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«Nelle carceri di Reggio cresce il terrorismo islamico»

REGGIO CALABRIA Le carceri di Reggio Calabria come incubatrici del terrorismo islamico. È l’allarme lanciato dal Garante dei detenuti Agostino Siviglia nella relazione annuale 2015-2016 sulla situa…

Pubblicato il: 10/02/2017 – 15:36
«Nelle carceri di Reggio cresce il terrorismo islamico»

REGGIO CALABRIA Le carceri di Reggio Calabria come incubatrici del terrorismo islamico. È l’allarme lanciato dal Garante dei detenuti Agostino Siviglia nella relazione annuale 2015-2016 sulla situazione degli istituti “Arghillà” e “Panzera”. Siviglia segnala infatti «il progressivo incremento di detenuti stranieri, in gran parte scafisti di fede islamica, ovvero detenuti di etnia sinti, tossicodipendenti e detenuti sottoposti a terapia psichiatrica, ragion per cui una simile frammistione detentiva desta preoccupazione in termini di sicurezza, non senza sottacere il concreto rischio di fenomeni di radicalizzazione del terrorismo». «Su questo rischio attualissimo e concreto – continua –, insieme alla Garante di Brescia, siamo stati incaricati dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Direzione generale Detenuti e trattamento, alla somministrazione di un questionario anonimo, in particolare, ai detenuti di fede islamica, al fine di monitorare e segnalare possibili situazioni sospette».

SOVRAFFOLLAMENTO Entrambe le carceri, inoltre, continuano ad avere problemi di sovraffollamento, seppur in maniera più contenuta rispetto al recente passato. Ad Arghillà, al 30 settembre 2016, erano presenti 307 detenuti, di cui 81 stranieri, a fronte di una capienza regolamentare di 302. Nella stessa struttura non sono state tra l’altro risolte le carenza di personale di polizia penitenziaria e quelle relative all’area pedagogica. Non c’è infatti né un campo da calcio, né una cappella, né un teatro. «Questioni – sottolinea Siviglia – tutte reiteratamente segnalate da questo ufficio ai dirigenti apicali dell’amministrazione penitenziaria».
Esistono, però, anche aspetti positivi. Il Garante evidenzia l’importanza di una piccola falegnameria, nella quale vengono impiegati alcuni detenuti specializzati nella produzione di manufatti in legno. «Considerata la disponibilità in tal senso espressa dalla direzione dell’istituto penitenziario – osserva ancora Siviglia –, i detenuti potrebbero realizzare beni strumentali da destinare alla fruizione dell’intera comunità esterna».

SAN PIETRO Lo storico carcere di San Pietro, oggi intitolato all’appuntato dell’allora corpo degli agenti di custodia, Giuseppe Panzera, presenta una situazione migliore rispetto ad Arghillà. Anche in questo istituto, tuttavia, esiste il problema sovraffollamento: lo scorso settembre i detenuti presenti erano 222 (tra cui 12 stranieri e 28 donne), malgrado la capienza regolamentare sia di 186. Gli aspetti positivi riguardano invece le modifiche strutturali «che hanno consentito l’adeguamento ai dettami normativi, tanto della sezione alta sicurezza, quanto della media sicurezza che della sezione femminile». Siviglia menziona anche «l’ampliamento della sala avvocati, della sala magistrati e la creazione di una terza sala destinata ai colloqui dei detenuti con i propri familiari. Sono peraltro state ristrutturate le aule scolastiche, la biblioteca e la cucina detenuti e sono da sempre presenti una cappella, uno spazio teatro e un campo da calcio in corso di ulteriore rinnovamento».
Il Garante riporta un’altra criticità: la “Bottega di Michelangelo” – un grande laboratorio per la lavorazione dei marmi, inaugurato nel 2007 alla presenza dell’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella – non è mai entrata in funzione. «Al momento – rivela Siviglia – è adibita a deposito».

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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