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Mafia e corruzione, Gratteri: il Parlamento ignora la nostra legge

ROMA «L’articolato di legge che abbiamo elaborato per aggredire maggiormente corruzione e mafie è nei cassetti del Parlamento, ma al momento nessuna forza politica lo ha preso in considerazione». L…

Pubblicato il: 05/11/2016 – 9:12
Mafia e corruzione, Gratteri: il Parlamento ignora la nostra legge

ROMA «L’articolato di legge che abbiamo elaborato per aggredire maggiormente corruzione e mafie è nei cassetti del Parlamento, ma al momento nessuna forza politica lo ha preso in considerazione». Lo afferma in un’intervista al Fatto Quotidiano il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.
«La corruzione accompagna, percorre tutta l’azione della ‘ndrangheta, tutta l’azione delle mafie. Non esiste mafia senza corruzione. Le mafie non sparano. Se uccidono lo fanno solo quando è strettamente necessario», spiega. «Per le cosche è facile e normale corrompere un amministratore. Con l’abbassamento della morale e dell’etica è come affondare il coltello in un pezzo di burro». Per questo Gratteri sottolinea l’urgenza di «modifiche normative».
«Noi dobbiamo preoccuparci anche dei reati comuni e informatizzare il processo penale. I tribunali sono intasati di processi ordinari, destinati alla prescrizione. Per evitarlo basta modificare il codice di procedura penale».
«Abbiamo preparato un articolato di legge modificando circa 850 articoli tra codice penale, di procedura penale, ordinamento penitenziario e legislazione antimafia. Alcune cose sono passate alla Camera e sono ferme al Senato. Ma non ci sono maggioranze forti per far passare certe cose in Parlamento».
L’articolato «è lì, a disposizione di tutti e conosciuto da tutti. Anche l’ultimo dei parlamentari e dei partiti può farlo proprio e presentarlo in Parlamento per vedere l’effetto che fa».
«Credo che in alcune aree, anche se a macchia di leopardo, i padrini sono i mafiosi, i padroni sono i figli dei mafiosi che incensurati, laureati e professionisti, gestiscono la cosa pubblica come fossa cosa propria. Sono diventati classe dirigente». «Le indagini degli ultimi anni ci dimostrano questo. Mentre prima erano i mafiosi ad andare dal politico con il cappello in mano, oggi sono i politici che nelle 48 ore prima delle elezioni, vanno a casa dei capimafia a chiedere voti per la paura di non farcela».

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