolineare che torneranno a Reggio per continuare a monitorare la situazione. E in tanti sospirano «speriamo», in tanti dicono «vediamo».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it