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Fetore d'elezioni

Non lo imparerà mai, la politica, ad essere onesta, leale, pulita. Come la vorrebbe la gente che sta morendo di fame, di stenti, di ansia. Oggi più che mai. Nelle case con poca luce e la dispensa m…

Pubblicato il: 04/03/2017 – 9:33
Fetore d'elezioni

Non lo imparerà mai, la politica, ad essere onesta, leale, pulita. Come la vorrebbe la gente che sta morendo di fame, di stenti, di ansia. Oggi più che mai. Nelle case con poca luce e la dispensa mortificata, c’è chi spera nella ripresa economica; chi si augura che un passo indietro di chi governa possa farci rivedere migliori orizzonti; chi aspetta il miracolo della buona sanità e dei farmaci a prezzi meno elevati; chi non vuole partire per potersi disegnare l’avvenire. Nelle case coi muri umidi e le finestre scrostate, c’è chi spera che la pensione possa, finalmente, bastare per comprare anche tre bistecchine al mese; chi teme di morire senza la soddisfazione di un funerale dignitoso; chi è già morto dentro e non guarda più in fondo al viale.
E, poi, ci sono i candidati. Per tutte le prossime orrende “tornateelettorali”. Dalle amministrative alle politiche. Persino il conclave. Fatto salvo quel numero, (basso), probabilmente a una cifra, di sognatori e speranzosi – magari incazzati – il resto lo conosciamo da generazioni. Vecchi marpioni, nuovi marpioni. Lupi travestiti da agnelli, con gli orrendi manifesti già fotoshoppati, una schiera di giovanissimi leccaculo pronti ad invadere i social e il web, un reggimento di reggipalle senza spina dorsale che seminerà ingiurie e insulti su chiunque verrà considerato nemico da abbattere. Fosse anche carne della propria carne, sangue del proprio sangue.
Già è iniziato il primo giro di sordide telefonate e viscidi tentativi di riconciliazione di vecchie ruggini fra volponi, di richieste di incontri umidi di bava e fiele misto a miele, di proposte di saccheggi condivisi, di ricatti larvati e offerte sicure come un amo col verme. Già si palesano gli “amicicomuni”. Gli ambasciatori senza pene. E senza palle. Già si cominciano a conteggiare, sezione per sezione, i probabili voti di preferenza. Già si sognano sbottigliate di sciampagna e vassoiate di bignè. O, forse, “ffettazze di pan’i casa e ndujia” e bicchierate di plastica di “rosso di Calabbbria”.
E le telefonate a Roma, per prospettare e promettere “vagonate” di voti personali.
E le imboscate agli amici.
E le trombe della propaganda.
E non uno Miles Gloriosus, ma mille e mille…
Carne grassa per futuri magistrati d’assalto, nella terra della massomafiopolitica.
Si vota.

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