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Maxi sequestro da 25 milioni nel Catanzarese

CATANZARO Beni per un valore di oltre 25 milioni di euro sono stati sequestrati dal Nucleo di polizia tributaria – Gico della guardia di finanza di Catanzaro, in esecuzione di un provvedimento emesso…

Pubblicato il: 15/11/2016 – 8:46
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Maxi sequestro da 25 milioni nel Catanzarese

CATANZARO Beni per un valore di oltre 25 milioni di euro sono stati sequestrati dal Nucleo di polizia tributaria – Gico della guardia di finanza di Catanzaro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal tribunale su richiesta della Dda catanzarese. Destinatario del provvedimento di sequestro è Antonio Saraco di Badolato, imputato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, già arrestato nell’estate del 2013 nell’ambito dell’operazione denominata “Free boat – Itaca” che ha visto coinvolte venticinque persone, ritenute affiliate o fiancheggiatrici della cosca Gallace-Gallelli-Saraco di Guardavalle e Badolato. Nell’ambito dell’inchiesta erano emersi due episodi di estorsione compiuti da Saraco nei confronti di due imprenditori modenesi che gestiscono il porto di Badolato. Le indagini patrimoniali, coordinate dal procuratore distrettuale di Catanzaro, Nicola Gratteri, dall’aggiunto, Vincenzo Luberto, e dal sostituto, Vincenzo Capomolla, hanno consentito agli investigatori della Guardia di finanza di ricostruire l’ingente patrimonio riconducibile a Saraco, anche per il tramite di prestanome, la cui acquisizione e’ risultata sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati o all’attività economica svolta dallo stesso e dai suoi familiari. Tra i beni sequestrati ci sono un villaggio turistico a Badolato, una villa a Roma, diversi immobili, un campo sportivo e quote societarie.

beniu sequestro
Alcuni dei beni posti sotto sequestro

LE MANI DEL CLAN SUL PORTO DI BADOLATO È stata denominata Backlog (accumulare) l’operazione che ha portato al sequestro di beni per un valore di ole 25 milioni nei confronti dell’imprenditore di Badolato Antonio Saraco. «Un’indagine importante – ha detto nel corso della conferenza stampa il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri – avvenuta grazie al lavoro dei militari del Gico della guardia di Finanza che oggi, grazie alla sensibilità del comandante generale Giorgio Toschi, potrà avvalersi di un rinforzo nell’organico per Catanzaro di oltre 30 uomini».
Il provvedimento di sequestro – emesso dal tribunale su richiesta del procuratore Gratteri, dell’aggiunto Vincenzo Luberto e del sostituto Vincenzo Capomolla – prende le mosse da lontano, dalle vicende che hanno caratterizzato la nascita del porto di Badolato. «Sono vicende – ha sottolineato Luberto – che hanno determinato un processo importante e per la prima volta è stata riconosciuta la sussistenza di un 416 bis (associazione mafiosa, nda) in un territorio in cui non vi era ancora, in tal senso, un riconoscimento giurisdizionale». Il porto doveva essere costruito da una ditta di Modena che, tra le altre cose, avrebbe dovuto costruire la diga foranea, un’opera di sbarramento che ha il compito di smorzare il moto ondoso. «Gli appaltatori modenesi – ha spiegato Luberto – si sono trovati a costruire la diga foranea con i massi delle campagne del catanzarese. Alcuni massi erano appropriati per qualità e dimensioni, altri erano inadeguati». La mano della ‘ndrangheta che si allunga sulle opere pubbliche porta a lavori incongrui. Così come incongrua è risultata la diga che è stata spostata in avanti perché per la sua realizzazione occorreva adoperare più massi della norma. Si è quindi addivenuti a violare la concessione demaniale marittima. «La persona della quale vengono confiscati i beni è fra coloro i quali hanno aggredito questo imprenditore modenese da un punto di vista patrimoniale imponendo il pizzo e imponendo una gestione inadeguata del porto da parte di un altro imprenditore», ha detto il procuratore aggiunto.

AL SETACCIO 24 ANNI DI “AFFARI” Hanno spulciato le entrate e le uscite, i flussi finanziari e gli investimenti di Antonio Saraco dal 1989 al 2013. Un lavoro capillare su un vasto arco temporale quello condotto dai militari del Nucleo di polizia tributaria – Gico della Guardia di Finanza, coordinato dalla procura distrettuale di Catanzaro, il cui obbiettivo era verificare se fosse nelle disponibilità finanziare ed economiche di Saraco poter disporre dell’impero economico che la famiglia possedeva. Famiglia nella quale la moglie aveva un importante ruolo di prestanome. A lei, per esempio, era intestato il villaggio turistico “Aquilia resort” di Badolato. Sulla base delle indagini è stata calcolata una sproporzione di reddito di 25 milioni di euro. Su questa ricostruzione, le fiamme gialle hanno effettuato i sequestri nei confronti di Saraco, tra i quali, oltre al resort, una lussuosa villa e una società a Roma, 33 immobili, un campo sportivo e 18 terreni a Badolato, 4 immobili a Satriano, sei locali nella provincia di Catanzaro, due autovetture, due moto, quote di società con sede a Roma, Cosenza e Satriano, è diversi rapporti bancari e finanziari. Un sequestro, quello di martedì, che segue ad altre aggressioni patrimoniali nei confronti delle cosche soveratesi. “A ferragosto dello scorso anno – ha detto il colonnello Michele Di Nunno, comandante del Gico – sono stati sequestrati beni alla cosca Gallelli, e nell’ottobre successivo alla cosca Gallace”. Un cerchio che si chiude, una aggressione patrimoniale su tre fronti, quella che ha visto il recente provvedimento contro Antonio Saraco.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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