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Congresso Pd, c'è un fronte trasversale anti Oliverio

RENDE Mancava la “garra” nella spenta campagna congressuale del Pd. E allora tocca ad Andrea Orlando provare a risvegliare l’orgoglio dem a dieci giorni dall’appuntamento con le primarie. È a Cosen…

Pubblicato il: 20/04/2017 – 14:52
Congresso Pd, c'è un fronte trasversale anti Oliverio

RENDE Mancava la “garra” nella spenta campagna congressuale del Pd. E allora tocca ad Andrea Orlando provare a risvegliare l’orgoglio dem a dieci giorni dall’appuntamento con le primarie. È a Cosenza, roccaforte di Mario Oliverio e una delle pochissime città italiane in cui il Guardasigilli è arrivato davanti a Matteo Renzi nel voto tra gli iscritti pd, che il candidato alla segreteria del partito serra i ranghi e raccoglie attorno a sé le forze di un gruppo trasversale: antirenziani e, forse soprattutto, antioliveriani. Non è un caso. Qui opera Carlo Guccione, principale esponente della sua corrente, il dem più critico nei cofronti del governatore. E qui sta prendendo forma un fronte interno che poco ha gradito le ultime sortite del presidente della Regione. Il ministro della Giustizia avrebbe concordato con i suoi fedelissimi: alla Regione si era partiti con intenzioni nobili, poi, però, hanno preso il sopravvento vecchie pratiche. Una bocciatura “privata” che fa il paio con le parole che Orlando avrebbe riservato ad alcuni cavalli di battaglia del renzismo, come la rottamazione, che avrebbe definito la più grande truffa di questi anni, una manovra gattopardesca. 
Ma torniamo allo schieramento composito che si è raggruppato attorno al ministro. Primo indizio: tra i big locali arrivati a salutare Orlando c’è Franco Iacucci, presidente della Provincia e renziano «non entusiasta», da mesi entrato in rotta di collisione con Oliverio dopo avere condiviso con lui tre decenni di successi (molti) e sconfitte. Secondo indizio: la presenza al briefing in un hotel di Rende – allietato da salumi, formaggi e vini calabresi – di Ennio e Luca Morrone. Gli esponenti di una delle famiglie politicamente più influenti nella città dei Bruzi potrebbero portare in dote voti preziosi in vista della conta finale, la sera del 30 aprile. È un’ipotesi, certo. Che però potrebbe trovare conferma ascoltando la battuta di Morrone junior, che sta per ufficializzare il passaggio ai bersaniani di Mdp: «L’area Orlando e quella dei fuoriusciti dal Pd sono molto legate. Non è utopistico pensare che gli ex militanti del Pd possano votare per il ministro alle primarie». 
Terzo indizio: l’insofferenza, crescente, che importanti esponenti del corpaccione renziano non fanno mistero di nutrire nei confronti dell’atteggiamento, ritenuto «troppo accentratore», del governatore. 
Il venticinque per cento dei voti è la soglia minima che gli orlandiani contano di conquistare. «L’importante – scandisce Guccione – è comunque andare a votare». Il “vecchio migliorista” (autodefinizione che Orlando offre di sé) la prende alla larga: «Se il Pd non compie una rivoluzione al proprio interno rischia di perdere le Politiche». E ancora: «Abbiamo rotto con segmenti della società e il risultato del referendum è lì a ricordarcelo». La ricetta per la ripartenza è condensata in due punti: «Investimenti per il Mezzogiorno e una nuova legge elettorale per evitare le larghe intese con la destra». Applaude Cesare Marini, ex parlamentare socialista deluso dalla «deriva renziana» del Pd. A stringere mani c’è anche Fabio Guerriero, ex boschiano poi convertitosi al credo del Guardasigilli: «I ricorsi contro di me avanzati da altri sedicenti dirigenti della mozione Orlando? È semplicemente roba che non esiste».
Orlando prova a toccare le corde dell’orgoglio di una platea che proviene dalla tradizione Pci. Invita tutti a una «mobilitazione straordinaria perché abbiamo giornali e tg contro», poi quasi con innocenza rivendica di «avere contro diciannove segretari regionali del Pd su venti. L’unica che mi sostiene è quella della Valle D’Aosta». 
Ci pensa Guccione a dargli coraggio, prendendolo sotto braccio e facendogli fare il giro di rito tra i commensali. Non avrà lo stesso significato della passeggiata con Giorgio Napolitano tra i corridoi del Senato («l’investitura», secondo i parlamentari che conoscono le antiche liturgie), ma in tempo di primarie l’apporto delle truppe del consigliere regionale è fondamentale. Per sopravvivere bisogna andare sopra l’asticella che recita 25%.

Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it

 

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