E mentre Reggio Calabria insegue gli anni settanta (neanche fossero i suoi migliori), dimenticando ben più nobili radici; Catanzaro sonnecchia sul colle come una lapide al vento; Vibo Valentia si nasconde al mondo e ai vibonesi e Crotone non perviene, immersa com’è nella ricerca di se stessa, Cosenza vola solitaria verso il terzo millennio! Mio malgrado, devo dare atto a Mario Occhiuto, sindaco giusto di una giunta sbagliata, di saper “annusare” l’aria del futuro e di riuscire ad accasarla fra le antiche strade della sua città. Non l’avrei votato. E, se fossi stato a capo di un partito politico, non l’avrei appoggiato. Non mi piace la quasi totalità della sua corte, dalla sfuggente e tronfia seconda poltrona fino allo strapuntino ecclesiastico. Lui, non l’ho mai incontrato, né, mai, ho anelato farlo. Garbato, il fratello parlamentare, è stato ospite di un qualche appuntamento nella televisione da me diretta. Un sorriso, un “Tu” di cortesia, un arrivederci convinto del contrario. Insomma, niente di che. Però (senza la necessità montanelliana di turarmi il naso) devo riconoscergli il merito di aver sposato una città da casa di riposo e di averla trasformata in una figa da una notte ai Caraibi. Semina arte ad ogni angolo, il primo cittadino della Sila col pallino dell’Urbanistica. E, vizio professionale?, ottimizza piazze e viali. Crea. E, se anche l’azione non fosse così altamente divina, almeno individua il meglio fra le proposte che rendano bella e vivibile la Città che governa. Ci son passato in questi giorni: l’ho quasi odiato per aver sepolto la magia e la bellezza di una Reggio che, fino a pochi anni fa, era considerata la città più bella della Calabria. Oggi, il mio “capoluogo di provincia” sfiora a malapena l’offesa (si fa per dire) di Città Metropolitana, mentre Cosenza sbandiera, giustamente spavalda, le belle piazze e le stimolanti passeggiate. I miei amici cosentini e i miei nipoti universitari (rigorosamente in Calabria!) mi parlano, mi raccontano, di una vita sociale cittadina in continuo fermento, in costante divenire. Mi dicono cose – belle – sulle proposte culturali, sugli stimoli artistici. Mi presentano un sindaco che parla con la gente e che, soprattutto, la ascolta sapendolo fare. E che fa! Capisco, dunque, quel suo personale risultato elettorale. Abbozzo. Ingoio. La sua giunta continua a non piacermi abbastanza. Ma, da calabrese, lo ringrazio. A prescindere da Alarico, nazisti e compagnia cantante.
Chapeau, sindaco Occhiuto!
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