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«Le rapine a Cosenza? C'è bisogno di telecamere»

COSENZA «C’è la necessità di una prevenzione più forte sul territorio. Anche se già abbiamo avuto uno sforzo immane delle forze dell’ordine». Il procuratore aggiunto di Cosenza, Marisa Manzini…

Pubblicato il: 21/02/2017 – 7:03
«Le rapine a Cosenza? C'è bisogno di telecamere»

COSENZA «C’è la necessità di una prevenzione più forte sul territorio. Anche se già abbiamo avuto uno sforzo immane delle forze dell’ordine». Il procuratore aggiunto di Cosenza, Marisa Manzini, analizza con lucidità la preoccupante escalation della microcriminalità che sta colpendo la città dei Bruzi. Nel giro di pochi giorni si sono verificati furti nelle abitazioni e rapine ad attività commerciali, come farmacie e tabacchi avvenuti persino in pieno giorno. In diversi casi, in pochissimo tempo, polizia e carabinieri sono riusciti a individuare i responsabili delle rapine, che a volte sono persone molto giovani. Su questo fenomeno la Procura di Cosenza guidata dal procuratore capo Mario Spagnuolo sta prestando moltissima attenzione. 

IL PROCURATORE MANZINI: SEGNO DI DISAGIO SOCIALE «Quest’anno – ha detto il procuratore aggiunto Manzini – abbiamo registrato un notevole aumento di furti e rapine. Per questo motivo abbiamo cercato di aumentare la presenza delle forze dell’ordine sul territorio. È emerso un evidente disagio sociale causato dalla mancanza di lavoro. Tra i responsabili di furti e rapine, già individuati, sono giovani leve spesso legate a uso di sostanze stupefacenti. E loro diventano sostegno della microcriminalità». Ma per il procuratore Manzini l’aumento di furti e rapine non può e non deve essere collegato a una mancanza di controllo della ‘ndrangheta dal momento che molto dei presunti boss sono ormai in carcere. «Affermare una cosa del genere – ha spiegato il procuratore Manzini – sarebbe affermare la disfatta dello Stato e non è assolutamente così. Sostenere che aumenta la microcriminalità perché manca il mafioso è qualcosa di terribile soprattutto per l’autorità giudiziaria. Io non leggerei assolutamente così quello che sta succedendo. Si nota però un aumento della droga sul territorio di Cosenza come è emerso in recenti operazioni. Su questo territorio circola molta droga che viene fornita dalla macrocriminalità. Le persone arrestate hanno problemi di droga». Il procuratore aggiunto sa quale è il problema di Cosenza: «Qui il vero problema è la mancanza di un sistema di videosorveglianza che potrebbe essere molto utile nell’attività di prevenzione, anche perché furti e rapine si stanno verificando in pieno giorno e questo diventa molto pericoloso per l’incolumità pubblica». 

ASSOCIAZIONE ANTIRACKET: C’È VACATIO DEI CLAN La pensa diversamente il presidente dell’associazione antiracket “Lucio Ferrami” di Cosenza Alessio Cassano. «A mio modesto avviso – ha spiegato Cassano – il fatto che in questo momento non ci siano una o più figure di riferimento nelle cosche cosentine lascia ampio margine di iniziativa a tutti i cani sciolti che circolano ancora per le nostre strade e che in qualche modo devono sbarcare il lunario. Niente di più semplice in un momento storico poco felice per le ‘ndrine cosentine. Effettivamente non è bello il clima che si respira in città. Per i commercianti ma anche per i cittadini comuni direi. A nessuno piace l’idea di essere un possibile bersaglio dei malviventi. E pensare che basterebbe poco per arginare il problema». L’analisi di Cassano va oltre: «A margine delle tante vicende dei giorni scorsi, leggendo tra i molteplici articoli di cronaca, c’era una nota comune tra tutti: l’appello da parte delle forze dell’ordine, rivolto a tutti i cittadini, alla collaborazione. Negli ultimi 2-3 anni le forze di polizia hanno fatto un lavoro eccezionale. Grazie a loro, appunto, le cosche sono state smantellate: molti imprenditori e commercianti che erano stretti nella morsa del racket sono tornati a respirare ed essere liberi. Ma questo lavoro encomiabile non basta evidentemente. C’è bisogno del risveglio delle coscienze e di un atto di coraggio da parte di tutta la società civile. A questo proposito allora mi sento di dover fare eco all’appello lanciato dai tutori della legge. Un appello alla collaborazione, nel senso più ampio del termine. Faccio un esempio per rendere meglio l’idea: qualche sera fa mi trovavo a entrare in una rivendita di tabbacchi di un mio amico. Era l’ora di chiusura e lui era solo e si apprestava a mettere a posto le ultime cose prima di chiudere. A quel punto non me la sono sentita di andare via e lasciarlo da solo in quello che pare essere uno dei momenti preferiti dai malviventi per entrare in azione. Allora ho pensato di temporeggiare con lui qualche minuto, giusto il tempo di scambiare quattro chiacchiere, allo scopo di fungere da deterrente nei confronti di un eventuale malintenzionato. Ecco questa potrebbe essere una forma di collaborazione, nel senso più ampio del termine».
Secondo Cassano, l’aumento di furti e rapine non potrebbe essere legato a una possibile richiesta di pizzo perché – ribadisce – «essendoci una vacatio nelle gerarchie dei clan, pare proprio che siano saltati tutti gli schemi e gli equilibri all’interno della vita sociale malavitosa, se così la si può definire. Nessun – ha concluso Cassano – imprenditore si è rivolto all’associazione perché preoccupato da questa escalation criminale: ma se qualcuno volesse rivolgersi a noi saremmo ben lieti di aiutarlo».

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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